Epilogo

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Ryokku guardò con occhi persi il tramonto.

Era una bella giornata d'estate, seppure avesse piovuto per vari giorni. La terra profumava di bagnato, l'erba conservava ancora delle gocce non assorbite dai campi. Tirava un vento fresco e il Demone chiuse gli occhi, beandosi di quel soffio freddo proveniente dal nord. Il sole non sarebbe durato tanto, prevedeva già che quelle nubi provenienti dalla Manica e dalla Cornovaglia gettassero ancora piogge improvvise. Non che gli dispiacessero, il profumo che la pioggia portava con sé era qualcosa di unico, ma era ancora più meraviglioso vedere le sfumature che il sole irradiava in un ultimo spasmo vitale, un tripudio di rosso, giallo, arancio e arancione.

C'era un sottile momento in cui giorno e notte diventavano tutt'uno, quando i raggi ancora scaldavano la terra e le prime stelle illuminavano il cielo. Era quello il suo momento preferito. Non aveva più avuto l'occasione di provare o sentire quelle sensazioni per moltissimi anni, era stato come assopirsi per un lungo periodo e quando si risvegliò si ritrovò semplicemente su quella ripida collina, quasi sul culmine, accanto a due lapidi di pietra.

Era morta come aveva sognato, circondata da persone che la amavano, con i suoi figli, i suoi nipoti e i suoi amici, nella piccola casa che avevano costruito nel tempo. A volte il suo ricordo lo tormentava, gli anni erano trascorsi per tutti, l'avevano resa più grande, più saggia e più vecchia. Non lui. Il suo aspetto era lo stesso di oltre cinquant'anni prima, il viso senza imperfezioni, gli occhi neri da felino, le ali glabre e il pelo soffice che gli copriva gli arti.

Non aveva dimenticato il suo viso, quella graziosa palla di carne a forma di cuore che insistentemente lo guardava con affetto e presunzione. La foto sulla lapide la rendeva irriconoscibile: la sua pelle era piena di rughe, grinzosa, i capelli argentei e un'espressione stanca, tuttavia serena. Non era soddisfatto di come le cose erano andate, aveva ancora molto da dirle ed era certo che, ora che era libero e lontano dalla prigionia del Nido, Penny avrebbe voluto che vedesse il mondo che tanto ammirava e amava.

Alla fine però non si schiodava mai da quella tomba e se ne restava appollaiato come un uccello, in attesa di un qualcosa. L'Inghilterra lo affascinava, lo faceva tutta la natura oramai: conosceva quasi la totalità dei fiori che crescevano lì intorno grazie alle lezioni che tempo prima aveva avuto dalla sua bestiolina.

Be', non era più sua, in fondo. Aveva avuto una bella vita, oltre il Nido e per sua fortuna non incrociò più la strada dell'OverTwo e del Nido. Non impugnò mai più un'arma in vita sua e fu un sollievo saperla al sicuro.

«Ehi, ciao!» esclamò qualcuno e lui, tanto pensoso com'era, trasalì per la paura e si nascose dietro la lapide con aria guardinga. «Oh, no, aspetta! Non volevo farti paura, mi spiace!»

Ryokku alzò la testa e sbirciò cauto. Era una giovane ragazza, bella, alta e aveva un buon profumo, uguale al vaso di margherite che stringeva tra le mani. Il Demone provò un senso di timore e vergogna, pensò di scappare via, rifugiarsi da qualche parte fino a quando non se ne fosse andata, ma non voleva lasciare quella collina, benché meno lasciare che lei dicesse a qualcuno della sua esistenza.

«Tu sei Ryokku, vero?» domandò lei incerta e lui sbatté gli occhi, sorpreso. «Mia nonna mi raccontava spesso di te, sei proprio come ti descriveva. Mia madre ha provato a parlarti, ma non hai mai risposto.» Era ovvio, pensò infastidito, era occupato a farsi un lungo letargo. Se avesse potuto sentire o muoversi avrebbe fatto qualcosa di certo. «Sei tu, vero?» domandò. Ryokku decise di alzarsi e tornò nel suo poggiolo. Annuì. «Sai parlare?» Annuì. «Sai fare solo quello?» Scosse la testa. «Non ti piace parlare molto, eh?»

Ryokku affilò lo sguardo. Era fastidiosa come la sua bestiolina.

La ragazza si avvicinò piano e gli mostrò le mani per fargli capire che non avesse niente con cui avrebbe potuto attaccarlo. Lui non ne capì il motivo, non era di certo una bestia e se avesse voluto attaccarlo le avrebbe staccato un braccio senza difficoltà.

Lei posò il vaso nella piccola zolla di terra in mezzo alle due tombe. «Tu conoscevi molto bene la nonna, vero?» chiese e Ryo la guardò meglio.

Riconobbe la somiglianza. Aveva dei morbidi capelli lisci dello stesso colore di Penny, quello strano mogano focoso, gli occhi marroni e delle leggere lentiggini sulle guance. Lo guardava sicura di sé, con i tratti e il sorriso sfrontato uguali a quelli di Drogo.

Ryokku abbassò gli occhi. «Sei sua nipote?»

Lei fece per parlare sorpresa, poi ci ripensò e sorrise. «Sì. La nonna e il nonno volevano essere sepolti qui, è davvero scomodo arrivarci. Ci ho messo mezz'ora in macchina e ho gli scarponi pieni di fango... però si sta bene. È un bel posto» giudicò alla fine, guardando il panorama con sollievo.

Ryokku sfiorò le margherite. «Erano i suoi fiori preferiti» mormorò.

«Sì, li amava molto... Io ne sono allergica.» Ryokku rise così spudoratamente che nemmeno se ne accorse. La ragazza lo guardò stupita e lui, credendo di essere sembrato maleducato, si zittì. Si sedette a terra e lo guardò paziente. «Ryo, ti va di raccontarmi la tua storia?»

E lui fu davvero felice di avere per lei una grande storia. 

RyokkuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora