OS: "Il fiore nell'abisso" / Enfys Nest

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Personaggi: Enfys Nest
Localizzazione: pre-"Solo: A Star Wars Story"
Genere: introspettivo, angst
Avvertimenti: what if?, menzioni di sangue e violenza ma niente di più esplicito, riferimento ad headcanons personali 

Personaggi: Enfys NestLocalizzazione: pre-"Solo: A Star Wars Story"Genere: introspettivo, angstAvvertimenti: what if?, menzioni di sangue e violenza ma niente di più esplicito, riferimento ad headcanons personali 

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Rosso.

Rosso ovunque.

Sulla sabbia, già di per sé ramata. Sulle tele impolverate delle tende logore. Sugli abiti appesi ai fili ad asciugare. Sui banconi di legno consumato, rovesciati, sfasciati e abbanonati a terra come carcasse.

È il rosso che il nome dell'Alba Cremisi avanza ogni volta sul suo cammino, come un minaccioso vessillo, e le fa da strascico, come un'ombra bieca e lugubre.

Anche gli stracci di nuvole asserragliati nel cielo sembrano schizzi di sangue; lacrime scarlatte che, nella quiete del tramonto, riecheggiano di urla innocenti soffocate senza pietà. Portano il ricordo di vite di uomini, donne, bambini, anziani, tutte uguali davanti alla furia devastante di chi la sete di ricchezza e supremazia ha reso bestia.

Il silenzio incombe come una presenza spettrale su quel che resta dello scontro, mentre un venticello caldo solleva mestamente gli orli delle tende distrutte, decorati con ghirigori dal gusto tribale. Odora di sabbia e un soffocante sentore metallico.

Rosso. Di sangue e di morte.

Lame, bastoni, pentole e altri oggetti giacciono dimenticati sul terreno polveroso accanto ai cadaveri; ognuno di essi ha nelle sue ferite una storia da raccontare. La storia di come è riuscito a concedere un respiro in più a chi sapeva già segnato il suo destino, ma non ha voluto ugualmente rassegnarvisi.

Poi- un insicuro scalpiccio di piedi.

Tra le rovine del suo villaggio, una bambina avanza lentamente. Ha i capelli dello stesso colore di quella sabbia imbrattata, gli occhioni tanto scuri quanto vuoti. Tra le manine fredde stringe una maschera, così grossa e ricoperta di incisioni da fare paura - ma non a lei.

È rimasta nascosta nella sua tenda per tutto il tempo, un tempo che le è sembrato infinito, e ha sentito più di quanto sia concesso ad una bambina di otto anni.

"Sarai al sicuro qui" le aveva assicurato la mamma mentre faceva del suo meglio per nasconderla sotto una grossa cesta. "Qualsiasi cosa accada, non muoverti. E fa' più silenzio che puoi."

"Ma io voglio venire con te!" si era lamentata lei. "È per questo che mi hai allenata!"

"Non se ne parla neanche. Tu fai esattamente come ti ho detto e senza discutere!" l'aveva redarguita la mamma. Poi, con un tono più dolce, aveva aggiunto: "È per il tuo bene."

La bimba si era zittita, anche se con un cipiglio imbronciato impresso sul volto.

Di tanto in tanto, la donna si guardava ansiosamente alle spalle, verso l'entrata della tenda. Dallo spiraglio tra i due lembi, si intravedeva in lontanzana la fitta nube di polvere rossa sollevata dall'atterraggio di un yacht stellare kalevalano.

"Vinceremo anche stavolta, vero Ma'má?"

La madre si era limitata ad abbassare lo sguardo.

Già una volta si erano rifiutati di venire ai patti con l'Alba Cremisi per la tratta del Coassio. Questa, almeno quella volta, non aveva lasciato sangue sui suoi passi, ma neanche il lusso dell'assenza di un prezzo da pagare: la distruzione della Colonna degli Antenati, monumento onorifico consacrato dal susseguirsi delle generazioni, accompagnata dalla minaccia di un ritorno e l'invito a prendere la decisone più saggia per l'occasione.

L'ottica di una punizione ben più severa in caso di una seconda opposizione era chiara e nitida come la superficie di un cristallo Kyber, e l'inferiorità numerica dei rivoltosi e la penuria di armi non andava comunque in loro favore.

Ma nulla di tutto questo era bastato ad estinguere la fiamma che ardeva in loro per il solo fatto di essere ancora in vita. Si sarebbero ribellati ancora, probabilmente avrebbero perso - tutto. Ma la capovillaggio era sicura che almeno il loro sangue non sarebbe andato perduto: avrebbe donato la vita a qualcosa di nuovo. Una ribellione più grande e più forte di quella che grazie a lei era ancora in germe.

E sperava che sarebbe stata proprio la sua piccola guerriera, così giovane ma già così simile a lei, a guidarla.

Mentre gli occhi iniziavano a bruciarle per le lacrime che stava trattenendo, la donna aveva sollevato da terra la sua maschera, emblema della sua armatura da combattimento, e l'aveva messa tra le mani della ragazzina, che subito l'aveva stretta come si farebbe con il più prezioso dei tesori.

La mamma le aveva coperto le manine, già lievemente callose per via dei frequenti allenamenti, con le sue. Poi aveva fatto combaciare le loro fronti e chiuso per un attimo gli occhi, sussurrando: "Ti voglio bene, mio piccolo arcobaleno." (1)

"Che la Forza sia con te, Ma'má" le aveva augurato la piccola prima che si alzasse, impugnasse di nuovo il suo letale bastone electroripper e uscisse dalla tenda.

Ore più tardi, la bimba guarda in terra. Non versa lacrime, è molto forte per la sua età, ma nel riconoscere persone a lei care - tra cui compagni di giochi - in quei corpi martoriati ed insabbiati, vorrebbe guardare altrove, magari in alto, nella spettacolare e placida immensità del cielo del tramonto. Eppure, lì vicino potrebbe esserci la sua mamma e il desiderio di ritrovarla è più forte.

All'improvviso, il suo sguardo si ferma in un punto preciso davanti a lei.

Rimane pietrificata, mentre il vento carezza la pelliccia scura della cappa che copre le spalle di quel corpo senza vita e agita i folti ricci bronzei che contornano quel viso senza più un colore.

La bambina trova il coraggio di avvicinarsi, si inginocchia e appoggia a terra la maschera.

Una goccia solitaria intrisa di sale rotola giù per una delle sue gote brune ed impolverate e indugia nello spazio appena dietro la narice. Poi scende ancora, cade con un tonfo sordo sulla sabbia rossiccia e il lievissimo impatto ne solleva qualche granello.

La piccola abbandona sconsolata la testolina sul petto esanime della mamma, rivestito dalla sua armatura.

"Finché non raggiungeremo l'ultimo ciglio, l'ultimo varco, l'ultima stella, e non potremo salire più in alto."

Sono queste le ultime parole che rimangono sulle labbra della giovane Enfys. Le stesse incise sulla maschera che la madre le ha lasciato. Le stesse che si fermano appena dietro le sue palpebre chiuse dal sonno.

Note:

1) Enfys in gallese significa "arcobaleno" ed è un nesso che ha ragion d'essere nei limiti in cui avevo bisogno di un soprannome affettuoso – possibilmente diverso da "stellina" o la povera Jyn avrebbe potuto offendersi

A/N:

Non ho trovato molte informazioni su Enfys Nest sulle varie Pedias, quindi mi sono sentita molto libera nel menzionare certi dettagli: perdonatemi in anticipo se tra qualche tempo uscirà un fumetto, libro o altro su di lei e questa OS non sarà coerente neanche di striscio con il nuovo canon.

Star Wars || Raccolta One-ShotsWhere stories live. Discover now