XII

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«Hai un'ora di tempo prima che il Patto diventi vincolante» mi spiegò in fretta e furia il Demone, entrandomi nella mente. «Dopodiché non potrai scioglierlo. Finché il tuo cuore rimarrà forte ti seguirò.»

La prima cosa che notai fu l'arma nella mia mano: era completamente diversa, leggera quanto un fuscello e ronzava finemente, scaricando la sua energia nell'aria densa. La lama non cadeva più a terra per via dello sbilancio dell'asse, restava perfettamente in equilibrio tra le mie dita senza scivolare via. Riuscivo a sentirla come se stessi muovendo un mio dito e quasi avvertii la sensazione del materiale freddo come un'armatura sul mio corpo.

Quindi Andy provava quella sensazione ogni giorno? Era fantastica.

Era qualcosa di indescrivibile, avevo la percezione di poter fare qualsiasi cosa, saltare montagne, rompere muri, spazzare via ogni cosa grazie a quel semplice Patto. L'adrenalina mi scorreva velocemente nel corpo, incendiandomi.

Fu uno sparo a ridestarmi dai miei pensieri. Poteva essere Louis, se era ancora vivo e se stava combattendo, in quel caso significava che Andy era ancora là. Non avevo idea del tempo che ci avevo messo a stringere un accordo momentaneo con quella creatura, però sapevo che nessun Dominatore poteva ingaggiare una battaglia a lungo termine con uno nero, fuori controllo ancor peggio.

Uscii dal Settore F e, infischiandomene delle telecamere, passai per il Distretto. L'ingresso per quella zona era deserto, così come l'atrio generale. Lo stabile era piuttosto distante dalla zona di battaglia, Korey non sarebbe potuto passare da quella strada per fuggire dati i muri alti, perciò un attacco a sorpresa da dietro lo avrebbe potuto sorprendere. Alcuni vetri del Distretto erano incrinati per la forza dell'esplosione passata.

Fuori l'aria puzzava di polvere, era quasi soffocante. Corsi, perché fu l'unica cosa che mi venne in mente di fare. A mano a mano che entrai nel raggio di battaglia cominciai a capire perché quasi tutti i soldati non avevano abbandonato i loro posti: tutti i presenti erano ammantati da un velo quasi trasparente, eppure riusciva a riflettere vari colori, dai toni più sfumati a quelli più chiari e definiti.

L'aura di mio fratello era la più scura e spessa, blu. Le aure di molti altri, tra cui Louis e Damian, erano molto meno plastiche, quasi rigide. Damian aveva una ferita al braccio destro, l'uniforme era squarciata e teneva la spada correttamente nell'altra mano, quella dominante, per sua fortuna. Louis era con i soldati con le armi a lungo raggio più indietro, quasi illeso e dirigeva quanto meglio poteva l'attacco sincronizzato senza danneggiare gli alleati.

In quell'area tutti erano posizionati in un ordine specifico, come una spirale sempre maggiore che confluiva verso un unico fulcro comune. Pareva fossero diventati tutti dei pilastri portanti che impedivano al pericolo maggiore di fuoriuscire.

Avvertii il Demone dentro di me irritarsi per qualche motivo, assumendo un tono simile a quello selvaggio di Korey. Troppi soldati riuniti. Troppi Demoni. Un brusco rientro nel mondo. Ebbi il tempo di scusarmi con lui.

Quando fui ad una distanza ragionevole feci uno scatto e saltai. Il Demone nemico mi percepì, nonostante questo non riuscì ad alzare un braccio e bloccarmi in tempo. In quel frangente mi difesi in un gesto ridicolo con la falce, portandomela davanti alla faccia. Caddi a poca distanza da lui, ma in mano avevo il suo braccio destro e lui mi stava guardando.

Korey era un ragazzo giovane, più piccolo di mio fratello di uno o due anni, eppure la diversità fisica si era sempre notata. Assomigliava maggiormente ad un sedicenne che a un ventenne. Forse la colpa era delle sue espressioni sempre serene o per quella sua voce flebile.

«Penny!» Mi girai e i brividi mi salirono fino ai capelli. L'espressione tirata di mio fratello era sciupata dalla stanchezza, il viso ricoperto di sangue non suo, sporcizia e vari graffi. Quasi mi urlò ancora. «Ti ho...» E poi si fermò, notando l'arma e il braccio peloso nelle mie mani.

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