XI

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(Ryokku)

«Sei tornata» mi fece notare il Demone, fissando l'albero morto davanti a sé.

«Sì.»

«Benché ti avessi esplicitamente detto che non dovessi più venire.»

«Già.»

«E che non ti volevo come mia Dominatrice, è corretto?»

«Corretto. Ho bisogno del tuo aiuto.»

«Perché?»

«Tu sei un Demone nero, giusto?»

Alzò le spalle. «Sì, se questo ti farà stare zitta.»

«Un sergente dell'Esercito è stato posseduto da un Demone nero, uno della tua stessa razza. Mio fratello non riesce a gestirlo da solo e lui è forte. Ho bisogno del tuo aiuto. Ho bisogno del tuo potere. Per favore, ascoltami» lo implorai, cercando di non alzare troppo la voce.

«Buffo» vociò lui, dandomi le spalle. «Di solito i soldati pensano in comune, non al singolo individuo. Ami così tanto tuo fratello?»

«Come ho detto, è mio fratello.»

«Cosa c'è tra voi?»

Tirai le labbra. Non ero innervosita, bensì spazientita. Non c'era tempo da perdere, avrei risposto a tutte le sue curiosità una volta conclusa quell'orrenda storia, però prima avevo bisogno di avere la certezza che Andy – e tutti gli altri – fossero al sicuro. Domande sulla vecchia vita che non ricordavo o su Andy erano all'ordine del giorno persino dai Mordecai, l'unico vero motivo di interesse loro per me.

«Lui mi ha salvata quando nessun altro lo ha fatto. Potrei dare la mia vita per lui. Non permetterò che gli succeda qualcosa e mi aiuterai, che tu lo voglia o no.»

«Non so niente dell'Esercito o del mondo là fuori, non ti sarei d'aiuto, bestiolina. Sono a digiuno da anni, sono debole. Cercane un altro.»

«Lasciami spiegare.»

«Sono rinchiuso in questo mondo da più di sessant'anni, e ti parlo di quando mi sono svegliato qui. Nessuno mi ha mai preso con sé, nessuno è mai stato alla mia altezza. Non so cosa sei venuta a cercare qui, ma non lo troverai. Il mio potere è troppo grande per te, finiresti morta e se ti uccidessi spezzerebbero il maleficio che mi tiene rinchiuso qui, uccidendomi a mia volta. Scusa, ma non intendo morire oggi o per te. La combo è fastidiosa» mi apostrofò neutro, il naso in alto, verso il cielo.

Lo imitai, non vedendo nulla. Il cielo era grigio, plumbeo, come la scorsa volta pareva che da un momento all'altro sarebbe scoppiata una terribile tempesta.

«Quindi è una specie di gesto gentile, Demone?»

Lui rabbrividì e il pelo delle braccia e delle zampe si volumizzò. «Il mio nome non è "Demone", tanto meno "creatura", "mostro" o "bestia", per quanto voi Dominatori vi riteniate superiori rispetto a noi» bofonchiò.

Mi impettii, capendo il mio gesto. «Quale è il tuo nome?» domandai.

Lui ridacchiò. «Ci hai provato. Non te lo dirò. Chiamami come vuoi, non farà differenza.»

«Perché non vuoi aiutarmi?» mi indignai. «Non stai facendo nulla qui.»

«Perché tu non mi piaci» rispose semplicemente.

Continuava a darmi le spalle. Come la prima volta non mi prestava la minima attenzione. Lo studiai. Quasi tutti i soldati parlavano del loro Patto, per quanto fosse proibito farlo; erano molti quelli che esaltavano il glorioso scontro o di aver superato le loro peggiori paure, tant'è che avevo sempre immaginato dei mostri in agguato, tesi, pronti ad attaccare.

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