XXVI

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Se avessi avuto maggiore coraggio gli avrei detto che quel tono sufficiente mi faceva schifo, eppure mi limitai a sorpassare tutti e falciare verso la porta. Damian non si azzardò a fermarmi, così come il generale, e Khol sillabò qualcosa di poco delicato sul mio conto. Non lo sentii, feci del mio meglio per concentrarmi a non vomitare e piangere.

Quello che provavo non era tristezza, ma senso di colpa e nausea verso me stessa.

Percorsi quanti più corridoi possibili. Sapevo che né il generale né mio fratello sarebbero venuti a chiedermi come stessi. Era parte dell'addestramento. Rinunciare alle emozioni era dura, impossibile quando un essere vivente muore davanti a te, così impotente e in trappola.

Momentaneamente mi persi, volevo evitare le guardie e perciò girai nei corridoi più secondari, dove l'accesso doveva essere riservato unicamente ai Mordecai. Tipico di me. Ero vicina all'area delle camere dei fratelli, di sicuro non erano lontani e non volevo giustificare oltre la mia presenza, specie con Erik.

Mi appoggiai ad una parete e presi un profondo respiro, l'aria fuori era calda, ma dentro l'edifico nemmeno il sole più cocente d'estate riusciva a penetrare.

Un brivido freddo mi scosse il corpo e riconobbi immediatamente quella sensazione. Mi sentii oppressa, osservata e le mie ultime briciole di tranquillità e calma sparirono; Ryo era troppo vicino, con il naso premuto sul mio collo e i denti leggermente sporgenti.

«Il tuo odore si anima particolarmente quando sei sotto tensione, è l'unico momento in cui il tuo profumo assomiglia a quello di tutti gli altri. Almeno in questo, sei umana.»

Me lo tolsi di dosso con più furia necessaria. Non volevo altri uomini accanto a me in quel momento e lui era il più vicino, sempre.

«Ti fai vivo ora?» domandai sarcastica. «Quando è morto davanti ai miei occhi?» Ryo alzò un sopracciglio con aria critica. «Lui è morto e tu mi parli del mio odore. Che cosa vuoi adesso? Ancora sangue?» La mia voce divenne più dura, come il suo volto. «Era come te.»

«Già, era come me» ingiunse. «E allora? Molti come me muoiono ogni giorno, ma nessuno si ferma a compiangerli. Tu ti fermi per ogni soldato caduto o solo per quelli che ti convengono?»

Non seppi rispondere.

«Se fosse morto tuo fratello avresti perso settimane e mesi a piangere, ma se fosse stato un estraneo avresti provato qualcosa di diverso dalla semplice pena? Perché voi umane siete così chiusi? E vi credete superiori.» Scosse la testa e fece finta di sorprendersi. Conoscevo bene quell'espressione fasulla: mi stava copiando. «Certo, ho capito del perché tieni tanto a questa cosa: la colpa è tua. Tu lo hai spinto a trasformarsi totalmente quel giorno, tu lo hai catturato e quando hai scelto di vivere, hai decretato così la sua morte.»

Aprii la bocca e le sue parole mi ferirono, peggiorando il mio stato. «Io non ho decretato niente!» mi difesi. «Io...»

«Volevo solo vivere» mi anticipò. «Come tutti gli altri esseri viventi. Quando hai scelto di porre la vita di tuo fratello sopra le altre e quando io ho messo la tua sopra la sua, quello è stato il momento in cui microscopiche particelle in tutto l'universo si sono assemblate per creare il tuo futuro, questo. Quindi pensa a tutte le immensità di scelte che hai scartato per creare questo evento, tra tutti. Quante possibilità avevi?»

Mi morsi la lingua. «Sei arrabbiato con me? È per questo che mi stai aggredendo?»

Ryokku emise una sottile risata. «Non ti sto aggredendo affatto, bestiolina, ti sto dicendo la verità e pare che sono l'unico che lo faccia. Era uno dei miei fratelli, ma è morto. Ti sentiresti meglio se ti aggredissi o se piangessi, come un debole umano? Mi spiace, non sono il tuo cagnolino.»

RyokkuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora