CHAPTER 13: Memories

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‍‍‍‍‍‍‍‍‍Deadpool parcheggiò l'auto davanti alle porte di un palazzo altissimo.
Kate e Wade erano partiti presto quella mattina, lui le aveva detto di dover sbrigare una faccenda importante. Scesero dal veicolo, vennero accolti subito da alcuni uomini alle porte e scortati in un ufficio nel quale, dietro una scrivania piena di fogli, li attendeva un uomo alto dai capelli grigi e un'aria terribilmente seria con quel suo abito elegante in giacca e cravatta.
- Benvenuto signor Wilson. - disse l'uomo appoggiando le mani sulla superficie della scrivania per poi lanciare un'occhiata interrogativa al mercenario, che alludeva alla presenza, superflua, della rossa nella stanza.
- Lei è la mia assistente. - spiegò Wade e fece cenno al suo interlocutore di proseguire con il discorso, per arrivare all'argomento più importante della loro imminente "chiacchierata". Il motivo perchè lui, anzi loro, si trovavano lì.
- Va bene, sarò spiccio con lei signor Wilson. - l'uomo gli allungò una valigetta nera. Sopra di essa un consistente plicco di fogli.
- Questi sono i suoi soldi. La missione assegnatale è descritta nei minimi dettagli in quelle fotocopie. Tutto quello che deve fare e quello che non deve fare è riportato lì. -
Il damerino rovistò nel cassetto della sua scrivania e infine appoggiò due piccole agendine sulla superficie liscia e lucida della ventiquattrore.
- Quello che sto per chiederle non è obbligatorio. Ma se vuole, le diamo la possibilità di segnarsi qualunque cosa inerente alla missione su queste agende. Una per lei e una per la sua assistente. Non è un compito a casa perciò non le chiederemo di mostrarci ciò che si sarà appuntato. È soltanto un modo nostro per dare un contributo alla sua missione. -
Wade annuì anche se era sicuro che le avrebbe buttate nel primo cassonetto che avrebbe trovato una volta uscito di lì. Non aveva tempo per baggianate come quelle.
Passò a Kate le due agende, prese valigetta e fogli e si apprestò a uscire seguito a ruota dalla compagna.
- Signor Wilson. - la voce fredda del suo cliente lo fece voltare con la mano ancora appoggiata sulla maniglia della porta.
- Le ricordo che quei soldi sono soltanto un acconto. Faccia bene il suo lavoro, sia meticoloso e le farò avere il triplo o anche il quadruplo di quella cifra. Un solo passo falso e si può scordare la paga. Sono stato abbastanza chiaro? -
- Chiarissimo. - rispose il mercenario uscendo dall'ufficio con la ragazza.
Una volta fuori dall'edificio, Wade sospirò e propose a Kate di entrare in un bar vicino, per poter analizzare ciò che gli era stato consegnato e approfittare per mettere qualcosa sotto i denti. La giovane annuì.
Deadpool pensò di cercare un bar che non desse nell'occhio, possibilmente molto frequentato. Se si fossero mischiati tra folla, sarebbe stato più difficile per quello scienziato svitato rintracciarli.

Il luogo dove Deadpool aveva stabilito che avrebbero pranzato si chiamava "Ozone Club". Quella di scegliere un luogo in cui andare a mangiare era stata una decisione davvero ardua. O almeno questo era quello che aveva dedotto Kate osservando l'espressione indecisa del mercenario per almeno un buon quarto d'ora, mentre lui era impegnato a discutere con le sue voci su dove fosse meglio andare. Quando alla fine era arrivato a prendere una decisione lei lo aveva seguito in silenzio anzichè interferire tra lui e i suoi pensieri. Le era sembrato già abbastanza occupato per permettersi di ascoltarla. Una senzazione di fresco l'accolse non appena entrò nel locale, subito dopo l'uomo. Le pareti erano pitturate con pennellate di varie sfumature tra l'azzurro e il blu. I tavolini in vetro, di medie dimensioni, erano color oltremare mentre i divanetti, posizionati ai lati, erano cobalto. La forma e la tinta delle venature sulle vetrate ricordavano le onde del mare. Il posto aveva un'atmosfera soffusa, un non so che di tranquillo, che le ricordava l'acqua che vide in spiaggia una volta quando era piccola.
Ricordava bene quel momento.
Aveva insistito e strepitato tanto perchè suo padre la portasse al mare.
Da quando sua mamma li aveva abbandonati suo papà le aveva spiegato che per loro era più sicuro non allontanarsi da casa, per via dei pericoli che il suo lavoro avrebbe potuto arrecare a entrambi. Era importante che i suoi "avversari", come li chiamava lui, non conoscessero il suo punto debole o le sue cordinate.
O avrebbero dovuto trasferirsi.
Non sarebbe stata una tragedia per lei, non ci avrebbe perso nulla. Non aveva nè amici, nè legami che le permettessero di affezionarsi a quel luogo.
E testardamente aveva pestato i piedi finchè il padre non aveva acconsentito a portarla, un giorno, a vedere quella meraviglia di cui tutti parlavano ma sul quale lei non aveva ancora posato gli occhi.
Non ne era rimasta affatto delusa.
Il mare le piaceva. Tanto.
Era del suo colore preferito e aveva così tante sfumature...
Un po' come lei.
Anche lei era piena di sfaccettature.
Piena di maschere.
Ne aveva una per ogni occasione.
Cambiarle era semplice.
Le risultava difficile però riuscire a toglierle, mostrare il vero volto che si nascondeva dietro di esse.
Ingenuamente si chiese se anche l'acqua del mare avesse un colore tutto suo, che nascondeva mostrando solo le sue varie gradazioni.
L'acqua era anche troppo profonda per lasciare che si intravedesse la sabbia che c'era sul fondo.
Come lei.
Bugiarda.
Troppo occupata a costruirsi una volto falso per non far vedere chi era veramente, per paura di non essere accettata. Quel giorno aveva deciso che non sarebbe stato l'ultimo e quando il padre non c'era si prendeva la libertà di andare a osservare quel mare che le piaceva tanto, che la faceva sentire meno diversa.
Ci andava verso sera, quando c'era il tramonto. Perchè il sole alto nel cielo non le piaceva. Troppo giallo.
Troppo felice.
Detestava il caldo che irradiava, era come se volesse contagiare le persone con il suo calore, renderle felici.
Avrebbe volentieri diminuito la sua luce se solo avesse potuto.
Un sole scuro le sarebbe piaciuto sicuramente di più.
Ma non era male salutarlo al tramonto, quando, finita la sua giornata di duro lavoro, rincasava, lasciando il posto alla sua amica luna. E anche in quel momento, prima di andarsene, era così generoso da regalare colori nuovi al cielo, facendolo diventare un misto di arancio, rosa e viola che donava all'acqua nuove sfumature di magnifici colori che si mischiavano a quelle già presenti di azzurro e blu.
Infine, come se avesse dato tutto quello che aveva potuto, si lasciava annegare, morendo e spegnendosi nelle calme onde del mare.
Nel frattempo la luna aveva lentamente preso il suo posto in alto nel cielo, insieme alle sue inseparabili compagne stelle, e il cielo si era scurito cancellando quelle belle gradazioni di colore sulla superficie dell'acqua. Certo che in tutta la sua vita non aveva mai incontrato nessuno come il sole. Pronto a donare tutto ciò che possedeva al prossimo.
Anche se stesso. Erano atti estremi che secondo lei si sarebbero potuti fare solo se dettati una grande forza...forse quella dell'amore.
Se non ami qualcuno non puoi dargli tutto senza chiedere nulla in cambio, come faceva lui. Non sarebbe stato giusto. Quindi il sole amava la terra e i suoi abitanti. Era l'unica spiegazione che le sembrava logica al momento.
Li amava....
Ma che ne sapeva lei, che di amore ne aveva solo sentito parlare nelle favole?
Bah.
Forse doveva solo aspettare di diventare grande e poi magari i tanti interrogativi che si poneva le sarebbero sembrati una sciocchezza alla quale avrebbe avuto una rapida risposta pronta. Ma ripensandoci ora a distanza di anni, ancora non aveva le soluzioni a quelle domande che aveva accantonato in un cassetto remoto della sua mente.
I suoi occhi si spostarono dai colori della vetrata al cibo davanti a sè.
Era così immersa nei suoi pensieri che non si era nemmeno accorta di essere stata trascinata a un tavolo dal mercenario che aveva ordinato qualcosa per due. Analizzò il piatto. Il cibo da fast food nel suo enorme vassoio bianco contrastava con l'aria leggera e raffinata che le trasmetteva il locale.
C'era della carne (o del pesce, non lo sapeva distinguere con certezza), patatine, un panino farcito con hamburger, insalata e formaggio, e un bicchiere di Coca Cola, rosso con cannuccia.
- Non mangi? - domandò l'uomo di fronte a lei, senza disturbarsi a masticare l'intero boccone che teneva in bocca prima di parlare.
La giovane arricciò leggermente il naso alzando gli occhi dal piatto per puntarli sul volto di Deadpool.
Come sempre, quando mangiava, aveva la maschera alzata soltanto fin sopra il naso. Kate scosse la testa, appoggiò il gomito sul tavolo, piegando il braccio per portarsi una mano a sorreggere il volto, posandola sulla guancia.
- Non sono affamata. - affermò osservando lo strano disegno che le cicatrici formavano sulla pelle dell'uomo. E ancora una volta si domandò perchè non si togliesse mai la maschera. Sapeva che il suo volto era sfregiato, ma non capiva che senso avesse alzare parte di quel dannato tessuto solo quando doveva mangiare anzichè toglierlo completamente.
Che differenza faceva?
- Non ci credo. - ribattè Deadpool in tono risoluto.
- Non ti ho vista toccare cibo da ieri. Avanti, mangia. Non devi finire tutto se non vuoi. -
- Non mi va, davvero. -
- Devo imboccarti? - insistette il mercenario guardandola, mettendo giù le posate.
- Non sono una bambina, Deadpool. E poi non avrei neanche i soldi per pagare questa roba....- disse Kate guardandolo storto per poi indicare il cibo con un gesto del mento.
- Puoi continuare a chiamarmi Wade, se ti va. Ieri l'hai fatto. - disse l'uomo rubandole le patatine dal vassoio con un sorriso. Kate arrossì e voltò lo sguardo verso la vetrata.
- E comunque pago io, tranquilla. Avanti di' "ahh"... - continuò Wade avvicinandole una patatina alla bocca. La giovane lo ignorò.
- Hey, so che questo non è un ristorante gourmet, che la situazione è precipitata e che sei spaventata perchè non hai la certezza di avere un posto in cui andare, ma ti assicuro che ho tutto sotto controllo. Prometto che non ti succederà nulla. Ma tu mi devi promettere che non ti abbatterai. L'hotel più vicino è a quasi 300 km da qui e non sono sicuro che potremo permetterci di fare soste durante il tragitto. -
Che lui si preoccupasse per lei era una senzazione strana e sicuramente nuova ma le faceva piacere.
La ragazza addentò la patatina e sorrise.
- Chi ha mai detto che vorrei mangiare in un ristorante gourmet? Così sarei costretta a indossare un vestito elegante per entrare. - disse Kate facendo una smorfia al pensiero.
- Allora ti ci devo portare, altrimenti non avrò altre occasioni per vederti indossare un abito da sera. - le rispose il mercenario facendole l'occhiolino.
- Se la metti così allora verrò in felpa e jeans, solo per farti un dispetto. -
I due scoppiarono a ridere mentre si dividevano il cibo intatto, rimasto nel piatto della ragazza.‍

~

Note:

Oggi ho voluto cimentarmi nello scrivere un'esperienza del passato della nostra protagonista, Kate. A breve si scoprirà la sua storia e anche quella di Wade.
Se vi va di lasciare una stellina o un commento, ve ne sarei molto grata. :)
Bacioni a tutti e ci si vede alla prossima!
(゚3゚)~

❀ 𝑺𝒂𝒗𝒆 𝑴𝒆 ❀《𝒊𝒏 𝒓𝒆𝒗𝒊𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆》Where stories live. Discover now