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«Verrai allo Stadio, stasera?» lo guardo negli occhi, la testa piegata verso il basso. Siamo stesi sul divano, lui sopra di me con le mani ad abbracciare i miei fianchi, la testa appoggiata sul mio petto e io che gli accarezzo di capelli.

«Sì, mi farebbe piacere, sarebbe la prima partita che vedo» rispondo, sospirando e guardando il soffitto. I nostri respiri sono gli unici suoni udibili nell'intera casa, e stranamente da qualche ora a questa parte regna la pace.

«Mia o in generale?» le dita della sua mano destra giocano con l'orlo della mia felpa, per poi accarezzare la mia vita da sotto il tessuto.

«In generale» ammetto, collegando il mio sguardo al suo per qualche attimo.

«Non sei mai stata allo stadio?» la sua voce si alza di almeno tre toni, facendomi ridere per la poca virilità che esprime.

«Non mi è mai interessato molto del calcio prima di conoscerti, in realtà» scrollo le spalle. È vero e non me ne vergogno per nulla.

«Come mai?» sembra molto interessato e coinvolto dall'argomento, tanto che appoggia il gomito al divano e il suo viso sulla mano, sorreggendosi sopra di me e guardandomi dall'alto, per darmi la sua completa attenzione.

«Mio fratello è un fanatico, ogni weekend cercava un sito pirata diverso per vedere le partite della Liga con il suo migliore amico, Matia, ma non mi ha mai trasmesso questa sua ossessione» gli spiego, tirandomi su anche io e, sfilandomi da sotto il suo corpo, mi siedo a gambe incrociate.

«Però quando ci siamo conosciuti sapevi già chi ero» mi fa notare, pensieroso.

«Sapevo chi fossi perché tutti a Laguna Larga non fanno che parlare di te. Tu sei il bambino prodigio che è nato in un paesino di ottomila anime, nemmeno gli ultimi gossip del paese vicino supereranno mai questa notizia» gli faccio notare, mentre lui sorride in modo nostalgico al sentir pronunciare il nome del suo paese d'origine e di quanto tutti lì siano fieri di lui «E poi Lea segue il calcio, conosce a memoria tutte le formazioni della Juventus da quando ha cominciato le superiori, cioè quattro anni fa» Paulo spalanca la gli occhi, impressionato quanto lo sono io.

«Penso di aver puntato a quella sbagliata per tutto questo tempo» sussurra, l'ironia evidente in questo suo commento.

«Penso anch'io» lo assecondo, ridendo della sua faccia stupita quando appura che non me la sono presa per nulla «Probabilmente se avessi chiesto a lei di venire a vederti allo stadio avrebbe fatto i salti di gioia, e non è una metafora» preciso, facendolo ridere con me della peculiarità dei comportamenti della mia migliore amica.

«A proposito» posa una mano sul mio ginocchio, consapevole del fatto che sta per trattare di un argomento scottante «Tu e lei avete sistemato alla fine?» abbasso lo sguardo, scuotendo la testa.

«No, non ho avuto il coraggio di dirle nulla» ammetto la mia colpa, facendolo sospirare, segno che è contrariato.

Piega la testa di lato, guardandomi da vicino con le sopracciglia corrugate e un'espressione preoccupata dipinta sul suo bellissimo volto.

«Non le hai nemmeno scritto? Non hai ricevuto nessun messaggio da parte sua?» scuoto la testa di nuovo, facendogli capire che non ho ricevuto proprio nulla.

«Riconosco di aver sbagliato e che dovrei essere io per prima a scusarmi con lei, ma non so veramente cosa fare» intreccio la mia mano con la sua, giocando con le sue dita «Io e lei non ci siamo mai trovate in una situazione simile, non abbiamo mai litigato con così pesantemente. Devo farmi perdonare, ma non so nemmeno da dove iniziare, e rimandare al momento mi sembra la decisione più saggia, almeno finché non torno in Argentina» lui annuisce, anche se probabilmente è d'accordo con me solo perché sa che in ogni caso non farei nulla di quello che mi consiglierebbe.

«Allora, contro chi giochi stasera?» cambio argomento, dipingendo un sorriso sul mio viso e alzando lo sguardo verso di lui.

«Roma» sospira, accarezzandomi la guancia e perdendosi a guardare le mie labbra.

«Ed è un'avversaria pericolosa?» chiedo, completamente ignara di come vada il calcio italiano e quali siano le squadre più forti.

«Non mi va di esprimermi sulle squadre avversarie prima di una partita, porta sfiga» replica Paulo, lasciandomi un bacio in fronte per poi alzarsi dal divano.

«Hai ragione» ridacchio, seguendolo in corridoio e buttandomi sul letto matrimoniale in camera sua.

«Adesso mi preparo e poi vado via, però ricordami di avvisare Nahuel che deve passare a prenderti, sennò resti qua e la partita la guardi in televisione» apre la sua cabina armadio, prendendo velocemente i vestiti più comodi che trova, che stranamente sono dei pantaloni della tuta grigi e una felpa dello stesso colore.

«Come faccio ad entrare allo stadio? Non so bene come funziona ma credo che serva un biglietto» mi appoggio alla testiera del letto, guardandolo mentre si toglie la felpa e se ne infila subito un'altra, lasciandomi poco tempo per esaminare il suo torso nudo.

«Ecco, un'altra cosa che devo ricordarmi dire a Nahuel: prendere il biglietto di Fede che dovrebbe essere nel suo appartamento» si guarda allo specchio, sistemandosi i capelli velocemente.

«Perché? Fede non viene?» aggrotto le sopracciglia, un po' sorpresa dalla mancanza dell'argentino.

«No, è tornato in Argentina per le feste» si toglie i pantaloni, saltellando per la stanza per sfilarseli completamente e facendomi ridacchiare di quanto sia buffo.

«Oh, mi dispiace, lui sì che mi stava simpatico» mi getta i suoi pantaloni addosso, facendomi ridere ancora più sonoramente.

«Tutti i miei amici sono simpatici, stronza, sei tu l'anatroccolo nero qui dentro» gli faccio il medio proprio mentre si sta allacciando i pantaloni della tuta sui fianchi.

«Ti ho mai detto che adoro quando ti metti quei pantaloni?» gli chiedo, osservandolo forse un po' più del dovuto.

«No, non me l'hai mai detto» si siede sul letto, prendendo le scarpe da ginnastica da un angolo della stanza e infilandosele, per poi maneggiare con i lacci.

«Ah no? Forse perché si vede tutto» enfatizzo l'ultima parola, facendogli capire la mia allusione.

«Smettila di essere così allusiva! Chi sei tu, e dove hai buttato Fe Jazmín?» mi prende per le spalle, scuotendomi e facendomi ridere sempre più sonoramente.

«Sono sempre io, nessuno mi ha rapito» lo fermo, guardandolo in viso per poi scoppiare a ridere di nuovo.

«Ci vediamo allo stadio?» chiede, il suo volto vicino al mio e le mie labbra pronte a toccare le sue.

«Ci vediamo là» prendo il suo viso tra le mani, lasciandogli un bacio a stampo per poi sorridere come un'ebete.

lollissimo

madonna quanto ho aspettato per aggiornare? mi sembra una vita fa che ho pubblicato lo scorso capitolo!

come vi stanno andando queste vacanze? tutto bene?

il tipo con cui mi sentivo tipo un anno fa e con cui non mi sento più o meno da giugno mi ha appena invitato al suo diciottesimo. non so se ridere o piangere.

fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo e della storia in generale!!

ciaone♥️⛷

¡Mala Mía!paulo dybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora