Capitolo 17

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Ci svegliammo tutti alla mattina presto, il sole stava per sorgere e il mio cervello era già attivo. Smontammo tutto con calma e ci preparammo alla partenza. Vidi con la coda dell'occhio Luna parlare con uno dei suoi, sapevo cosa stava succedendo, o almeno lo sospettavo.
Successivamente la vidi avvicinarsi a me, e dal suo sguardo intuivo che non era niente di buono.
"Non verrò con te a Polis. Mi dispiace Lexa ma quello non è più il mio posto da molti anni, il mio cuore e la mia anima appartengono ormai a un altro luogo. Spero che tu capisca" mi disse in maniera diretta

"Sei sicura di quello che stai facendo?" Domandai con ancora un barlume di speranza che potesse cambiare idea

"Sì. Il mio unico scopo era farti ricongiungere con la tua ragazza, quindi obiettivo raggiunto!
Ciao Lexa, spero che un giorno ci rincontreremo"
Fece per andarsene ma la richiamai subito, c'era qualcosa che le dovevo assolutamente dire, che in questo mese pieno di avventure mi ero quasi dimenticata: una minaccia più grande di quella che avevamo affrontato già.
Lei mi guardò con un'espressione interrogativa e io non esitai a fornirle subito la risposta.
"Dei miei esploratori hanno scoperto che c'è un chip che si sta diffondendo, una volta che il soggetto lo ingoia, perde il controllo della sua mente e del suo corpo, come se qualcun altro si impossessasse di lui, nessuno ha ancora capito di che entità si sta parlando, quindi vorrei che tu facessi attenzione"

"Hanno mai visto di che forma è questo chip?"

"Sì, è una piastrina di piccole dimensioni con il nostro simbolo sopra: l'infinito"

"Come sarebbe a dire? Non è possibile!"

"L'ho vista con i miei stessi occhi. Credimi, è possibile"

Luna fece per qualche passo indietro, totalmente incredula di ciò che le era stato alle a detto, il cuore andava a mille, le girava un po' la testa, doveva metabolizzare bene le nuove informazioni ricevute.
Passarono cinque minuti e dopo una serie di respiri profondi, la mora decise di dire qualcosa: "se la situazione è realmente questa, allora verrò con voi. Dobbiamo assolutamente scoprire chi o che cosa c'è dietro a questa storia"

Annuì in segno di accordo con lei, finalmente ero riuscita a farle cambiare idea. Il pericolo era reale o almeno lo supponevo, dopo le indagini dei miei esploratori la mia teoria si rafforzava sempre di più, ovvero che la fine era sempre più vicina.
Riguardo a questa situazione complicata, mia sorella, io e gli esploratori eravamo gli unici a saperlo, nessun altro ne era a conoscenza, non avevo detto nulla neanche a Clarke, soprattutto per non allarmarla inutilmente, anche perché da tempo sospettavo che questa sciagura era stata portata da uno del suo popolo ed ero quasi certa che molti di loro ne erano affetti, compresi quelli che erano con noi. Avevo le mie supposizioni e teorie, purtroppo nulla di concreto ma ero decisa di testare e scoprire se queste erano vere.
"Credo che adesso sarai diretta a Polis" mi disse Clarke con un tono interrogativo

"Sì, sono stata fin troppo tempo lontana dalla capitale, devo sapere in quale situazione è il mio popolo, inoltre, se la notizia della mia morte si è diffusa, la situazione si fa complicata. Quindi dobbiamo essere veloci nell'arrivare a destinazione. Verrete con noi?"

"Sì ma dopo temo che ci dovremo dividere. Noi dobbiamo ritornare ad Arkadia, perché come te, dobbiamo controllare la situazione che si è creata"

"Le nostre strade si divideranno ancora una volta allora" affermai con un pizzico di tristezza

Lei sospirò, quasi in segno di rassegnazione.

"Penso che dovremmo rinnovare quella promessa che ci eravamo fatte all'inizio" enunciò, confermando la mia ipotesi

La guardai un po' dubbiosa, non sapendo a quale promessa si stava riferendo, dato che ce n'eravamo fatte tante.
Lei mi fissò per un attimo e poi chiarì subito la mente.
"Parlo di quella che ci siamo fatte quando ero venuta nella tua camera. Siamo sempre sul filo del rasoio e dopo ciò che è successo non credo che sia saggio rimanere insieme in quel senso. Spero che tu capisca"

Sorrisi a quell'ultima affermazione, anche se dentro di me stavo morendo di tristezza. Sapevo i rischi che avevamo corso e che potevamo correre, ricordavo anche di quella famosa promessa che ci eravamo fatte, ero inoltre a corrente di che tipo di situazione ci eravamo messe, ma non avrei mai pensato che nonostante tutto quello che era successo dopo quel giorno, lei volesse veramente rimandare tutto a un domani, un giorno indefinito, oscuro e misterioso, che molto probabilmente non potrà mai venire.

"Perché sorridi?" Mi domandò alquanto stupita

"Perché sei la seconda persona che mi dice che spera che io capisca. E tutto questo in meno di un'ora"

Clarke capì a chi mi stavo riferendo, non era neanche così difficile da indovinare. L'unica persona che mi si era avvicinata in questa mattinata era una sola, la stessa che stava seguendo la conversazione per filo e per segno da quando Clarke si era avvicinata per parlarmi, colei che in quel momento si era allontanata ma mi teneva sotto controllo con la coda dell'occhio e che adesso rivolgeva lo sguardo in un altro punto per nascondere la sua colpevolezza.
Non so se una delle due o entrambe aveva capito il vero significato di quella frase, che apparentemente era innocua ma dietro celava un forte sentimento di amarezza, ero stanca di essere sempre quella che doveva comprendere gli altri e le loro scelte, ero stanca di sottostare ai bisogni degli altri e di dovermi sempre adeguare. Volevo solo un po' di felicità e serenità e le uniche due persone che me lo potevano dare sono le stesse che me lo stavano negando. Ogni volta arrivavo a un punto in cui pensavo di potere avere quello che mi era sempre stato detto che non potevo avere, che non dovevo avere, e ogni volta, ciò accadeva, come se fosse una corsa contro il tempo: inutile ed estenuante.
Ma ora, più che mai, dovevo avere la mente libera da ogni pensiero e preoccupazione, perché qualcosa di grande e terribile stava arrivando e io dovevo essere pronta ad affrontarlo lucidamente.

Our Final Journey Where stories live. Discover now