PROMPT: Skysolo, n°3 (R.2)

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Risultato? In silenzio e in preda a mille dubbi sui suoi sentimenti, Han continuava a consumarsi e a logorarsi per il fatto di sentirsi messo da parte in quel modo da Luke, dopo quello che aveva fatto per lui. In quei giorni non aveva accumulato altro che rabbia e rimorso -- per qualcosa che, tra l'altro, per una dannata volta non era neanche avvenuto per sua iniziativa.

Per non parlare del fatto che a breve avrebbe dovuto levare le tende per ripagare quell'essere immondo di un Hutt; non era concepibile per Han andarsene senza liberarsi di questo peso sul petto, al quale più pensava e più gli sembrava enorme.

Ma ora ne aveva abbastanza: avrebbe aspettato lì e affrontato Luke, a costo di dovergli anche ritoccare i connotati -- più di quanto non ci avesse pensato quel famelico Wampa.

Quando finalmente vide il giovane Skywalker attraversare il corridoio, tutto infagottato nella sua tuta da pilota, Han perse un battito. Tuttavia, prese una sana dose di coraggio, si schiarì la voce e gli si fece incontro.

«Hey, ragazzo,» lo salutò, affiancandosi a lui e stando al suo passo.

Luke deglutì nervosamente, agitato per quel faccia a faccia con il pilota Corelliano che sapeva benissimo essere inevitabile. «Scusami Han, sono di fretta...» si giustificò, già pronto a svignarsela.

Ma Han non voleva farselo scappare questa volta. «Davvero? Peccato!» esclamò, fingendo rammarico, per poi circondargli le spalle con un braccio con falso fare amichevole, «Perché io, invece, avrei tutto il tempo...»

Così dicendo, il Corelliano accelerò il passo e, badando di essere visto da meno persone possibili, spinse il compagno dentro la prima porta automatica che gli capitò a tiro.

«Hey, ma che ti è preso?» esclamò Luke, scosso e un po' spaventato dal comportamento dell'amico, che lo aveva praticamente imprigionato in un'angusta stanzetta adibita a magazzino.

«Non credi sia più giusto che io ti faccia questa domanda?» ribatté Han, appoggiando un pugno alla parete metallica semighiacciata alle spalle del giovane, sovrastandolo con i propri 180 centimetri.

«Ma di cosa stai parlando?» fece Luke, che si ostinava a non capire, quando, in realtà, una mezza idea su che cosa Han intendesse stava iniziando ad avercela.

«Senti,» iniziò quello, appellandosi a tutto il suo autocontrollo, «Un conto è se non vuoi riparlare di quello che è successo là fuori. Ma ignorarmi mi pare esagerato, non credi?»

«Io non ti sto... Ignorando!» ribatté Luke, infastidito dalla scelta di quel verbo, proprio perché, al contrario, rappresentava al meglio la situazione.

«Ah sì? Chissà come mai a me sembra il contrario!»

Il ragazzo, profondamente imbarazzato, chinò il capo, preferendo di gran lunga guardare un punto indefinito in terra che incontrare le fiamme che trasudavano dagli occhi di Han.

«Sono giorni, Luke... Giorni... Che non mi rivolgi nemmeno la parola. E sappiamo entrambi il perché.»

Ed eccome se Luke lo sapeva, quel perché che lo aveva tormentato giorno e notte e che ancora lo stava tormentando. La situazione era molto delicata: il giovane voleva assolutamente chiarire che quello che era successo in quella tenda doveva rimanere nella tenda, ma, al contempo, non voleva ferire il compagno. Per un po', dunque, continuò a non fiatare, cercando nella sua mente assai confusa di elaborare le parole più giuste da utilizzare in quel frangente -- caratteristica, ad esempio, che il Corelliano non possedeva.

Intanto quello, sentendosi offeso dal silenzio prolungato del biondino, fece un sorriso sbilenco, a metà tra l'incredulo e il divertito, e stavolta non riuscì a trattenersi dall'alzare la voce. «Non puoi continuare a fingere che non sia successo niente perchè, indovina un po'? È successo!»

«D'accordo! È successo!» sbottò infine Luke, decidendosi ad incontrare lo sguardo del contrabbandiere per rispondere alla sua provocazione, «E allora? Non rispondevo più di me, le uniche cose che avevo chiare in quel momento erano il puzzo di sangue e i brividi di freddo!»

Subito dopo, il ragazzo si morse un labbro e guardò nuovamente in basso, stupito -- in negativo -- da se stesso: non era questo quello che voleva dire, ma di sicuro Han sapeva come aizzarlo a dovere.

Il pilota Corelliano rilassò i muscoli del viso, trovandosi per un attimo disarmato da quelle ultime parole. Poi fece una smorfia allibita, annuendo ripetutamente. «Okay. Se la metti così... Va bene... Fantastico!»

Ma non diede a Luke neanche il tempo di chiedersi se stava dicendo sul serio che portò sulla parete -- non senza una certa irruenza -- anche l'altro pugno, così che ora la testa del giovane era compresa fra le sue braccia. Nossignore, Han Solo non sotterra l'ascia di guerra tanto facilmente. «Allora guardami negli occhi e dimmi che non vorresti rifarlo.»

Luke si rifiutava di credere che Han volesse arrivare a tanto, ma i suoi caldi occhi nocciola brillavano di una luce che non prometteva nulla di buono; e il giovane, diventato rosso per l'imbarazzo, sfoderò quella poca autorevolezza che gli era rimasta. «Han, ti stai comportando come un ragazzino!»

«Di ragazzino ne conosco uno solo ed è proprio qui davanti a me,» precisò il maggiore, furibondo, «E non è solo un ragazzino... È un moccioso irriconoscente!»

Luke non poté dargli alcun torto; era stato uno sciocco, un codardo, e aveva preferito sfuggire al problema invece che affrontarlo, finendo così per allontanarsi dal suo migliore amico, che tra l'altro gli aveva anche salvato la vita. Gli piangeva il cuore vedere Han così arrabbiato, vedere che quel bacio per l'amico aveva effettivamente significato qualcosa, mentre lui non gli aveva attribuito alcun significato razionale, se non un qualche momento di follia concomitato a delle visioni di Ben Kenobi che gli parlava di un certo Maestro Yoda e di un fantomatico sistema Dagobah.

Ma era stato davvero solo questo? Luke non ne era più molto sicuro ora che si ritrovava così vicino al Corelliano, al suo sguardo così profondo ed impaziente, al suo respiro caldo, alle sue labbra...

«Se è un “mi dispiace” quello che vuoi sentire,» mormorò, pensando così di tagliare la testa al toro, «Allora va bene... Mi dispiace. Ti chiedo scusa.»

Ma Han scosse la testa. «Se proprio devi chiedermi scusa, allora fallo come si deve!»

Fu questione di una frazione di secondo prima che Luke sentisse le sue labbra impedite in qualsivoglia movimento e qualcosa di umido e robusto scivolargli con forza dentro la bocca. Dopo un attimo di smarrimento, il ragazzo chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dal flusso dei suoi sentimenti.

Stava succedendo. Di nuovo.
E, no, non se ne sarebbe pentito.

Perché stavolta era diverso.

Perché improvvisamente aveva la consapevolezza di che cosa volesse davvero. Entrambi l'avevano. I loro corpi stavano comunicando per mezzo di uno stesso linguaggio e i loro cuori battevano all'unisono; ma quello di Luke iniziò a scalpitare un po' più forte quando Han, contro le sue labbra, gli sussurrò: «Potrei anche perdonarti adesso, piccolo.»

BELLINI, LORO

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BELLINI, LORO.

Non so se sia uscito quantomeno decente, ma okay lascio a voi il giudizio...

P.S. Ho bisogno di un Obi-Wan che mi istruisca sulle vie della sintesi.

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