Capitolo 3 - Ombre

25 2 0
                                    

Quello che l'avvolgeva era qualcosa che andava ben oltre il semplice buio della notte. Quelle tenebre non erano nemmeno simili a quando ti bendano gli occhi o quando ti smarrisci in una grotta così profonda da portarti nel cuore stesso della terra.

Era molto peggio. Era un'oscurità innaturale.

La ragazza non capiva da quanto tempo stesse camminando. Quel luogo la confondeva: stava girando in tondo o percorreva una strada dritta?

Ma la cosa che più di tutte la inquietava era lo strano silenzio che la stava perseguitando. Sentiva il battito del suo cuore rimbombargli nelle orecchie, sentiva addirittura il sangue fluirle nel corpo.

Quel mondo era spettrale, sconosciuto. Insolito e spaventoso.

Ad un tratto, attorno a lei, si accesero delle torce, dal nulla. Il fuoco illuminò l'ambiente ottagonale in cui si trovava. Si girò più volte su se stesse: la stanza rifletteva la sua figura ed era chiusa su tutti i lati.

Era in trappola.

Corse verso una delle pareti, iniziando a sbattere con violenza i pugni su di essa, volendo uscire da quel luogo. Vide delle crepe percorrere la lastra che cadde a terra in frantumi con un rumore assordante.

Si dovette riparare le orecchie, urlò quando tutti gli altri specchi si infransero con durezza.

Quando il caos ebbe fine, alzò gli occhi: scorse una figura che si stagliava davanti a lei.

Camminò, lenta, nella sua direzione.

La ragazza ne era terrorizzata: un demone dagli occhi di fiamma, ammantata di nero, dalla pelle nivea che risaltava sul buio circostante. Prese le sue mani aiutandola ad alzarsi.

– Non devi temermi. – le disse la figura di tenebra – Io sono qui per proteggerti. – le indicò qualcosa, al di là dei fuochi che rischiaravano il nulla – Devi andare adesso. –

Ancora sconvolta, senza riuscire a parlare, attraversò il circolo di vetri e fiamme. E come ultima cosa, vide quelle pareti ricomporsi attorno alla ragazza prima che quel mondo ripiombasse nell'oscurità...

****

Quando si svegliò, vide un'ombra sovrastarle il viso. Sbatté più volte le palpebre, mettendo a fuoco l'immagine: si ritrovò due occhi color del ghiaccio che la osservavano.

Rhunre aveva il muso puntato sulla sua faccia, sembrava quasi volerle dire qualcosa. La ragazza osservò l'animale per alcuni attimi, ma, per qualche strana ragione, non ne aveva paura. Sentiva che non aveva intenzione di farle del male.

Cercò di alzarsi lievemente con la testa, mentre Rhunre si spostava per accucciarsi accanto al suo corpo nudo, ricoperto solamente dai lunghi capelli chiari. Lei le accarezzò il manto morbido e bianco più volte.

Si guardò attorno: non sapeva dove si trovasse. Percepiva solo delle lievi oscillazioni, come se non fosse sulla terraferma.

Provò a mettersi in piedi. Ma precipitò con un tonfo sordo sul legno. Fece alcuni tentativi per riuscire a mettersi in ginocchio, mentre la giovane leonessa accorreva accanto a lei.

Chiuse gli occhi per un istante, insieme a un lungo respiro sconfortato, avvertendo la testa dell'animale premere sul suo viso.

All'improvviso sentì dei rumori provenire dall'altro lato della porta che si spalancò. Davanti alla ragazza si parò il Nubiano Sut, che la osservò per alcuni istanti, prima di uscire velocemente sulla soglia e gridare verso qualcuno.

– Sembra che tu piaccia a Rhunre. – affermò l'uomo sorridendo e rientrando nella cabina, avvicinandosi a lei di qualche passo.

La straniera alzò il viso e il suo sguardo frenò Sut dall'avanzare. I suoi occhi lo fermarono, incutendogli un certo timore: erano l'unica cosa che spiccava nella penombra del crepuscolo in cui era immerso il vano, quell'esiguo bagliore dato dalla piccolissima apertura sul lato superiore del cubicolo. Notò un riflesso rossastro passare su di essi, ma diede la colpa alla scarsa illuminazione.

Quegli attimi interminabili furono spezzati dalla voce acuta di Berikba'al e Sut tirò quasi un sospiro di sollievo.

– Finalmente sei sveglia! – esultò il mercante entrando nel vano. Prese con forza le mani della ragazza, tirandola in piedi. Lei sgranò gli occhi, liberandosi velocemente e gettandosi con forza su Berik.

Il Nubiano riuscì a frapporsi tra i due, trattenendola: quella ragazza sembrava una belva feroce pronta a difendere il suo territorio. Anche la piccola leonessa fece sentire il suo dissenso, andando a proteggere la straniera.

– È una barbara... – disse con disprezzo Berikba'al – Da quale terra provieni? – si avvicinò mentre lei era trattenuta per le spalle dall'altro uomo – Capisci ciò che ti dico? –

– Perché non dovrei? – parlò la ragazza improvvisamente. Con un gesto secco, si staccò dalla presa di Sut.

– Vieni da Lpqī? O dagli altri empòria della costa? – chiese il mercante sorpreso.

– Non so cosa sia questa Lpqī. – rispose con uno sguardo confuso sul volto.

– Eppure parli la mia stessa lingua! – affermò spazientito il mercante, incrociando le braccia – Non importa. – continuò, cambiando discorso – Riuscirò a inventarmi qualcosa su di te per aumentare il tuo prezzo, prima di venderti in qualche mercato. –

– Vendermi? – riuscì solamente a dire la ragazza, ma Berik era andato già via senza darle una risposta. Prese a camminare velocemente, come se volesse raggiungerlo.

– Fermati. – disse il Nubiano afferrandola per un polso e tirandola verso l'interno del vano – Berikba'al mi ha ordinato di non farti uscire da qui. – chiuse con forza la porticina con le lamine.

– Sono prigioniera? – rispose con tutte le sue forze, restando per qualche attimo ferma ad osservare l'uscio serrato. Sut le rivolse un lieve sguardo, prima di avvicinarsi allo sgabello su cui, il giorno prima, aveva poggiato la veste che avrebbe dovuto indossare.

– Mettila addosso. – le disse porgendole la tunica di lino, lei si voltò – Nonostante gli avvertimenti di Berikba'al, potrebbe sempre entrare qualcun altro non vedendomi di guardia. Qualcuno che non conosce, purtroppo, la sua vera crudeltà. – incrociò le braccia al petto, puntando i suoi occhi su Rhunre. Lenta, si muoveva attorno alle gambe della ragazza, come una sentinella silenziosa. – Non tutti riescono a resistere così pazientemente come me. –

– Cosa vorresti dire? – parlò mentre si infilava la tunica.

– Sei da sola su una nave con almeno venti uomini... – rispose, ritornando ad osservarla.

– Ma anche tu sembri essere attratto dal mio corpo... – disse lei sorridendo, avvicinandosi al Nubiano.

– Posso avere tutte le donne che desidero e, di certo, non finirò in mare per colpa tua. – rispose, vedendola passare al suo fianco e sedersi sul giaciglio di preziosi e comodi cuscini.

La leonessa, nella sua possanza, si rifugiò accanto alla ragazza, che circondò il suo collo con le braccia: come se quell'animale rispondesse a lei senza che dovesse nemmeno parlare.

– Chi sei? – disse dopo essere restato in silenzio per lunghi attimi, ad osservare quegli occhi che lo stavano ammaliando.

– Non ricordo nulla... – furono le sue uniche parole.

Hybris - OblivionWhere stories live. Discover now