18- Primo (vero) giorno da ragazza alla pari

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Oggi è lunedì, il mio primo giorno da ragazza alla pari. Sono contenta di andarmene dall'ostello perché, a parte il fatto che i tedeschi mi guardavano male ogni volta che li incrociavo in corridoio, sento proprio il bisogno di stabilirmi in una casa e di smetterla di dormicchiare una notte in un hotel e quella successiva in un ostello.

Mi sono alzata circa un'ora prima della sveglia, visto che la mia eccitazione per questa nuova avventura sta letteralmente esplodendo dentro di me e non riuscirei a stare un minuto in più a letto nemmeno se potessi. Dopo una doccia veloce, indosso un maglione pulito e un paio di jeans, mi pettino i capelli e mi trucco un po'. Dopodiché infilo lo spazzolino, il collutorio e il mio asciugamano nella valigia e la richiudo definitivamente, trascinandola poi giù in corridoio e giù dalle scale. Non vedo l'ora di smetterla di portarmi dietro la valigia ogni due per tre; difatti provo quasi un sollievo fisico quando scendo dalla metropolitana e raggiungo la deliziosa casetta della signora Wilson. Lei mi apre la porta con un sorriso contagioso stampato in viso, tanto che mi ritrovo quasi inconsapevolmente a sorriderle a mia volta. Mi aiuta a portare nella mia stanza la valigia, poi mi domanda se ho voglia di fare colazione visto che sono appena le otto della mattina. Mi ritrovo così seduta al tavolo di cucina con un croissant alla nocciola e una spremuta davanti a me. La signora Wilson, seduta di fronte, sta finendo di sorseggiare il suo tè.

- Allora, Chiara.- comincia a dire, appoggiando la tazza sul sottobicchiere con un tintinnio.- Beth ed Edward stanno ancora dormendo. Sono a casa da scuola fino alla settimana prossima, quindi avrai la possibilità di conoscerli bene in questi giorni. Visto che io dovrò andare al lavoro fra poco, vorrei che quando si svegliano li aiutassi un po' a fare i compiti. Sono bambini molto educati e riservati, non dovrebbero disturbarti troppo.

- Non c'è problema, signora Wilson.

- Per qualunque problema non esitare a chiamarmi.- aggiunge, sistemandosi i morbidi capelli bruni dietro alle spalle.- Per quanto riguarda le faccende domestiche, mi farebbe piacere se lavassi i piatti a pranzo, visto che non sarò a casa, mentre la sera posso occuparmene io. Se riuscissi anche a passare l'aspirapolvere verso sera mi faresti un grande piacere. Per il resto fai pure quello che ti senti, ormai questa è diventata anche casa tua.- esclama facendomi l'occhiolino.

- È perfetto.- annuisco, finendo di bere la spremuta.

- La paghetta invece è di novanta sterline alla settimana. Va bene se te li consegno ogni lunedì?

- Assolutamente sì, grazie mille.

Sono un po' sorpresa, se devo essere sincera. La paghetta sarebbe dovuta essere di ottanta sterline.

- Perfetto, allora stasera ti consegnerò la tua prima paghetta.

Detto questo, mi dà qualche dritta su qualche gioco da fare con i bambini dopo i compiti e su cosa preparare per pranzo. In realtà oggi devo solo scongelare ciò che ha già preparato lei per loro, quindi non c'è nessun problema. Prima di uscire di casa, mi ripete che se voglio guardare un po' la televisione, riposarmi o fare qualche piccola faccenda domestica sono libera di farlo e si raccomanda di nuovo di chiamarla semplicemente Abbie.

Sembra che tutto ciò che mi è andato male ultimamente mi si stia ripresentando cambiato di segno. Sacrifici e bocconi amari non sono mancati, soprattutto in questi ultimi giorni, ma ora sono finalmente pronta per ricominciare e stavolta lo farò davvero, lo devo a me stessa. Basta con drammi inutili, è il momento di rialzarsi una volta per tutte, smetterla di vacillare, stabilizzarsi sui propri piedi e rivolgere il viso verso il sole. Non ci si può aspettare di andare avanti né se si continua a buttare un occhio al passato, né se si continua a tenere basso lo sguardo, prestando attenzione solo alla propria condizione attuale e senza alzare il volto verso ciò che l'universo ha in serbo per il nostro futuro.

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Beth ed Edward si sono svegliati poco dopo che Abbie se n'è andata. Dopo colazione si sono messi a fare i compiti in salotto. Verso le undici hanno chiuso i libri e abbiamo giocato insieme ad un gioco in scatola fino all'ora di pranzo, quando mi hanno aiutata a preparare la tavola. Sono dei bambini adorabili; un po'- giustamente- introversi all'inizio, ma una volta presa un po' di confidenza si sono mostrati entrambi molto curiosi e interessati a quello che ho raccontato loro riguardo all'Italia. Mi hanno persino aiutata a sparecchiare e, mentre io lavavo i piatti, Beth li asciugava ed Edward li riponeva nella credenza.

Nel pomeriggio mi hanno chiesto se potevano andare in giardino per fare un pupazzo di neve. Ho accettato a patto che rimanessero fuori solo mezz'oretta, perché temevo che si prendessero un malanno. Li ho aiutati a modellare il corpo del pupazzo e ho aggiustato la testa che pendeva un po', poi ho scattato una foto ai bambini ai lati del pupazzo, tutti imbacuccati nei loro giacconi, orgogliosi e sorridenti e l'ho mandata ad Abbie.

Quando poi siamo rientrati in casa, Beth ed Edward hanno voluto guardare i cartoni animati, così io ne ho approfittato per andare in camera a sistemare la valigia. Riporre nell'armadio i miei vestiti e sistemare tutti gli altri effetti personali mi ha portato via più tempo di quanto pensassi. Difatti ho appena finito ed è già ora di cena. Prima di andare in cucina per salutare Abbie, che nel frattempo è ritornata a casa con una confezione di pollo fritto per cena, mando un breve messaggio ai miei genitori per avvisarli che mi sono trasferita a casa della signora Wilson. Bea, invece, non mi scrive da giorni e le sue risposte al telefono sono sempre monosillabiche, così rinuncio a chiamarla stasera. Anche se lo nega ogni volta che glielo domando, ho come l'impressione che mi stia nascondendo qualcosa.

Au-pair Girl// Blake Richardson New Hope ClubWhere stories live. Discover now