CHAPTER 4: No guardian angels

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"Non tutti hanno un angelo custode o qualcuno di cui potersi fidare. E tu, figliola mia, sei una bambina speciale a cui non è concesso il lusso di poterselo permettere. Per questo voglio insegnarti quello che so e aiutarti a controllare e fare buon uso dei tuoi poteri. Voglio che tu possa imparare ad autodifenderti, per proteggere te stessa...e magari un giorno anche le persone che ami."

Kate aprì lentamente gli occhi sebbene la sua vista fosse ancora sfocata. Le girava la testa, si sentiva confusa e non ricordava quasi nulla di ciò che fosse successo prima di perdere i sensi. L'unica cosa che continuava a echeggiarle nella memoria erano le parole che il padre era solito dirle prima che lei lo perdesse per sempre. 
Non lo aveva mai visto morire, sia chiaro. Era semplicemente scomparso dalla sua vita, così come se non ci fosse mai stato. Una sera non era più tornato a casa e rimasta ormai sola, dopo tante intricate vicissitudini, era stata adottata dal nonno Ralph. Aveva spesso creduto che il padre si fosse stufato di stare con lei, così come tutti del resto, e che se ne fosse andato senza avvisare per evitare di doverle delle spiegazioni che giustificassero la sua improvvisa e immotivata decisione. Ma in cuor suo sapeva che il padre premuroso che l'aveva da sempre accudita non l'avrebbe mai fatto e questo implicava l'ipotesi che lui non l'avesse abbandonata di sua spontanea volontà, ma che fosse stato ucciso. Tra le due ipotesi la più accreditata era la seconda, ma lei si ostinava a non volerci credere. Con il tempo, seppur non fosse stato facile, era riuscita a farsene una ragione e aveva cercato di portare avanti gli insegnamenti e gli studi del genitore come meglio aveva potuto. 
Ma tra tutte le “perle di saggezza” che il padre le regalava quella dell' ”inesistenza di un angelo custode” che potesse proteggerla, era la frase che più le era rimasta impressa. Marchiata a fuoco nella mente. Aveva passato notti intere, da bambina, a chiedersi perchè fra tutti, proprio a lei non fosse concesso avere un "vigilante” che avesse a cuore la sua vita. Le faceva male sapere che a nessuno importasse di lei, nemmeno lassù. La sua vita era talmente inutile che se fosse stata viva oppure no, molto probabilmente ai capi superiori non avrebbe fatto la benchè minima differenza. Non che nella vita che conduceva fosse mai stato diverso. In ventisei anni non aveva mai avuto amici. Solo rivali. 
La vista iniziava a tornare normale, le immagini attorno a lei si facevano sempre più nitide. La prima cosa che le si presentò davanti fu il bianco sporco di un soffitto, un colore poco gradevole ma decisamente più confortante del grigio freddo e scuro della prigione in cui aveva vissuto per due interi e lunghissimi anni. 
Solo in quel momento la ragazza realizzò di non trovarsi più nella sua cella. Si alzò di scatto, guardandosi attorno con aria allarmata. Se non era più in gabbia allora dove si trovava? 
Spostò rapidamente lo sguardo dal soffitto alle pareti pitturate con lo stesso color crema e tappezzate da fogli pieni di scritte, un calendario e alcuni poster di donne in costume da bagno. In un angolo c'era una scrivania sul quale era appoggiato un computer, una scatola di pastelli colorati, un blocchetto di fogli e alcuni libri dalle pagine scarabocchiate. 
Il pavimento in legno era costellato da fogli e riviste sparsi in giro.
Un grosso borsone nero decorato con diverse immagini di “Hello Kitty” troneggiava nel bel mezzo della camera. 
Kate si trovava seduta su un letto.
Accanto ad esso c'era un comodino sul quale si vi erano situati un bicchiere d'acqua e un kit del pronto soccorso aperto che conteneva bende, pomate e medicazioni varie. Una sedia vuota di fianco al letto testimoniava che lì c'era stato qualcun altro oltre a lei. 
Il pensiero che quella persona potesse essere Hector o uno dei suoi 
collaboratori la spaventò a morte. 
Fece vagare lo sguardo per la stanza ancora per un po' cercando disperatamente qualche oggetto che le potesse essere utile nel caso le si fosse presentato davanti quello scienziato pazzo da un momento all'altro. Non vedendo nulla di potenzialmente pericoloso da usare, decise di continuare la sua ricerca alzandosi e perlustrando la stanza.
Aprì tutti e tre i cassetti del comodino accanto a lei, non trovando altro che quintali di scartoffie e un paio di scatole di pastiglie. 
Esaminò le confezioni dei medicinali. 
In grande, sul lato frontale delle due scatole, spiccava la parola “Morfina”. 
Kate non potè fare a meno di chiedersi se quella roba le fosse stata somministrata mentre dormiva. In caso contrario avrebbe dovuto prepararsi a fare i conti con un drogato, il che avrebbe potuto facilitare o complicare la sua missione di fuga. Sarebbe dipeso tutto dallo stato di lucidità della persona in questione. La giovane rimise le pastiglie al proprio posto nel cassetto del comodino e una fitta al fianco le ricordò lo sparo che l'aveva colpita l'ultima volta che era stata nel laboratorio. Quando fece per sollevarsi la maglietta e controllare le condizioni della ferita si accorse di non indossare più il suo completo arancione da prigioniera, ma una maglietta più grande di almeno tre taglie color rosso fuoco. 
Perfetto
Il drogato era anche un maniaco che si era permesso di spogliarla senza il suo consenso e di vestirla a suo piacimento quasi fosse una semplice bambola. Sollevò la maglietta e vide che il suo addome era completamente fasciato. 
Fece ricadere l'indumento e si guardò mani e braccia notando che tutte le sue ferite erano state bendate e i lividi stavano assumendo un colore giallastro, sintomo che indicava la loro imminente guarigione. 
Stranita, la rossa si alzò e tornò a guardarsi attorno ma, non facendo attenzione a cosa intralciasse il passaggio, finì per inciampare. 
- Ahia...- si lamentò incrociando gli occhietti neri di “Hello Kitty” che la fissavano incessantemente da sopra il borsone che l'aveva fatta cadere. 
Kate osservò quei due pallini color pece slacciando con curiosità la zip della borsa. 
...BINGO! 
- E' piena di armi! - esclamò la giovane munendosi di una pistola.  
Improvvisamente sentì lo scatto di una serratura e il cigolio leggero di una porta chiudersi, accompagnato subito dopo da un pesante rumore di passi. Passi che sembravano avvicinarsi proprio in direzione di quella stanza. 
La ragazza gattonò e si sedette silenziosamente davanti al comodino con la schiena contro un lato del letto, cercando rifugio in quel nascondiglio improvvisato e impugnando l'arma rubata. Avrebbe voluto scappare, cercare una finestra...una qualsiasi via d'uscita. Se in quel momento fosse entrato Hector, non sarebbe stata affatto pronta ad affrontare di nuovo suo il ghigno. Non sapeva neppure se con lui ci sarebbero state altre persone. Che speranze aveva lei, sola e ferita contro un pazzo assassino come lui?
Le sue mani tremarono al pensiero. 
Il rumore di passi si fermò. 
Kate strinse con forza il manico della pistola, finchè le sue nocche non sbiancarono, preparandosi al peggio mentre la maniglia si abbassava lentamente e la porta iniziava ad aprirsi.

~

Note:

Vi lascio la suspense... ;)
Ovviamente mi attiverò per aggiornare al più presto la mia storia, con la speranza che vi possa piacere.
A mio avviso l'opinione dei lettori è molto importate per l'autore e vi sprono a lasciare un commento al mio racconto, ovviamente se vi va e se avete tempo. Li leggerei e risponderei a tutti volentieri.
Grazie di aver letto, ci vediamo al prossimo capitolo! ٩(・ω・)و
Un bacione a tutti!

❀ 𝑺𝒂𝒗𝒆 𝑴𝒆 ❀《𝒊𝒏 𝒓𝒆𝒗𝒊𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆》Hikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin