Capitolo 5 "Mi manca così tanto..."

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Capitano a volte incontri con persone a noi assolutamente estranee, per le quali proviamo interesse fin dal primo sguardo, all'improvviso, in maniera inaspettata, prima che una sola parola venga pronunciata. Emma credeva nelle sensazioni a pelle, nel colpo di fulmine, nell'istinto; credeva in tutto ciò che il suo corpo sceglieva prima della sua testa.

La ragazza aveva ancora gli occhi incatenati in quelli della bruna, non voleva interrompere quel contatto magico. Per la prima volta, dopo tanto tempo, le farfalle nello stomaco, che erano scomparse dopo l'incendio, rinacquero; ne furono ancora di più. L'emozione di sentire nuovamente il suo cuore ridere, era meravigliosa.
La bionda non credeva nell'amore a prima vista, lo considerava una pura sciocchezza, ma si dovette ricredere; quando il suo sguardo vagò tra la folla e incontrò la mora, sentì quel calore nel petto, quella bellissima emozione che farebbe sentire bene chiunque. Ma lei non era chiunque.

-Emma, ma cosa fai? Non ti imbambolare! Scendi con noi!- mormorò Mary Margaret cercando di tenere sempre il sorriso stampato sul volto. -Emma!- la richiamò.
-Eh? Cosa? Si, ora vengo...- le rispose mugolando sua figlia. La voce della madre la fece tornare alla realtà, ma la ragazza preferiva viaggiare nel suo mondo, quello in cui solamente poche persone avevano accesso; in quel momento la bionda giurò di aver trovato la giovane a cui dare la chiave della porta della sua isola fatata e del suo cuore.
Emma voltò di nuovo il suo sguardo verso il punto in cui c'era la mora, ma era sparita. Con lo sguardo basso, scese il secondo, poi il terzo, il quarto... fino ad arrivare all'ultimo scalino, salutò gli invitati con la mano finché non sentì pronunciare il nome della famiglia successiva, così, con i suoi genitori, si avvicinò al tavolo dei dolci.
-Emma, perché ti sei distratta per le scale? È successo qualcosa?- chiese la madre mettendo una mano sulla spalla di sua figlia.
-Mary Margaret, basta di preoccuparti per lei... ha vent'anni... sarà stata impressionata dalla folla. Guarda...- disse David indicando con la mano il centro del grande salone. -...ci saranno a occhio e croce mille persone, è la prima volta che viene con noi.- aggiunse.
-La prima e l'ultima.- lo corresse la ragazza, mentre osservava ogni viso presente nella sala per cercare il volto che davvero le interessava. -Io non ho voglia di mignon, torte, zuccheri e roba varia, vado a vedere se trovo August... magari posso passare il tempo che rimane con lui.- disse, con lo sguardo ancora rivolto altrove.
-August? Chi è? Un tuo nuovo amico?- domandò il padre facendole l'occhiolino.
-Papà, hai appena detto che ho vent'anni e che non dovete preoccuparvi per me e sei il primo che vuole sapere con quali ragazzi esco?- domandò, spostando, finalmente, lo sguardo sui suoi genitori. -Comunque si, è un mio nuovo amico... se così si può chiamare. Magari conosci i suoi genitori, se non ricordo male suo padre lavora in una fabbrica di cappelli... sulla testa ce ne ha uno così particolare. Sarebbe impossibile non riconoscerlo!- esclamò ridendo.
-Non credo di conoscerlo... in ogni modo, puoi andare. Ci vediamo più tardi principessa.- le rispose David.
-Stai attenta!- aggiunse Mary Margaret al alta voce, ma ormai la bionda era già andata.

Emma decise di uscire fuori, sul piccolo balcone; la luna era ancora più bella di qualche ora prima... le ricordava tanto Neal, il suo primo amore. La ragazza gli diceva sempre che somigliava al nostro satellite; ha due facce, ma ne mostra solo una, quella migliore, l'altra è colma di cicatrici create dai fantasmi del proprio passato... esibiva solo la parte felice.
Si appoggiò al muretto e cominciò a cantare la melodia che dedicava sempre al ragazzo che tanto amava. Una lacrima solitaria le rigò il volto, il suo viso era impassibile. Non mostrava emozioni, anche se dentro le grida le stavano corrodendo l'anima. Cominciò a singhiozzare e si nascose tra le sue mani, mentre la luce argentea le cadeva ai fianchi.
Si sentì abbracciare da dietro, non importava chi fosse, voleva solo una spalla su cui piangere. Si voltò , riconobbe August... si lanciò tra le sue braccia e adagiò la sua testa nell'incavo del collo del ragazzo.
-Emma... perché piangi? Stai tranquilla, ci sono io. Guardami... anzi no, rilassati.
Piangi, sfogati sulla mia camicia nuova da seicento dollari, non fa nulla... esiste la lavanderia.- disse il brunetto accarezzandole i lunghi capelli dorati.
-Smettila di fare lo sciocco!- esclamò con le labbra poggiate sul suo colletto. -Ti ho sporcato la camicia... scusami.- mormorò sorridendo.
-Ah, tranquilla... ho già detto che esiste chi lava questa roba. La cosa brutta sarà dirlo a mia madre, è stato un suo regalo.- le rispose, spostando la sua mano sulla schiena della ragazza. -Stai tranquilla va bene? Non so cosa ti stia facendo piangere ma passerà, anche questo passerà...- aggiunse, dandole un bacio sulla fronte pallida.
-Passerà...- ripetè la bionda facendo un lungo sospiro. Si spostò dalla spalla del ragazzo e si rimise in piedi, composta. -Mi succede quasi ogni notte August, non ce la faccio più. È successo tempo fa, io e il mio fidanzato eravamo ad una festa... stavamo festeggiando il compleanno di una nostra amica, Ashley. Stavamo bevendo tanto alcool, in sala da pranzo tutti insieme, eravamo circa una decina di persone. Io e Neal, il mio... insomma hai capito, ci eravamo allontanati per stare un po' insieme in riva al lago; la villa di questa nostra amica si affacciava proprio sulla distesa d'acqua. Ci stavamo baciando, lui era di spalle alla casa... sentimmo delle urla, io aprì gli occhi e trovai la casa in fiamme. Cominciai a gridare e Neal si precipitò dentro, io cercai di fermarlo... ma lui era più forte. Riuscì a portare in salvo sei persone... lo stavo aspettando alla porta, mentre gridavo ed i vicini si avvicinavano in panico. Di lui non c'era traccia, avevo ancora la speranza che sarebbe tornato da me, tutto si sarebbe aggiustato e ne sarebbe uscito con qualche ustione. Mi sbagliavo August, non sai quanto. Entrai di corsa nell'abitazione di Ashley... ricordo ancora l'odore intenso di fumo. Lo trovai inerme sotto un pezzo di legno che gli schiacciava le gambe, mi buttai su di lui e lo scossi ma non dava segni di vita. Tossì per l'ultima volta... morì tra le mie braccia. Sentì l'ultimo respiro uscire dalle sue labbra per poi lasciarmi lì, da sola. Avrei voluto morire ed andare in cielo con lui, mi manca troppo, August. Non ce la faccio più. L'incubo è persistente... non se ne va più. Vorrei tanto aver sognato per tutto questo tempo e risvegliarmi con lui al mio fianco. Ma questa è la realtà ed io non riesco...- spiegò piangendo.
Il ragazzo non perse tempo e strinse Emma tra le braccia.
Rimasero in quella posizione per minuti interi, ma la bionda continuava a singhiozzare con la consapevolezza di non rivedere mai più quel sorriso che le rubò il cuore fin dalla prima volta.

You were my angel ➳ swanqueenWhere stories live. Discover now