CHAPTER 29: Hector

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‍‍‍‍‍‍‍‍‍‍‍‍‍‍‍‍Un puntino rosso continuava a lampeggiare sull'enorme schermo della sala di controllo di Hector, sul quale era proiettata una grossa mappa. Lo scienziato era seduto su una sedia girevole, davanti a lui un tavolo attaccato direttamente alla parete sulla quale si trovava il grosso monitor. Si portò una tazza alle labbra, sorseggiandone il caffè amaro che vi era al suo interno.
Deadpool era un avversario forte e lui aveva deciso di non sottovalutarlo.
Per questo, si era messo in contatto con il suo ultimo cliente, Daniel.
L'uomo gli aveva detto che non ne voleva sentir parlare del mercenario, dato che non era nemmeno riuscito a compiere la missione che gli aveva assegnato, ma aveva cambiato presto idea dopo che Hector gli aveva promesso un prototipo del suo laboratorio, un oggetto che lo avrebbe reso ricco, se in cambio lui avesse riassoldato Deadpool e avesse messo un localizzatore nei soldi che gli avrebbe consegnato a fine missione. Daniel aveva accettato e i soldi erano stati da poco consegnati come da piano. Finalmente ora lo scienziato sapeva dov'era diretta la giovane.
Doveva solo attendere il momento giusto per colpire e sapeva esattamente quando sarebbe stato.
Ancora un po' di pazienza e tutto sarebbe andato come doveva andare.
Guardò le scartoffie davanti a sè e lo sguardo gli cadde su una foto che teneva in un angolo del tavolino, rivolta verso il basso. Allungò una mano verso la cornice e l'alzò.
La fotografia rappresentava una donna dai lunghi capelli neri e gli occhi color prato che teneva in braccio un bambino avvolto in una piccola coperta bianca. Sorrideva guardando l'uomo che l'affiancava. Un signore che la stringeva a sè con un braccio attorno alle sue spalle, un sorriso smagliante e gli occhi azzurri rivolti verso la fotocamera; la mano libera districata fra i suoi capelli color sabbia, scompigliati. In basso c'era una scritta in penna dalla calligrafia minuta e ordinata, seguita da una data. Hector lesse quella dedica.
"Dopo nove lunghi mesi, sei nato finalmente. Ti amiamo piccolo Harvey."
Il suo sguardo si focalizzò sulla grossa crepa che divideva il vetro della foto.
Era passato così tanto tempo dall'ultima volta che li aveva visti...che aveva visto i suoi genitori: Violet e Victor Price.
Ormai non erano più in vita ma lui li ricordava ancora; ricordava ancora tutto vividamente.
Come dimenticare? Non ci sarebbe riuscito nemmeno se avesse voluto.
Guardando il viso dolce della madre gli venne in mente quella notte, anni fa, quando la neve sull'asfalto fece perdere al padre il controllo dell'auto.
La macchina aveva sbandato pericolosamente sulla strada ghiacciata, uscendo dalla carreggiata e finendo nel bosco che la fiancheggiava andando a sbattere con violenza contro il tronco di un grosso albero. La neve sull'albero aveva investito la loro vettura, il cofano si era accartocciato, come un sottile foglio di carta, contro la corteccia e il parabrezza si era rotto in mille pezzi.
La madre era morta sul colpo.
La cintura non era riuscita a trattenerla e lei, seduta accanto al posto di guida, aveva sbattuto contro il vetro davanti a sè. Il padre, invece, era riuscito a salvarsi. Il colpo attutito dall'airbag e dal volante. Lo stesso era valso per lui, che rimasto stretto fra le braccia della mamma, aveva subito delle ferite ma non aveva perso la vita.

Victor era un dottore che, segretamente, lavorava anche per un laboratorio non autorizzato dalla legge, analizzando i geni dei mutanti. Dopo l'incidente che aveva causato la morte della moglie si ritrovò a dover prendere una decisione ardua per restare in vita. Sia la sua esistenza sia quella del figlio erano a rischio, entrambi erano feriti gravemente e non c'era altro che l'uomo potesse fare se non somministrare a se stesso e al bambino una cura mutante in via di sperimentazione sul quale stava studiando da un po'. Sapeva che avrebbe avuto degli effetti negativi, ma l'unica cosa che gli premeva era salvare le loro vite. Salvare l'unica persona che gli rimaneva, visto che non aveva potuto fare nulla per la moglie. La cura funzionò e all'inizio nessuno dei due ebbe gravi effetti collaterali. Fu celebrato il funerale di Violet e, dopo la cerimonia, in breve, tutti tornarono alle loro vite. Victor riprese il suo lavoro da dottore e Hector, il cui nome all'epoca era Harvey, isolato dagli altri bambini, si appassionò all'unica cosa che gli ricordava la madre: la fotografia. Si appropriò della macchina fotografica che lei utilizzava durante il suo lavoro da fotografa e imparò come funzionasse con il desiderio che ciò che si imprimesse sui negativi di quel marchingegno rimanessero impressi anche nella sua memoria.
Il suo mondo scorreva lentamente davanti all'obiettivo di una macchina fotografica e fu proprio attraverso quell'occhio meccanico che vide per la prima volta le persone che gli cambiarono la vita. Era piccolo, aveva solo quattro anni, quando una coppia si presentò nello studio di suo padre chiedendogli aiuto. I due erano Lydia e Kristopher Mason: fidanzati che non riuscivano ad avere figli ma che preferivano non ricorrere alla fecondazione assistita. Victor propose loro una via alternativa, prescrivendo delle pastiglie speciali a Lydia, da prendere dopo i rapporti con il suo ragazzo, che l'avrebbero aiutata.
Erano pillole che contenevano del gene mutageno. Lydia rimase incinta qualche mese dopo e nelle sale operatorie dell'ospedale di Victor nacque la sua bambina. Per la prima volta da quando li aveva incontrati, Harvey, aveva visto quella coppia finalmente felice. Li aveva osservati mentre, indecisi, sceglievano un nome da dare alla piccola e aveva assistito al momento in cui, alla fine, entrambi con un sorriso stampato sul volto, avevano scelto di chiamarla Kate.
Aveva poi sentito il padre raccomandare loro di tornare ogni sei mesi per dei controlli, dato che probabilmente la bambina sarebbe diventata una mutante.
E così fu. Ogni volta che tornavano vedeva la loro bambina crescere.
Una sera, dopo quattro anni, nello studio del padre si presentò solamente Kristopher accompagnato dalla figlia. Non era mai successo e questo incuriosì Harvey che scoprì, poco dopo, la notizia del divorzio di quella coppia che ai suoi occhi era parsa tanto felice. Kate aveva quattro anni all'epoca, lui otto. Da quel momento il padre della bambina e Victor divennero amici; si parlavano spesso per condividere i loro problemi. Capitava di frequente, inoltre, che Kristopher lasciasse la figlia in ospedale in quanto, per problemi di lavoro, non poteva prendersi cura di lei. E in questi casi Victor chiedeva a Harvey di darle un'occhiata fino al ritorno dell'amico mentre lui lavorava. Contrariamente alle sue aspettative, Harvey si ritrovò ad apprezzare fin da subito la compagnia della bambina, avevano età diverse ma caratteri simili. Entrambi introversi ed esclusi dal mondo. Gli piaceva leggerle i libri e farle vedere come funzionava la sua macchina fotografica. Inoltre, quando poi il padre di Kate tornava, spendeva sempre qualche bella parola nei suoi confronti e gli faceva sempre qualche regalo. Con il passare del tempo tempo il giovane imparò ad affezionarsi molto a entrambi allontanandosi sempre più da Victor, che iniziava ad assumere un comportamento sempre più strano.
Gli effetti collaterali della cura che si era somministrato dopo l'incidente in auto, iniziavano a fare il loro corso e la personalità dell'uomo si era gradualmente divisa in due: una malvagia e una normale. Ma più passava il tempo più quella parte crudele prendeva il sopravvento su di lui. Una sera Harvey andò a trovare Kate a casa sua. Rimasero insieme per un po' finchè non si fece tardi e il bambino non decise di tornare a casa abbandonando la piccola, lasciandola in attesa del ritorno del padre.
Quando tornò nella sua dimora vide tutto buio. Sentì suo padre gridare, vetri rompersi, oggetti cadere e sbattere. Allora lui non poteva saperlo ma Kristopher era venuto a parlare con Victor perchè si era accorto del suo comportamento anomalo e gli aveva portato un antidoto che aveva rubato in una delle sue missioni da mercenario. Era ricercato per questo ma lui voleva dargli una mano.
Era già troppo tardi però.
La parte malvagia di Victor l'aveva trasformato in un mostro, una creatura malvagia senza più alcuna possibilità di redenzione.
Harvey sentì uno sparo. Le sue gambe si mossero da sole correndo verso quel suono orribile e la prima cosa che vide fu sangue. Sangue ovunque.
Il suo sguardo, tremante, si posò su suo padre disteso a terra, circondato da un lago rosso. Sopra di lui Kristopher che lo pugnalava.
Lo accoltellò una volta.
Due, tre.
Poi lasciò che l'arma gli cadesse dalle mani e si voltò notando il bambino.
"Harvey....io..." mormorò.
Il suo volto pallido, gli occhi lucidi.
Harvey non poteva crederci.
Quell'uomo che aveva iniziato a vedere come una seconda figura paterna lo aveva tradito, aveva ucciso suo padre. Pensò che avrebbe ucciso anche lui se non avesse avuto il coraggio di scappare. Quindi fuggì.
Fuggì il più lontano possibile mentre le lacrime gli offuscavano la visuale.
Ma non rimase solo a lungo. Seth, un collega del padre che lavorava nel laboratorio illegale che studiava mutanti, lo prese con sè, ma di certo non per pietà o solidarità nei suoi confronti. Voleva solo che il bambino gli rivelasse i segreti di Victor e più il piccolo rimaneva in silenzio più veniva torturato. Stando con Seth, Harvey, imparò cosa significasse la parola odio, scoprì di avere delle abilità speciali e lentamente si fece strada nel suo cuore l'idea di vendetta.
Improvvisamente, come era successo con il padre, il siero che gli era stato dato da piccolo per non morire, iniziò a far crescere in lui un lato oscuro che non voleva altro se non essere soddisfatto con il sangue.
La prima persona che uccise fu Seth, poi seguirono una scia di altri cadaveri che lo portarono a guadagnarsi il rispetto e la paura dei capi del laboratorio di mutanti del quale, presto, assunse il comando.
Decise di cambiare il suo nome con un altro che gli ricordasse quello del padre. E fu così che da Harvey iniziò a farsi chiamare Hector. Cercò Khristopher ovunque, per ucciderlo, ma invano. Dopo la notte dell'omicidio di suo padre era scomparso nel nulla. Un giorno di due anni fa, le sue guardie gli dissero che un intruso si era introdotto nel laboratorio con l'intento di ucciderli, ma che con un po' di fatica erano riusciti a fermarlo e catturarlo.
Incuriosito disse loro di portargli lo sconosciuto e dalla porta della sua stanza entrò Kate. La spinsero dentro la camera e lei cadde in ginocchio sul pavimento freddo, le mani legate.
Hector fu sorpreso nel vederla. Era cambiata, cresciuta ed era ancora bella come la ricordava, se non di più. Le quattro mura che lo circondavano erano svanite quando la giovane aveva alzato lo sguardo su di lui facendo annegare il ghiaccio nei suoi occhi in un mare tinto di nocciola.
Il cioccolato nelle sue iridi era infuocato dall'odio, sentimento che Hector conosceva bene. Non c'era traccia nei suoi occhi del passato che avevano condiviso insieme: la ragazza non aveva riconosciuto in lui il giovane con cui giocava quando era piccola. Hector avrebbe voluto slegarla, annunciarle la libertà e rivelarle chi era veramente.
Ma poi vide che indossava una collana con una targhetta grigia.
Su di essa le iniziali: K e M.
Un flash annebbiò la sua mente e ricordò il giorno in cui aveva visto Kristopher regalarle la collana per il suo compleanno quando era venuto a prenderla dall'ospedale di Victor per portarla a casa. Le aveva detto che gliela donava perchè entrambi avevano il nome con la stessa iniziale e gli avrebbe fatto piacere che lei la tenesse come ricordo di lui anche quando non ci sarebbe stato più.
E da quel momento in poi Hector non aveva visto giorno in cui Kate non avesse indossato quella dannata catenella.
Guardò la giovane inginocchiata sul pavimento e in quel momento pensò a quanto assomigliasse al padre. Stesso colore di capelli, stesso carattere...per un attimo gli sembrò quasi di rivedere Kristopher davanti a sè.
Le strappò la collana di dosso e consigliato dalla sua parte malvagia la fece rinchiudere in una cella.
Se non avrebbe potuto vendicarsi sul padre, avrebbe sfogato la sua rabbia su di lei.
Magari un giorno Kristopher sarebbe venuto a salvarla e per lui sarebbe stata la fine. L'arrivo della ragazza come prigioniera nel laboratorio fu ciò che divise nettamente la personalità di Hector in due parti. Un lato di lui voleva stare con lei come in passato, l'altro voleva semplicemente ucciderla. Tutte le volte che le si avvicinava, però, era il suo lato peggiore ad avere il sopravvento su di lui quasi come se quello fosse l'unico modo in cui si sarebbe potuto sentire appagato dal vuoto che sentiva nel petto quando pensava a ciò che aveva dovuto subire dopo la morte del padre per colpa di Kristopher. Un vuoto alimentato dal pensiero che Kate non sarebbe mai stata sua e che i suoi sentimenti sarebbero dovuti rimanere soppressi in un angolo del suo cuore sempre più avvolto dalle tenebre del male. Andava da lei ogni giorno ma quando le voleva parlare finiva sempre e solo per giudicarla e maltrattarla. Ogni carezza che avrebbe voluto farle si trasformava in un abuso, ogni gesto in una tortura.
Non riusciva a essere se stesso.
Perdeva il controllo e si trasformava in un mostro senza senno. Disperato, aveva deciso di iniettarle uno speciale tipo di droga che l'avrebbe fatta diventare più potente ma che avrebbe anche fatto perdere i poteri a chiunque le fosse stata accanto. Così, finalmente, avrebbe potuto stare insieme a lei senza doverle per forza fare del male. Lei avrebbe annullato i suoi poteri, la sua parte malvagia, e sarebbe diventata un'arma per il suo laboratorio fruttando loro un sacco di soldi. Sapeva che sarebbe tornato a essere cattivo non appena si fosse allontanato da lei ma non ne aveva l'intenzione. Sapeva fossero malati ma i suoi sentimenti valevano qualcosa, non poteva continuare a reprimerli, e sebbene il suo animo tentennasse e ancora non sapesse se  ciò che sentisse fosse affetto o amore l'avrebbe sicuramente scoperto presto, quando l'avrebbe riavuta con sè.

Hector aprì un cassetto della sua scrivania e ne tirò fuori una scatola.
Tolse lo scotch che la sigillava e guardò dentro. Al suo interno c'era la collana di Kate, la vecchia macchina fotografica della madre e alcune foto.
Ne prese una e la osservò. Ritraeva lui e la ragazza dai capelli rossi che giocavano insieme. Oltre a lei, non c'era rimedio per quel lato oscuro che lo controllava e che ormai stava prendendo il sopravvento su di lui.
Suo padre ne era stato la prova.
O Kate o la morte.
L'uomo ripose la fotografia nella scatola e rimise tutto al suo posto nel cassetto.
Non avrebbe dovuto attendere molto.
Ancora un po' di pazienza e tutto sarebbe andato come doveva andare. Tutto sarebbe tornato come prima.
Un sorriso si allargò sul suo volto.
- Sto venendo a prenderti Kate. -

~

Note:

~ I don’t feel a thing
(Non sento nulla)
I’m not the kid that I used to be
(Non sono più il ragazzino che ero)
I’ve grown into a man
(Sono diventato un uomo)
They just don’t know the other half of me
(Loro semplicemente non conoscono l'altra parte di me)
What I really am
(Ciò che sono veramente)
When I look at myself in the mirror
(Quando mi guardo allo specchio)
I can see clearer
(Lo vedo chiaramente)
I’m nothing but a monster
(Non sono altro che un mostro)
You can see it in my eyes
(Lo puoi vedere nei miei occhi)
And I don’t think I can hide what I am
(E non penso di poter nascondere cosa sono)
Anymore
(Non più) ~

*Monster ~ Fight the Fade*

Il passato di Hector è un importante pezzo del puzzle che compone la mia storia e, come avete potuto vedere, si incastra con il vissuto di Kate. Questo capitolo è un po' più lungo del solito, lo so, ma consideratelo delle scuse per la ristrettezza di quello precedente.
Le vocine di Wade mi hanno fatto sentire in colpa...(◞‸◟)
Allora, cosa ne pensate di Hector ora che conoscete il suo passato? :)
Ditemi, ditemi. Io sono curiosa. ;)
Aspetto le vostre recensioni e se avete tempo e gradite la storia, vi chiederei di lasciare una stellina al mio racconto. ✩
Per quanto riguarda la pubblicazione, ho deciso che posterò più volte al giorno ma senza un numero preciso, sicuramente almeno due al giorno sempre.
Anche l'ora non sarà sempre la stessa. Mi spiace non potervi dare dei riferimenti precisi e spero che per voi vada bene comunque. ( ˘•ω•˘ )
Bye bye, miei cari lettori pucciosi.
Ci si vede al prossimo capitolo. :D

❀ 𝑺𝒂𝒗𝒆 𝑴𝒆 ❀《𝒊𝒏 𝒓𝒆𝒗𝒊𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆》Where stories live. Discover now