III

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(Damian Mordecai)

Andy aprì le ante dell'armadio e la prima cosa che sentii fu il mugugno contrario di Alderyu, roco e soffuso. Le luci bianche della sala erano accese, non avevo prestato attenzione nel momento in cui avevano tolto il proiettore, e da quando si misero a parlare di noiosa politica interna e sul piano da seguire, semplicemente mi accovacciai in una posizione più comoda, smisi di ascoltare e sonnecchiai.

Mi strofinai gli occhi, lamentandomi, dato che ero stata per quasi un'ora, o forse più, rintanata in un angusto armadio al buio, spiaccicata tra varie scartoffie e materiale vario. Per fortuna non ero claustrofobica e seppure l'aria ad un certo punto fosse diventata talmente calda da risultare fastidiosa, non avevo osato aprire un po' di più lo sportello.

Andy mi afferrò un polso e mi tirò in avanti. Avevo le gambe addormentate, perciò appena tentai di alzarmi convinta, inciampai e le sentii formicolare. Caddi ai suoi piedi, strusciando dolorosamente il ginocchio a terra, già ricolmo di cicatrici e lividi.

«Mi... formicola tutto!» mi lagnai. «Che storia è questa?»

Il ragazzo si accovacciò a terra e per fortuna con la sua testa mascherò la potente luce che infieriva sulle mie retine doloranti. Dovevo avere ancora la pupilla dilatata per via dell'oscurità, poiché vedevo dei grossi puntini luminescenti sotto la palpebra.

«Questo è perché sei una stupida» disse lui senza mezzi termini.

Mi schiacciai le mani sugli occhi, sperando di far andare via quella brutta sensazione. Ogni volta che li sbattevo mi girava la testa e in aggiunta i colori dell'intera stanza stavano cominciando a sfumare sul verde-azzurro.

«Sta' buona» mi ammonì. «Se ne sono andati, ma è possibile che qualcuno ronzi qui intorno per controllare. Sei nei guai, ragazzina.»

Mi bloccai e lo guardai di sottecchi, a disagio. Sapevo di essere nei guai, ma ringraziavo il cielo che non fossi stata scoperta da uno dei Mordecai. La mia presenza in quella stanza non sarebbe di certo stata catalogata come uno scherzo o una bravata. Avevo sedici anni, ero matura abbastanza da capire la differenza tre bene e male, specialmente sapere le conseguenze delle mie azioni.

Il Nido funzionava diversamente dal resto dell'Inghilterra, avevamo le nostre leggi, le nostre usanze e abitudini. A tredici anni potevi stringere il primo patto con un Demone, ma era una cosa molto rara data l'età, seppure quello era il limite minimo. Mio fratello aveva stretto il suo primo patto con un Demone nero a quell'età, la sua mente, la sua forza e le sue capacità erano incredibili e note a tutti.

«Ho capito, Andy.» La mia voce era strana, gracchiante.

Alderyu emise un profondo brontolio che mi diede l'idea che si stesse prendendo gioco di me, come mio fratello.

«Se lo avessi capito non saresti stata qui» riprese. «Ancor meno oggi.»

«Pensavo non ci fosse nessuno!» obiettai decisa.

«E io pensavo di averti detto come funzionano le riunioni di emergenza. Avresti potuto farti vedere da qualcuno e in quel caso ci sarei andato di mezzo anche io. Non ho tempo da perdere con te. Sei proprio fastidiosa.»

Sbuffai. «Non mi ha notata nessuno. Io e Wyatt...»

«Oh!» canticchiò giulivo, posandosi un dito sotto il mento e fingendo di pensare. «Quindi lui ti ha vista. Mi avevi detto che eri sola, o sbaglio? Quante bugie hai detto oggi?»

Arrossii, completamente disarmata. «Scusa. Non verrò mai più qui dentro. Lo prometto» gli giurai, mettendomi seduta composta.

«Non ti credo» sputò severo. «E a quanto ne so potresti aver incrociato le dita. Non farmi perdere altro tempo e andiamo, prima che uno dei Mordecai ci scopra.»

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