Perdonami

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Era pomeriggio inoltrato di una fredda giornata autunnale, quando John decise che era ora, dopo giorni di isolamento, di prendere un po' d'aria.
Indossò la giacca a vento nera, prese il bastone da passeggio che era solito usare per alleviare il dolore alla gamba che Sherlock aveva definito "psicosomatico".
Uscì dal 221b e si incamminò verso il parco più vicino.
Era quasi arrivato ai cancelli del St. James' Park che lo vide.
Era avvolto nel suo nero, il colletto alzato che, insieme agli zigomi alti, gli conferiva un'aria misteriosa; non sembrava che lo avesse notato, così John, credendo di aver scambiato l'ennesimo sconosciuto per il suo amato detective, continuò a camminare a testa bassa.
"John" urlò una voce, una voce a lui familiare, che aveva amato, tanto amato.
Alzò subito la testa e lo rivide, gli stava correndo incontro e, a breve, l'avrebbe raggiunto.
"Sherlock" ebbe la forza di gridare, prima che le lacrime bagnassero il suo volto.
Ora erano l'uno di fronte all'altro, con un rapido movimento del braccio, Sherlock lo strinse a sé e stettero lì, senza dirsi una parola.
Fu lui a rompere il silenzio.
"Perdonami John" disse con la voce rotta dal pianto, "per favore, perdonami..."

Sherlock HeadcanonsWhere stories live. Discover now