02/01/2019

124 29 8
                                    

Una curiosità che forse non tutti sanno su Francis Scott Fitzgerald e la moglie Zelda Sayre:

La grande Zelda. Alla fine degli anni Venti, Zelda scrive con una certa continuità, e Scott pubblica questi pezzi a proprio nome, pur con il permesso di Zelda e l'avvallo di Harold Ober, l'agente di Scott. Il motivo era di ordine pratico: a nome Fitzgerald si potevano ottenere compensi molto più cospicui. Con quei soldi Zelda rinsaldava la sua indipendenza, pagandosi le lezioni di danza.

Per il biografo Jeffrey Mayers è indubitabile che Fitzgerald abbia usato materiale di Zelda (parti dei diari, lettere, discorsi, episodi) già a partire da Di qua dal paradiso). Zelda aveva talento, uno strano modo di associare le idee. Edmund Wilson ne era incantato: «Ho conosciuto poche donne capaci di esprimersi con tanta deliziosa freschezza. [...] I suoi discorsi evaporavano in un baleno».

Nel 1922, all'uscita di Belli e dannati, Zelda dichiara a una giornale: «Ho riconosciuto in una pagina un passo di un mio vecchio diario, scomparso misteriosamente, e stralci di mie lettere. Il signor Fitzgerald a quanto pare pensa che il plagio inizi a casa».

Il loro è un gioco di rimandi e accuse vertiginoso. «La scuola Fitzgerald è evidente», dice una volta al marito. «Però io sono più estatica, forse troppo. Visto che non sono capace di inventarmi qualcosa di diverso dalla reiterata serie di "disse", l'ho enfatizzata à la Hemingway ma in base alla mia pena».

(testo tratto da Sarà un capolavoro, Leonardo G. Luccone)

On Writing - [1/8]Donde viven las historias. Descúbrelo ahora