Capitolo 13

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Il gruppo trovò la grande distesa d'acqua, segno che era a pochi chilometri dal villaggio, sostò per un attimo, giusto il tempo per riprendere le forze e lavarsi un po' dallo sporco accumulato dal lungo tragitto percorso.
Mentre si rinfrescava, Clarke trovò una bottiglia vuota, ricoperta di terriccio, decise di riempirla con la lettera che aveva scritto per poi lanciarla in mare, nella speranza che nessuno la trovasse. In questo modo avrebbe alleggerito il carico emotivo che si portava dentro. Prese il suo zaino e senza farsi notare, tirò fuori il pezzo di carta e lo inserì accartocciato nel contenitore, aspettò che tutti si allontanassero e poi gettò la bottiglia in mare. La squadra proseguì in avanti e una volta arrivati, cercò ospitalità tra gli abitanti del villaggio che si rivelarono più cordiali.

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Trascorsero tre giorni e le ferite di Lexa iniziarono a cicatrizzarsi, la ragazza iniziava a camminare e passava il suo tempo con le persone che si erano stanziati lì. Era un luogo calmo, tranquillo, tutti quanti si conoscevano e si rispettavano, nessuno creava problemi e se ce ne fossero stati, la violenza era l'ultima ad essere usata. Un posto pacifico dove anche lei desiderava stare, dove era sollevata da ogni responsabilità ma soprattutto dove poteva essere se stessa senza vincoli o limiti.
Una realtà parallela alla sua, quasi utopica per lei, ma solo un bellissimo e fantomatico sogno perché non avrebbe mai potuto lasciare il suo popolo senza una guida, un punto di riferimento e di alleanza fra le persone di diversa origine, alla mercé dei loro istinti animali e di protagonismo, non avrebbe mai lasciato che la legge del più forte vigesse, non fin quando era ancora viva, non sotto il suo governo, nonostante sentisse un sentimento contrastante e avesse anche solo in piccola parte nella sua testa l'immagine di lei e Clarke felici in quella struttura galleggiante, lontane dai problemi e dalle più grandi responsabilità, dove quell'ipotesi fatta tempo fa si era avverata e la promessa era stata mantenuta.
Queste riflessioni profonde furono interrotte dalla docile voce di sua sorella, che la chiamò per informarla di una questione.
Ella entrò in una stanza e vide la sorella seduta tranquillamente su una poltrona.

"Che succede?" Domandò immediatamente la comandante senza provare a leggere l'espressione criptica di Luna

"Chi è Clarke?" Tagliò corto, ignorando la domanda appena ricevuta

Lo sguardo della sua interlocutrice si fece più cupo con una punta di confusione.

"Ti ho fatto una domanda sorellina" ribatté al silenzio sospettoso della sorella

"È una persona. Molto importante per me" rispose in modo conciso e sicuro

"Non mi domandi come faccio a sapere il suo nome?"

"Non so di cosa tu stia parlando" mentì spudoratamente la mora

"Non sottovalutarmi sorellina, così mi offendi. Ho perso così tanti anni della tua vita, che ti ci vorranno altrettanti anni per raccontarmi tutto" disse, sorridendo.
Luna si alzò dalla comoda poltrona e si avvicinò lentamente al lato destro della sorella e le poggiò sulla mano un pezzo di carta spiegazzato per poi sussurrarle all'orecchio una frase che fece immobilizzare la Heda e che la scosse abbastanza: "Le mie più sincere condoglianze per Costia".
Aveva troppe domande per la testa e inoltre non riusciva a metabolizzare il fatto che sua sorella sapesse tutto. Come faceva a sapere della morte di Costia? Come conosceva Clarke e il rapporto che aveva con lei? Cosa conteneva quel foglio stropicciato che le aveva dato? Perché glielo aveva dato? Perché non ha continuato a farle domande? Cosa esattamente voleva ricavare da questa breve ma intensa conversazione?
Domande a cui voleva risposta il prima possibile, si dilaniava dalla voglia di sapere, perciò iniziò dall'unica cosa a cui aveva immediatamente accesso, ovvero il pezzo di carta rovinato. Lo aprì facendo attenzione a non strapparlo, nonostante fosse abbastanza danneggiato, e poi lesse ogni singola parola che era scritta all'interno.

Cara Lexa,
Non passa giorno senza che io ti pensi, sei sempre nella mia testa e nel mio cuore, perderti è stato orribile ma perderti senza dirti addio è stato devastante.
Avrei voluto dirti tante cose se solo ne avessi avuto l'occasione, ma per qualche scherzo del destino, le nostre due strade si sono divise senza neanche avere l'opportunità di prevederlo.
Avrei voluto stringerti tra le mie braccia per l'ultima volta, sentire il tocco e il calore delle tue labbra che mi infiammavano dentro, guardare quei bellissimi smeraldi e imprimere nella mia mente quello sguardo che solo tu mi sai dare, così espressivo e incantevole, caloroso e confortante. Sei stata l'unica ad amarmi per ciò che sono, a sostenermi nelle mie decisioni nonostante alcune fossero sbagliate, ad insegnarmi come superare il dolore dopo una perdita, anche se non so come farò a superare la tua. Sei sempre stata al mio fianco, anche quando ti detestavo, non hai lasciato che il mio rancore ti allontanasse. Sei sempre stata la più razionale tra le due e per questo, anche se non te l'ho mai detto esplicitamente, voglio che tu sappia che sei perdonata, ti perdono per avermi abbandonato, perché so che era la giusta decisione da prendere.
Mi dispiace di averti coinvolto in questa folle avventura, avrei dovuto darti ascolto quando mi dicevi di lasciar perdere, avrei dovuto farlo, ma la mia testardaggine mi ha fatto fare il più grande errore della mia vita.
È colpa mia se non sei più qui con me, vorrei tanto tornare indietro nel tempo e cambiare le cose, ma purtroppo questo non è possibile, non in questo mondo almeno. Avrei voluto tanto che quella promessa fatta prima di dividerci, fosse stata mantenuta, e anche questa volta la colpa è mia.
Non sono sicura che ti avrei detto tutto questo, ma so per certo che questa frase te l'avrei detta: ti amo, e probabilmente lo farò per sempre.
La tua cara amata, Clarke.

Le lacrime scesero spontaneamente, il cuore accelerò e la mente si svuotò di qualsiasi altra cosa o persona che non fosse Clarke e le parole scritte su quel foglio di carta. La confusione e la curiosità iniziali si trasformò in tristezza e nostalgia, che sussisterono per un po' di tempo poiché la terrestre dovette ancora realizzare e metabolizzare bene ogni singolo vocabolo in nero su quella carta consumata.

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