IV

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(Drogo Costantine)

C'era una sola cosa che amassi più di cacciarmi nei guai: il mio lavoro da sorvegliante.

Non avrei avuto meriti con quel compito, lo stipendio non era alto e molte cose mi erano vietate, dato che ufficialmente non ero un cadetto dell'Esercito, ma solo un suo funzionario, eppure avevo ottenuto quel ruolo a tredici anni e, giorno dopo giorno, lo avevo svolto con grande amore e dedizione. Mi piaceva particolarmente crogiolarmi nella disperazione degli altri soldati; era un miscuglio di rabbia, orgoglio e prepotenza che ritenevo assolutamente irresistibile.

Nonostante questo, mediamente all'anno mi venivano affidati dai dieci ai quattordici casi di ragazzi ritenuti senza speranza. Il mio compito era quello di assicurarmi che seguissero regolarmente le lezioni, facessero gioco di squadra per rientrare nei corsi e, più di ogni altra cosa, non creassero disturbo.

Non tutti riuscivano a salvarsi, ma mi vantavo spesso che su dieci casi riuscivo a salvarne sempre otto o nove. Nessuno sapeva come e non lo sapevo nemmeno io. Andy mi definiva una "figlia di puttana fortunata". Ridevo sempre, perché era la stessa cosa che dicevano di lui.

Avevo riportato a galla Fred Pullon, il genio che aveva disattivato gli allarmi nel Settore F e a causa sua un innumerevole numero di Demoni bianchi aveva dato di matto. Oppure Jethro Gaiman, colui che aveva tirato un gavettone di piscio e vernice addosso a Erik, cosa che mi fece molto piacere e se fosse stato per me lo avrei premiato.

C'erano stati anche Mansel Crown, un ragazzo alle prime armi che non voleva far altro che attaccar briga e aggirarsi senza pantaloni, o Pace Ryan, colui che aveva sradicato un albero solo per infilarsi nella camera di una sua compagna di corso. Li avevo risollevati tutti, dal primo all'ultimo. Non era stato facile, mi era servita tutta la mia calma e pazienza per sopportare quei ragazzi, ma quel discorso non era equiparabile a Drogo.

Lui era un caso disperato. Il mio.

Sfrecciai verso il campetto, ignorando il fatto che avrebbe potuto trattarsi del giardino dietro la palestra o quello vicino alle residenze. Non volevo vedere più la faccia corrucciata di mio fratello, il quale, da un periodo a quella parte, non faceva altro che dire "no" a tutti i miei progetti. E tante grazie che facevo di testa mia, poi.

Mi fermai di botto, adocchiando delle figure indistinte vicino al portone d'uscita del Nido, accanto al grosso complesso grigio e bianco che ospitava le aule. Il cancello d'ingresso era serrato, a bloccarlo c'era un enorme serratura metallica che, ad ogni colpo d'occhio, sembrava capitata là per caso.

Wyatt deambulò vicino a me, lo aspettai un poco per assicurarmi che fosse ancora un essere respirante, poi ripartii più veloce di prima, sperando di arrivare in tempo per fermare una rissa. Se uno dei sorvegliati si faceva male o lo faceva a sua volta, metà colpa era del sorvegliante stesso, per la sua inettitudine. E io di guai ne avevo fin troppi.

A mano a mano che proseguii, immettendomi nel mezzo al campo d'allenamento e saltando dei cadetti che si stavano allenando con il mio vecchio istruttore – il quale agitò i pugni in aria e, non riuscendo a trattenersi dal ridere, mi urlò di togliermi dai piedi – arrivai a distinguere le figure in ombra. Erano in una posizione scomoda e nascosta, l'edificio gettava lunghe ombre inquietanti in quella porzione di spazio, in aggiunta il cielo color cenere non aumentava granché la vista la nitidezza, né l'asfalto sporco e umido.

Le alte chiome sempreverdi si agitarono per colpa di una raffica di vento improvvisa, fredda e tagliente come un rasoio, alcune gocce di pioggia cominciarono a cadere e mi picchiarono sul naso, facendomi rabbrividire.

Mi guardai gli anfibi. Li avevo sporcati.

Drogo amava ripararsi in quella sottile striscia di terra tra gli alberi e il recinto del muro, fin da piccolo si nascondeva in uno dei buchi del terreno o degli arbusti per restare da solo e in silenzio. In quella zona la cacofonia degli alberi e dei motori delle Jeep rendevano quasi impossibile sentire altri suoni, come lo schiamazzare dei Demoni o di qualche lite. Altrettanto difficile era farsi notare da qualcuno, a parte i soldati di guardia alle porte o chi vi si aggirava per puro caso. Persino chi usciva dal complesso accanto quella era una strada secondaria e la si evitava. Non che fosse brutta o altro, solo non era funzionale e si allungava il percorso per nulla.

RyokkuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora