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Fermò un taxi al volo e aiutò Agathe a salire, le mise accanto il trasportino di Arabella e salì dall'altra parte.
"Vedrai Agathe ti divertirai un mondo a Pittsburgh."
"Mia cara io mi sto già divertendo. Questo è il primo Natale che passo in compagnia da quarant'anni."
Moon sorrise e attese che l'autista terminasse con i bagagli.
Aveva avvertito sua madre di preparare la stanza degli ospiti perché portava la vicina e anche che lei arrivava più tardi.
Purtroppo non era stato possibile trovare un altro posto libero sullo stesso volo così aveva ceduto il suo ad Agathe e per se aveva prenotato il volo dopo. Sarebbe arrivata all'incirca alle undici di sera ma non importava, tanto sua madre le aveva assicurato che sarebbero andati a prenderla.
Quando Agathe partì richiamò sua madre per avvertirla che la vecchietta era partita e che di lì a poche ore sarebbe stata a Pittsburgh.
Le raccomandò di non sommergere la poverina di domande e sua madre si indignò, tipico.
Restò in aeroporto a gironzolare per i negozi, prese dei regali che mancavano e un panino.
Quando finalmente giunse l'ora del suo volo si era annoiata a morte, aveva perso il conto dei caffè bevuti ed era nervosa.
Sapeva che al suo arrivo niente sarebbe cambiato da quando cinque anni prima era partita.
Sua madre perennemente impegnata a fare torte e biscotti per questo o quell'evento, suo padre con la fedele rivista 'Astronomy' sotto il braccio e gli occhiali, un paio poggiati sulla testa e un paio appesi al collo, Venus in cerca perenne di uno specchio e un blocco di appunti dove appuntare idee e spunti per gli eventi da organizzare. E poi c'era Nick forse l'unico che la ascoltava, che viaggiava sulla sua stessa lunghezza d'onda, che rubava pezzi di torta o biscotti a sua madre, prendeva in giro Venus nelle sue pose da diva e chiedeva a suo padre se durante la notte era spuntato un nuovo pianeta. Nel tempo libero lavorava in un azienda come consulente e poi allenava i piccoli della squadra di hockey.
Durante il volo non riuscì a chiudere occhio, colpa di tutto il caffè che aveva bevuto .
Aveva osservato le luci di New York scomparire alla sua vista e adesso osservava dall'alto Pittsburgh.
Sospirò pesantemente e iniziò a pregare in latino anche se non ricordava una sola parola.
Appena il portellone dell'aereo si aprì un vento gelido si insinuò all'interno e Moon maledisse la competizione con sua sorella.
La gonna che portava era troppo corta e le gambe le si erano gelate ancor prima di scendere.
Si strinse nel cappotto e si accinse a uscire dall'aereo, nel piccolo aereoporto secondario di Pittsburgh ancora erano agli antipodi e doveva fare un centinaio di metri per raggiungere il gate e recuperare le valigie. Di certo se avesse prenotato lei avrebbe scelto un volo di linea che atterrava all'aeroporto internazionale dotato di tutti i comfort, ma sua madre era dedita al risparmio e all'ultimo minuto non aveva trovato di meglio.
Un fischio di apprezzamento la fece girare, il cappotto si era alzato con il vento e aveva mostrato le sue gambe lunghe e ben modellate.
Un uomo sulla trentina forse, con cappello con visiera la salutò e le fece un sorriso niente male, solo che lei non era interessata.
Continuò a camminare e pregò tra se che suo fratello o suo padre fossero già arrivati.
Almeno all'interno era riscaldato.
Allentò la presa sul cappotto e scostò i capelli dal viso, avrebbe almeno potuto ricordare che il freddo di Pittsburgh era micidiale e mettere una sciarpa.
Si guardò intorno ma non vide nessuno, andò ai nastri e attese l'arrivo delle valigie.
"A quanto pare prima o poi ritornano."
La voce profonda e divertita alle sue spalle la fece rabbrividire.
Decise di non girarsi anche a costo di sembrare scortese, non ricordava tutte le facce e non era ne il momento, ne il luogo e neanche l'umore giusto per affrontare qualcuno.
"Cos'è l'aria della grande mela ti ha dato alla testa? Ricorda che salutare è sempre forma di educazione."
A quel punto si sentì punta sul vivo e non potè fare a meno di girarsi perdendosi le sue valigie che passavano proprio in quel momento.
"Senta.."
Rimase a bocca aperta.
Il tipo appoggiato alla colonna proprio dietro di lei era ...era wow.
Alto, ben proporzionato, con un accenno di barba e gli occhi chiari. Ma quello che più l'aveva colpita era la camicia a quadri e il berretto che portava in testa, era lo stesso che aveva apprezzato le sue gambe fuori dal gate.
"Dicevi?"
Moonshiny deglutì e si sentì sottoposta a lungo esame sotto lo sguardo penetrante dell'uomo davanti a lei.
"Dicevo? Oh si giusto. Mi spiace ma non ricordo tutti, mi scusi signor?"
La domanda rimase sospesa tra loro perché il tipo in quel momento si spostò dalla colonna e avanzò verso di lei avvicinandosi pericolosamente.
Moon deglutì ancora.
Ma restò basita quando lui si avvicinò a tal punto che i loro visi quasi si sfioravano, la sua acqua di colonia le invase le narici, e la superò per andare a prendere un pacco sul nastro!
"Se non ti ricordi chi sono allora ci sarà da divertirsi. Ci si becca in giro Moon. Ah, le tue valigie sono già passate. Ciao splendore."
Cosa?
Le sue valigie erano già passate?
Accidenti a lui e alla sua ...alla sua ..ohh al diavolo!
Perse un ora di tempo per convincere l'uomo che era al recupero bagagli smarriti che lei era appena arrivata e aveva bisogno delle valigie perché c'erano i medicinali che doveva prendere.
Una piccola bugia che però le fece recuperare la valigie.
Quando uscì fuori dall'aeroporto ancora non si era fatto vivo nessuno della sua famiglia e questo la mandava fuori di testa perché non solo sua madre si era presa la briga di prenotare il volo e decidere quando farla partire ma si erano anche dimenticati di andare a prenderla in aeroporto, faceva un freddo cane ed era quasi mezzanotte.
"Ehi Cenerentola hai bisogno di un passaggio?"
Ancora quello zotico.
"Ehi dico a te, so che mi hai sentito Campbell quindi potresti essere più cortese e rispondere."
Moon si girò stizzita a guardare il pick up che forse camminava a spinta, di sicuro era un recupero di guerra.
"Grazie ma di sicuro qualcuno della mia famiglia sta per arrivare."
L'uomo fece un sorriso sghembo alzò entrambe le mani in segno di scuse poi ingranò la marcia e andò via.
Moon rimase lì con le valigie a terra vicino ai suoi piedi ghiacciati aspettando invano che arrivasse qualcuno. 
Dopo una mezz'ora i suoi nervi erano arrivati allo stremo, prese il telefono è chiamò casa, come era logico non rispose nessuno, quindi chiamò suo fratello.
"Moon? Cristo sorellina ma sai che ore sono?"
"Non chiamarmi sorellina sono nata solo cinque minuti prima. Alza il culo e vieni in aereoporto a prendermi, non ho deciso io di venire a Pittsburgh con così largo anticipo e il minimo che potevate fare era ricordarvi di venirmi a prendere. Muoviti!"
Riattaccò il telefono e lo gettò in borsa.
Questa volta sua madre aveva davvero esagerato, dimenticarsi di mandare qualcuno a prenderla.
Ma ci avrebbe pensato lei a fargliela pagare.
Quando finalmente suo fratello arrivò era davvero stanca, infreddolita e arrabbiata.
"Ce ne hai messo di tempo, cos'è hai trovato un cervo in mezzo alla strada che non voleva farti passare?"
"Ciao anche a te Luna di Natale. Hai ingoiato un limone?"
Moon lo guardò storto ma non riusciva a stare arrabbiata con l'altra metà di se stessa.
"Imbecille."
"Stronza."
"Mi sei mancato."
"Anche tu sciocchina, vieni quì."
La abbracciò stretta sollevandola da terra.
Suo fratello la capiva, si intendevano con un solo sguardo e condividevano tutto quanto. Dall'abitudine di prendere in giro Venus, al rubare pezzi di torta, bere cioccolata calda alle due di notte, e tante altre cose che agli occhi delle persone comuni potevano sembrare stupidaggini ma per loro significava molto molto di più.
"Cioccolata calda?"
"Oh si ti prego, con doppia panna e un goccio di whisky. Sono un pezzo di ghiaccio. Mamma non ti ha detto che dovevi venire a prendermi?"
Nick alzò gli occhi al cielo.
"Guarda Moon lascia perdere, potessi cambiare casa fino al ventidue dicembre lo farei molto volentieri. E comunque non sapevo del tuo arrivo, sono arrivato a casa circa due ore fa e sono crollato sul letto tutto vestito."
Salirono sul pick up e Nick alzò la temperatura per farla riscaldare un po'.
"Lavoro?"
"No. Avevo portato i pulcini a prendere confidenza con una pista da hockey vera. E siamo tornati più tardi del previsto. Tu invece che mi racconti? "
Moon guardò il paesaggio innevato fuori dal finestrino, anche se a New York nevicava spesso, aveva ragione Darlene. Le campagne di Pittsburgh e dintorni con la neve nel periodo natalizio erano un paesaggio da copertina.
"Mah niente di che Nick. Le solite cose. Ho lavorato a un progetto per una coppia, blasonato e benestante lui, tirchia, vecchia e rompiballe lei. Alla fine siccome voleva rientrare in un budget considerando nel tutto anche il mio lavoro le ho consigliato di recuperare le scatole vuote dai negozi e mettere su l'arredamento per la sua casa. A volte credo di aver sbagliato lavoro. Tu invece?"
Nick scoppiò a ridere e contagiò anche lei.
"Sei la solita. Un arredamento con le scatole deve essere fico. "
"Non girare intorno alla mia domanda fratellino ."
Lo vide fare una smorfia.
"Cos'è ora che Venus si accasa anche a te sta venendo la fissa di vedere tutti accasati? Già c'è mamma. "
"Tranquillo che non divento la tua ombra, ti sto solo chiedendo come va la tua vita non quando ti sposi. A proposito di sposare  ma chi diavolo è che sposa Venus e la sopporterà per il resto della sua vita?"
Nick tornò a ridere.
"Luna di Natale quante cose ti perdi lontano da quì. Nostra sorella sposerà Callum Bryton erede della Bryton e Bryton. I colossi della lana."
"Venus sposa Callumsenzapalle? Oh mio dio!"
Tornarono a ridere finché non arrivarono a casa Campbell, una baita di dimensioni gigantesche interamente costellata di minuscole lucine. Quando erano piccoli lei e Nick suo padre aveva preferito trasferirsi a Pittsburgh per farli crescere all'aria aperta, così aveva acquistato e ristrutturato quella vecchia fattoria distrutta e l'aveva trasformata in una gigantesca baita dotata di tutti i comfort.
Il giardino che nei mesi estivi era verde e rigoglioso con i suoi cespugli di sempreverde ora era una grande distesa bianca interrotta da omini di legno, renne, folletti e elfi.
"Ehi, mamma partecipa alla gara di luminarie?"
"E a te chi l'ha detto?"
Moon spalancò gli occhi.
"Sul serio? Davvero partecipa al concorso? Oh cavolo."
"Tutto questo è niente Moon, domani mattina, cioè tra poche ore costringerà papà a riempire la staccionata del vialetto di luci."
"Povero papà. Ok dai andiamo a prepararci la cioccolata calda che ho urgente bisogno di un letto."
Quando entrarono in casa un profumo di cannella e pan speziato le invase le narici, segno che sua madre era stata indaffarata a preparare dolci.
Nick mise su la cioccolata e lei tolse il cappotto e tagliò due fette di torta al cioccolato .
Meno male che a casa dai suoi ci stava pochi giorni all'anno altrimenti sarebbe diventata una balena.
Consumarono la cioccolata e la fetta di torta facendo il bis, poi tolsero la prova del crimine.
Moon sbadigliò e si stiracchiò.
"Nick vado a dormire . Tu non mi hai visto intesi?"
"Tranquilla sorellina che di sicuro ci rivedremo a pranzo sogni d'oro Luna di Natale."
Le diede un bacio sulla fronte e uscì dalla porta della cucina che dava sul retro poiché lui da tempo dormiva nell'ex capanno degli attrezzi, era stata lei stessa ad arredarlo.
Salì le scale e raggiunse la sua stanza che prima divideva con Venus.
Tolse le scarpe chiuse la porta a chiave e si infilò nel letto sotto i caldi piumoni tutta vestita, era troppo stanca per cercare un pigiama.
Quando riaprì gli occhi si sentì frastornata, il cellulare si era scaricato e quindi non sapeva neanche che ora fosse.
Si alzò e andò in bagno, si fece una lunga doccia e lavò i capelli.
Ritornò in camera e aprì l'armadio, non aveva portato via granché e considerato che aveva anche perso peso non c'erano problemi.
Prese un pantalone caldo e un maglione di lana a collo alto, si vestì e poi si asciugò i capelli castani che arrivavano a metà spalla.
Era giunto il momento di affrontare sua madre.
Aprì la porta della stanza e si affacciò in corridoio, nessuno in vista.
Un profumo di patate arrosto le ricordò che era a digiuno dal giorno prima.
Scese le scale e grazie agli stivali di pelliccia che le tenevano i piedi caldi nessuno la sentì scendere giù.
"Mi chiedo che fine abbia fatto, è la solita. Le avevo detto di non darmi buca eppure lo ha fatto senza pensarci su due volte. Io proprio non so più che fare con lei. "
"Lorraine ti ho detto tante volte che la nostra Moonshiny è uno spirito libero. Arriverà quando più le aggrada e casa nostra sarà sempre aperta. E poi lasciali respirare ormai sono grandi."
Sua madre si stava lamentando con suo padre, meno male che quel santo uomo sapeva come farla ragionare, a volte.
"Bhe grazie tante papà per fortuna che ci sei. Mammina cara sapevi che arrivavo ieri sera alle undici e l'unica cosa che ti avevo chiesto era di mandare qualcuno a prendermi. Ma indaffarata come eri te ne sei dimenticata. Ora non dare la colpa a me. Piuttosto dove è la mia ospite! Spero non vi dispiaccia che io l'abbia portata quì ma non ha nessuno e passa le sue giornate in compagnia di gatti."
Suo padre la abbracciò e la tenne stretta come quando era bambina.
Poi anche sua madre la salutò anche se imbronciata come al solito.
"No che non ci dispiace tesoro. Hai fatto bene, nessuno deve restare da solo a Natale. Comunque quella simpatica signora stamani è uscita con zia Prue. Spero solo che ritornino integre."
Moon sorrise , anche se zia Prue era un pò fuori di testa e pensava che le macchine potessero andare alla velocità che ognuno riteneva più opportuna era sicura che sarebbero tornate intere, almeno lo sperava.
"Noël tesoro mi dispiace che tu sia tornata in taxi."
"In taxi? Mamma sembra che tu abbia dimenticato che qui non siete a New York e che avete solo cinque taxi in quel buco dove mi hai fatto arrivare e che da mezzanotte in poi non lavorano più. Ho chiamato Nick."
Prese una tazza e si versò del caffè.
"Ma io ero convinta che saresti tornata con Simon."
"Chi diavolo è Simon?"
"Simon Cornwell, ti ricordi di lui? L'ho incontrato l'altro giorno da Morrindal quando sono andata a fare la spesa. Ne parlavo con Justin del tuo arrivo e Simon ha detto che ti avrebbe accompagnata lui quì. Doveva andare anche lui in aeroporto."
Moon riflettè un attimo sulle poche persone che erano ad attendere al gate e non si ricordava della presenza di Simon.
"Io di certo non l'ho visto. E poi mi avresti anche potuto avvisare. "
La madre le rivolse un occhiata scettica.
"Perché se te lo avessi detto tu avresti accettato di tornare a casa con lui? Non credo proprio Noël. "
Moonshiny alzò gli occhi al cielo.
"Come ti pare mamma. Dov'è la futura sposa? E che c'è per pranzo ? Ho una fame."
Alzò il coperchio della pentola che era sul fuoco e annusò lo spezzatino di maiale .
"Metti giù quel coperchio signorina. Raccontami un po' che stai combinando a New York . Hai trovato un buon partito? Ma stai facendo dei pasti decenti? Sei magra, smunta e grigia."
"Uuhm si mamma anche tu stai una meraviglia."
"Non essere scortese Noël. Io non so più che fare con te."
"Mamma non devi fare niente. Devi solo lasciarmi vivere."
"Mammaaa"
"In cucina Comet."
Appena entrò Venus Comet sembrò che sua madre si illuminasse proprio come se nella stanza fosse entrata una cometa.
"Oh ciao Moon, ah che bello sei arrivata. Non vedo l'ora di raccontarti tutto. Sei ingrassata?"
Ecco,Venus era quanto di più angelico e odioso messo insieme nella stessa persona.
Non che Moon la odiasse, anzi stravedeva per sua sorella, ma il più delle volte avrebbe di sicuro usato un cuscino per soffocarla.
"Ciao Stella Cometa, anche io ti trovo magnificamente e sono contenta di vederti."
Il tono era dolce e sarcastico e sapeva che sua sorella odiava quel nomignolo.
"Ti odio!"
"Venus!"
Suo padre la rimproverò perché non voleva ci fosse attrito tra loro.
"Ma papà mi ha chiamata Stella Cometa."
"È il tuo nome tesoro."
"Lasciamo stare la questione nome! Potevate scegliere dei nomi normali."
Moon sorrise e ingoiò un sorso di caffè bollente.
"E su questo non potrei essere più d'accordo."
Venus le sorrise di rimando.
"Però Moon e Nick mi prendono in giro e io mi chiamo Venus Comet non Stella Cometa."
"Ma tesoro, Venus è sempre una stella."
Venus alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
"Lascia stare. Allora sorellona che si dice a New York?"
"Il solito Venus. Nessuna nuova. Tu invece a quanto pare devi raccontarmi un bel pò di cose eh!"
La vide arrossire, segno che evidentemente Callumsenzapalle le aveva seriamente rubato il cuore anche se lei non si spiegava come.
C'erano parecchie cose da sapere ma prima di tutto doveva calmare il suo stomaco. Le novità su Pittsburgh potevano aspettare dopo pranzo.

Un amore sotto l'alberoWhere stories live. Discover now