Capitolo 17

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Apro gli occhi spaesata.

Dove mi trovo?

Cerco di mettermi seduta a fatica e mi guardo intorno.

Non c'è nessuno. Solo il colore bianco mi circonda.

Improvvisamente, come se qualcuno stesse urlando il mio nome, mi volto verso sinistra e osservo una persona girata di spalle, dentro ad una nuvola di fumo.

Ha corti capelli biondi e una maglietta nera. Penso che stia parlando con qualcuno.

Mi alzo e lentamente mi avvicino, avendo paura di cosa potrebbe succedere.

<<Non lasciarmi>>, sento dire dalla voce del ragazzo.

Quest'ultimo allunga la mano sulla guancia di una giovane adolescente, accarezzando piano quella zona.

All'improvviso avverto un bruciore sullo zigomo destro. Instintivamente, mi porto la mano al viso e tocco il punto dolente.

Fa male.

<<Amore mio, non lasciarmi>>, continua il ragazzo.

Riporto tutta la mia attenzione su di lui e lo osservo meglio. Mi sembra di averlo già visto.

<<Resta con me, Rossa>>.

Immediatamente allungo il braccio, come se fossi attratta da lui, dalla sua voce e tocco la nuvola di fumo. Tutto intorno a me diventa nero e inizio a cadere in un vortice senza fine.

Inspiro bruscamente e mi sveglio, sentendo qualcuno che parla vicino a me.

<<Si è svegliata>>, esclama una voce facendo un sospiro di sollievo.

Mi volto in quella direzione e vedo Seb seduto su una sedia con le mani nei capelli e gli occhi chiusi.

<<Tesoro, stai bene?>>, mi domanda un'infermiera.

<<Dove sono?>>, gracchio mentre cerco di mettermi a sedere.

<<Ti aiuto>>, si offre Seb raggiungendomi.

Non potendo rifiutare, lascio che mi tocchi i fianchi e subito avverto le sue mani forti premermi sulla schiena. Le sue mani toccano la pelle lasciata esposta dal camice che indosso e mi manca il fiato. Sento un brivido percorrermi tutto il corpo e un formicolio dove lui mi ha toccato.

Alzo lo sguardo e noto che Seb mi guarda negli occhi. Non accenna a togliere le sue mani dal mio corpo.

<<Signorina Clark, si trova in ospedale. Lei ha riportato una leggera commozione cerebrale>>, spiega l'infermiera mentre controlla i miei parametri vitali. <<È stata molto fortunata>>.

<<In ospedale? Cos'è successo?>>, chiedo confusa.

<<Sei caduta>>, mi risponde Seb. <<Non ho fatto in tempo a raggiungerti e hai sbattuto la testa sul pavimento>>.

<<Non mi ricordo>>, sussurro agitata.

<<Non preoccuparti, cara. È normale non ricordarsi qualcosa dopo quello che hai passato>>, si intromette l'infermiera che leggo sulla targhetta sopra al suo camice chiamarsi Emma.

<<Che giorno è? Che ore sono?>>, domando a raffica sperando di ricordare il più possibile.

<<Sono passate poche ore dalla tua caduta>>, spiega Seb mentre lascia la presa dai miei fianchi e mi prende le mani tra le sue. <<I tuoi genitori stanno arrivando>>.

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