«La smetti di fare il maniaco?» sussurro, scandendo bene le parole perché lui capisca proprio tutto.

«No» sorride a trentadue denti e poi si gira di nuovo verso il televisore, facendo un'espressione annoiata e prendendo il telecomando in mano per cambiare canale.

«Ho reagito male, all'inizio, ma adesso mi sono abituata all'idea» mi affretto a dire, per evitare di far pensare alla mia migliore amica che sia sparita chissà dove durante la chiamata.

«Mi racconti qualcosa di voi due? Tipo com'è scoppiata la scintilla magari» scendo dal bancone e allaccio le braccia sotto il seno. Un vizio che non riuscirò mai a togliermi è quello di camminare in giro mentre sono al telefono, ed è proprio quello che sto facendo ora.

«Nulla di troppo romantico o esageratamente subdolo: mentre tu eri occupata a passare dal nipote allo zio, è nata una certa complicità tra di noi, che è poi sfociata la notte in cui tu sei andata a casa di Paulo per passare un po' di tempo con lui prima che partisse per l'Italia» finisce di parlare e io ridacchio al rendermi conto di cosa intende.

«E adesso? Come va?» mi appoggio con un fianco al bancone e seguo interessata il suo discorso.

«Va bene, stiamo insieme da un po'» la sento tentennare un po' e corrugo la fronte, confusa.

«È successo qualcosa di brutto?» chiedo, preoccupandomi subito per lei.

«No, no, assolutamente» esclama, ma anche se il suo tono di voce è alto, si sente che continua a mancare la sua solita convinzione.

«Tu e Paulo invece? Come procede?» sospira, aspettando una risposta, e io non so veramente da dove iniziare.

Mi giro verso il divano per guardarlo mentre è concentrato a guardare qualche programma relativo allo sport e sorrido teneramente al vedere i suoi occhi luminosi concentrati sullo schermo.

«Tutto bene, è una persona fantastica e mi sembra di conoscerlo da anni» mi faccio sfuggire, forse troppo ad alta voce, perché il diretto interessato si gira verso di me e mi sorride, consapevole che io e la mia migliore amica stiamo parlando di lui.

«Sei in Italia con lui adesso, vero?» distolgo lo sguardo, girandomi verso i cassetti della cucina, definitivamente meno interessanti.

«Sì, sono a Torino» abbasso lo sguardo e mi mordo il labbro inferiore quando vedo Paulo esattamente davanti a me, con le mani nelle tasche dei pantaloni blu scuri e un sorrisetto insolente dipinto in viso.

Posa le mani sui miei fianchi e mi bacia il collo, lasciando sempre dei baci leggeri e soffermandosi soprattutto sulla base del collo.

«Ho visto le vostre foto in giro, eravate in tutte le edicole. Per un momento ho pensato di chiarire con te solo per diventare famosa come la migliore amica della ragazza che si bomba Dybala» io scuoto la testa, sorridendo, a quell'affermazione, ma Paulo scoppia a ridere, rendendo palese la sua presenza anche alla mia amica.

«Spero che tu abbia comprato tutte le riviste, me le dovrai far leggere quando tornerò in Argentina» cerco di concentrarmi solamente su ciò che sto dicendo, ma probabilmente anche Lea si rende conto che questo ragazzo non mi sta assolutamente facilitando il lavoro.

«Certo che l'ho fatto, cosa ti aspettavi?» dice, fintamente ferita dal fatto che io possa aver dubitato di lei anche per solo un millisecondo.

«Amiche come prima?» chiedo, un po' titubante di ricevere un mezzo rifiuto da parte sua.

«Amiche come prima, e di più se si può» risponde lei, rassicurandomi almeno su quel piano. Paulo mi prende il cellulare dalle mani, allontanandosi un po' da me.

«Ciao Lea, sono Paulo. Sono contento che tu e Fe abbiate chiarito» dice subito, accentuando il suo vizio di non scandire bene le parole.

«Sì, certo, però adesso è un po' impegnata, ti richiama dopo magari?» mi sorride come un bambino il giorno di Natale e io alzo gli occhi al cielo «No ti prego, non dirlo ad Arturo, potrebbe uccidermi e poi ballare sul mio cadavere» lo vedo ridacchiare e sposto il peso da un piede all'altro, aspettando che finisca.

«Sei sicura? Addirittura il falò in piazza a Laguna Larga?» gli faccio un cenno con la mano, come a dire di tagliare velocemente la corda, e lui annuisce semplicemente, sorridendo.

«Okay, sì, scusa ma sono parecchio impegnato anche io, ci sentiamo» allontana il cellulare dall'orecchio e lo appoggia con lo schermo rivolto verso l'alto suo bancone, per poi rivolgermi tutta la sua attenzione.

«Hai sistemato con Lea, a quanto ho capito» mormora, avvicinandosi a me con un sorriso decisamente allusivo.

«L'ho fatto, sì» mi siedo sul bancone, facendo forza sulle mie braccia anche sono abbastanza molli in realtà.

«Sono contento, veramente» picchietta con le dita sulle mie ginocchia, con la solita espressione insolente che tanto mi da fastidio di solito.

«Mh» gli accarezzo la guancia, perdendomi nel verde magnetico dei suoi occhi a confronto con il colore scuro della sua pelle.
Stiamo entrambi in silenzio per quello che mi sembra un bel po', a guardarci semplicemente negli occhi.

«Un'ora che sono qui e un'ora che voglio saltarti addosso» sussurra, lasciandomi un bacio all'angolo delle labbra, con l'intento di provocarmi.

«E non l'hai fatto, perché?» piego la testa di lato e mi allontano un po' dal suo viso per evitare che lui continui ad avvicinarsi.

«Mh, vediamo» fa finta di pensarci un attimo su, guardando verso il soffitto come se aspettasse un indizio dall'alto «Prima eri fuori con Sierra, poi sei tornata e ti sei messa a fare i quiz per l'università, e Dio solo sa cosa succede se qualcuno osa sfiorarti quando stai facendo quei maledettissimi quiz, anche se è il tuo magnifico ragazzo» alzo entrambe le sopracciglia, come a dire che quella che ha appena pronunciato è la cazzata più grande che io abbia mai sentito.

«Non fare quella faccia, sai che è così» ridiamo entrambi, e io ammetto silenziosamente che ha ragione «Poi hai insistito per poter mettere in lavatrice tutta la mia valigia» apro la bocca per ribattere e cerco le parole perfette.

«Ci hai messo dentro gli asciugamani bagnati, se non li avessi messi subito in lavatrice sarebbe venuta fuori la muffa» esclamo, puntandogli l'indice sul petto e spingendolo un pochettino, senza smuoverlo di un millimetro.

«Okay okay, però lasciami finire la lista di cose che hai fatto in questa ora invece che rotolarti sul materasso con me» stringe le labbra, cercando di trattenere un sorriso che invece a me sorge spontaneo.

«Idiota» sussurro, prima che il mio cellulare si illumini a causa di una sveglia che ho impostato ieri per evitare di perdere l'aereo.

«Cazzo cazzo cazzo, devo ancora finire di fare la valigia» scendo con un balzo dal bancone, finendogli direttamente addosso e urtando il mio bacino con il suo per sbaglio, facendolo gemere.

«E dopo questa, resti qui decisamente ancora un po'» mi afferra i fianchi e mi bacia in modo passionale, alzandomi da terra stringendo le mie gambe tra le sue mani e dirigendosi velocemente verso la camera da letto.

«Paulo, così me lo fai perdere» mormoro, mentre lui mi bacia il collo e si slaccia i primi bottoni della camicia in modo veloce e frenetico.

«Tu me lo fai perdere sempre» mi allontano da lui, corrugando le sopracciglia cercando di capire cosa intende «Il fiato» continua.

Il mio sguardo guizza velocemente verso il suo polso destro. Sopra, il sottile filo rosso che ha sempre addosso, e sotto il braccialetto che gli ho regalato a Natale, su cui c'è scritto proprio quello. Mi togli il fiato.

lollissimo

non ho nulla da dire in realtà su questo capitolo

dite qualcosa voi

ciaone

¡Mala Mía!paulo dybalaOù les histoires vivent. Découvrez maintenant