XXIV

3.3K 287 29
                                    

Prima di dirigermi al Distretto, passai per la mensa e non me ne andai prima di aver aver rubato e trangugiato due porzioni di budino al cioccolato bianco, il mio preferito. Non era una delizia, l'etichetta recitava che era fatto da qualche parte in Inghilterra, ma le calorie in quel semplice tubetto superavano la dose consigliata per un pasto, eppure era la cosa che preferivo in assoluto.

Sperai di non incontrare nessuno che conoscessi lungo la via del Distretto, aveva cominciato a fare leggermente caldo e il mio viso era ancora rosso. In più ero certa che se mai qualcuno mi avesse rivolto la parola avrei risposto alzando il dito medio e accelerando il passo.

Entrai al Distretto e domandai alla prima guardia che passò dove fosse il generale Damian, dato che non avevo proprio voglia di andare da Abigail, sorbirmi le sue occhiate velenose e perdere altro tempo, ancor meno andare da Sora o da Alma e spiegare in breve perché dovevo andare da sola da Damian.

Per fortuna non dovetti vagare molto e dissi alla guardia che non fosse necessario che mi accompagnasse, dato che il generale era in un'aula per le conferenze, quindi in uno dei corridoi dov'ero già stata, passata e nascosta.

Sorte o premeditazione, Damian mi aspettava nella sala dov'era avvenuta la mia sentenza, quando metà dei suoi fratelli mi aveva ritenuta innocente e suo padre aveva visto in me qualcosa di meglio rispetto a lui.

Quel giorno era uno dei pochi in cui il cielo era sereno, con poche nubi, e seppure una vaga afa entrasse dalle alte finestre, le pareti grigie, lo stile freddo dell'arredamento e una pungente sensazione allo stomaco, l'atmosfera non era cambiata affatto da quando ci ero entrata la prima volta. L'ambiente era stato pulito da poco, odorai subito un denso aroma di disinfettante.

Damian mi aspettava accanto al lungo tavolo lucido, intento a leggere con attenzione una cartella con qualche foglio pinzato. Portava come suo solito l'uniforme dell'esercito, per quanto ne sapessi io, non lo avevo mai visto senza. Oramai quell'accoppiata era inseparabile, come il suo ego e le sue medaglie. Si era accorciato i capelli, di solito non se li faceva crescere più lunghi delle orecchie ed era uno spreco.

I suoi occhi si alzarono dal rapporto e incrociarono i miei. Non mi parve arrabbiato nel vedermi, ma in fondo era una sua caratteristica non mostrare mai le sue emozioni direttamente.

«Temevo ci mettesse di più!» gongolò una voce dietro di me, familiare.

Erik con un colpetto del piede chiuse la porta dietro di sé e Khol trottò al suo fianco, le mani sui fianchi. Trattenni un sospiro meravigliato.

«Mai aspettato una donna?» lo prese in giro il fratello maggiore. «Di solito fanno anche un'ora di ritardo per farsi belle!»

«Allora lei come ha sprecato il nostro prezioso tempo?» commentò ridacchiando Erik, facendomi un sorrisetto finto.

Strinsi le labbra. «Sentite, Italia, Germania e Giappone, sono qui solo per prendere il mio rapporto, di sicuro non voglio farvi sprecare altro prezioso tempo. Se ne avete da perdere, meglio farlo con qualcun altro. Io sono una donna impegnata» gongolai, indicandoli.

Damian lanciò il rapporto sul tavolino, di certo non verso di me. Mi accontentai.

«Ecco l'Italia!» esclamai con poca voglia, camminando per prendere il rapporto e andare via velocemente.

«Credo che noi due dobbiamo parlare, Baskerville» proferì serio Damian, fissandomi.

Diedi una sbirciata al rapporto, al mio nome e ai fogli in ordine giusto. «Caspita, per essere uno grande e grosso come te non fai una bella figura a chiamare la tua fidanzatina per cognome, sai?» lo presi in giro e Erik ridacchiò a quel nomignolo. «Non devi dirmi niente. Niente che i tuoi occhi super disgustati già non dicono. Bella chiacchierata, tesoro.»

RyokkuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora