Capitolo 2 - Il mercante

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MARE DI MEZZO – 486 A.C.

Ci sono giorni in cui il Sole è così timido da chiedere quasi con rispetto il permesso di uscire. Alcuni raggi iniziarono a spaccare il buio della notte, tingendo il cielo dei suoi colori. Il riverbero dell'alba si specchiava sul mare, colorandolo di un tenue arancio e di rosa, mentre le onde si infrangevano pacate sulla spiaggia, bagnando la riva di una schiuma argentea.

Nonostante fosse ancora così presto, Berikba'al di Sydwn aveva deciso di salpare dal porto di Lpqī, con le quindici navi mercantili di proprietà, per non perdere il buon vento che si era alzato. Osservava l'arrivo del mattino dalla sua imbarcazione che, placida, scorreva lungo le acque del Mare di Mezzo, sospinta dall'aria che gonfiava la grande vela.

L'empòrion che si era lasciato all'orizzonte era solo uno dei tanti che sovente visitava nei suoi lunghi viaggi. Percorreva quel grande specchio d'acqua da che ne aveva memoria e per lui, esperto navigatore e ancor più indiscusso mercante, quel mondo non aveva più segreti. Conosceva ogni porto, ogni isola, ogni tratto di costa da Gadir alla terra di Kemet.

Appoggiò i palmi delle mani al robusto parapetto di legno di cedro, continuando ad ammirare l'incantevole scenario, dove il mare ed il cielo sembravano fondersi.

Udì delle voci provenire dalle sue spalle. Voci concitate degli uomini che governavano la sua nave. Si volse rapidamente, alzando gli occhi al cielo, pregando che quegli incapaci non avessero danneggiato qualcosa.

– Sut! – urlò Berik mentre procedeva verso la prua della nave – Cos'è accaduto ora? Per quale motivo ci siamo fermati! – gridò furente.

In quel momento un uomo, alto e slanciato, si parò davanti al mercante. Aveva un corpo atletico e nei suoi occhi scuri si scorgeva la tempra di un guerriero, come dimostravano le cicatrici sparse sul petto e sulle braccia.

– Padrone. Dovete vedere. – disse lui quasi con timore, nonostante sovrastasse di molto l'altro.

Volse lo sguardo dove indicato da Sut e, ad un tratto, scorse tra le lievi onde, un'esile figura abbandonata su una tavola: un punto bianco nelle distese d'azzurro.

– Recuperatela. – ordinò Berik – Se è ancora viva mi sarà di qualche utilità come schiava. – si rivolse verso il Nubiano – Se, invece, è morta, lasciala pure in balia delle acque. Non serve altro peso sulle mie navi. –

Sut, spogliatosi, si tuffò, arrivando con grande velocità verso la ragazza. L'uomo gridò in quella direzione. Le fu vicino, aggrappandosi anch'egli al pezzo di legno. La smosse.

E lei, lentamente, sollevò la testa: aveva una carnagione olivastra e lunghi capelli di un biondo scuro sparsi sul suo corpo. I suoi occhi, magnetici, erano di un colore indefinito, così chiari da sembrare, in quel momento, quasi bianchi. Ma l'accecante bagliore del sole la costrinse a richiuderli in fretta.

Il Nubiano l'afferrò con forza, trasportandola meglio che poteva, verso la nave principale del mercante. Furono issati sul ponte, mentre Berikba'al prendeva ad osservarla. Vide che la sua tunica, all'altezza della spalla, era completamente intrisa di scarlatto. Così provò a scostare il lembo della stoffa: non voleva feriti lì sopra e se lo fosse stata, sarebbe ritornata tra le correnti del Mare di Mezzo.

Eppure, non aveva nulla.

L'uomo le prese il viso in una mano, osservando i suoi lineamenti, cercando di capire da che luogo potesse venire. Lei provò ad aprire un'altra volta quegli occhi così affascinanti, ma stanca e priva di forze, sprofondò nel sonno.

– Con quei tratti così particolari e quello sguardo, – disse Berik sfregandosi le mani – sai quanto potrei guadagnare vendendola nei mercati orientali? – si rivolse al Nubiano, con la pelle d'ebano che scintillava al sole – Che nessuno di voi provi a sfiorare questa schiava! – parlò alzando il tono della voce, per farsi udire da tutti – O sarete brutalmente puniti. –

Intanto Sut aveva sollevato la ragazza sulle sue forti braccia, attendendo ordini da Berikba'al.

– Devi fare in modo che non venga toccata. – lui annuì, seguendo l'uomo sul ponte – O sarai tu ad essere gettato in mare... –

Il Nubiano sapeva fin troppo come il mercante non scherzasse affatto con quelle minacce: ricordò quando Berik sorprese uno dei nuovi rematori che, mentre era intento a scaricare la stiva piena di merci rare provenienti dal Nord, aveva sottratto un minutissimo frammento di ambra. A quell'uomo, senza che potesse nemmeno giustificarsi, era stato appeso un macigno al collo e gettato tra le correnti.

– Portala nella mia cabina, trovale delle vesti asciutte. E fa in modo di non lasciarla sola nemmeno per un momento. Fin a quando non saremo sbarcati a Sydwn, sarai la sua ombra. – concluse, prima di ritirarsi nuovamente verso uno dei lati della nave, quello che rivolgeva verso la costa.

Sut, invece, proseguì verso la parte posteriore della nave. Qui, se superiormente si trovava un vano coperto per l'equipaggio, al di sotto del ponte, invece, vi era la zona privata di Berikba'al.

L'imbarcazione principale, a differenza delle altre della sua flottiglia che poteva contare oltre trenta navi in mano anche al suo primo figlio, era più alta e grande, costruita secondo precise direttive. Infatti, al suo interno, ospitava un lussuoso vano che si estendeva per quasi un terzo della lunghezza. La restane parte, invece, era occupata dalle preziosissime merci che il mercante non si fidava a lasciare nelle mani di qualcun altro che non fossero le sue.

Quell'uomo aveva fatto la sua fortuna in quel modo, iniziando quand'era poco più che un ragazzo e con un piccola nave a solcare gli empòria del Mare di Mezzo. La sua astuzia e le sue belle parole, riuscivano a convincere anche il più ostile acquirente.

Sut si trovò dinanzi alla porta che conduceva nella cabina: Berik si era talmente arricchito da potersi permettere di ricoprirla di lamine d'oro incise. L'interno, poi, era un profluvio di porpora e d'oro, una prosperità tale che il Nubiano non avrebbe potuto racimolare in due vite e che per il suo padrone non valeva assolutamente nulla.

I suoi averi più importanti erano ben custoditi nel palazzo che aveva fatto costruire a Sydwn, dove la famiglia viveva come se fossero stati discendenti di principi e re.

Soprattutto, possedeva un favoloso esemplare di femmina di leone bianco che aveva acquistato, da qualche tempo e a carissimo prezzo, da un viaggiatore proveniente dalle estreme terre del Sud.

Sut, oramai, si era abituato alla sua presenza costante, che gli ricordava i prosperi tempi in cui egli era libero, e l'animale al Nubiano che sembrava considerarlo molto più del mercante.

Tolse la tunica, lacera e bagnata, alla ragazza prima di adagiarla tra cuscini e stoffe. Lei era ancora priva di sensi.

L'animale andò verso Sut, che gli grattò sulla testa, per poi puntare verso la giovane svenuta: le leccò una mano, strofinando poi anche il suo muso, come se volesse svegliarla.

Il Nubiano osservò a lungo le linee del corpo di quella misteriosa figura. Doveva ammetterlo: non aveva mai visto qualcosa di più bello e affascinante. E lui, insieme al mercante, aveva girato per tutto il mondo conosciuto.

Si volse, cercando di scacciare quel pensiero dalla sua mente: l'avvertimento di Berik, e il timore che aveva di lui, era molto più forte di quell'impulso. Di certo non si sarebbe fatto gettare tra le onde per questo motivo.

Iniziò a setacciare la camera, tra stoffe e vestiti, per trovare qualcosa che la straniera potesse mettersi addosso. Strinse tra le mani una corta tunica di lino egizio, morbida e leggera: non sapeva quanto il mercante sarebbe stato contento di vedere una schiava indossare uno dei suoi vestiti più pregiati.

La poggiò su uno sgabellino accanto alla ragazza, non prima di averla osservata ancora per qualche momento. Notò come al collo avesse un ciondolo di pietra rossa, che sembrava riflettere quasi una luce sinistra attorno alla sua figura.

– Rhunre, cerca di non mangiarla. – disse Sut rivolgendosi all'animale che si era accucciato vicino a lei. Poi uscì dalla cabina: sarebbe rimasto lì fuori affinché nessuno si avvicinasse.

Nemmeno lui stesso.

Hybris - OblivionWhere stories live. Discover now