Il coraggio di dire sì

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A volte la vita ti mette di fronte a mattine di primavera che hanno tutta l'aria di portare con sè qualcosa di definitivo e gelido, qualcosa da cui non si può fuggire, come la consapevolezza nemmeno troppo remota che prima o poi avresti dovuto renderti conto che la tua vita matrimoniale è ormai giunta al capolinea.
È a questo che pensa Massimo mentre fissa con occhio critico le due cravatte stese sul letto, indeciso se indossare quella grigia o quella bordeaux, con un piccolo sorriso incerto si accorge che se ci fosse Sara ne sceglierebbe semplicemente una a caso perché..."Tanto tu sei bello, Prof! Ti starebbero bene entrambe!" e lui sentirebbe il cuore un po' più leggero, felice per la prima volta che qualcuno abbia scelto per lui, ma Sara stamattina non c'è, al suo posto c'è Alice che si aggira per casa con una pila di panni tra le braccia, probabilmente destinati a finire sotto le grinfie del ferro da stiro.
Massimo la scorge di sfuggita mentre passa davanti alla porta aperta della camera da letto e si chiede se non sia meglio misurare il coraggio di un uomo dalle parole che non ha pronunciato per anni per evitare di ferire qualcuno, piuttosto che per quelle che ha lasciato scappare per non ferire se stesso.
Nuovamente invoca il pensiero di Sara e vorrebbe tanto chiederle che cosa farebbe al suo posto ma improvvisamente, mentre il suo riflesso nello specchio gli suggerisce l'immagine di uomo che ha tutta l'aria di doversi lanciare nel vuoto senza altra scelta ma sopratutto senza paracadute, si rende conto che lei gli direbbe di non fare il codardo, che potrà anche essere una scheggia di sfrontatezza e irresponsabilità ma è una con cui non si scherza riguardo la purezza dei sentimenti, se la vede già ad alzare gli occhi al cielo nell'inequivocabile espressione di chi sta per perdere la pazienza ed esclamare "Prof, il tuo è ancora un amore che dura una vita? Se non lo è, lasciala andare, non se lo merita!" così, ammettendo per una volta che il pensiero di Sara abbia ragione, decide di lasciarla andare.
"Alice, puoi venire un attimo, per favore?" le dice con la voce tesa di chi ha diritto a pronunciare l'ultimo desiderio prima del calo della ghigliottina, la donna si ferma sulla soglia e poggia la spalla allo stipite "Dimmi!" per la prima volta di fronte a sua moglie, Massimo ha il cuore in gola e non sa da dove cominciare, ma quando fa per aprire la bocca, lei lo ferma con un gesto della mano, a riprova del fatto che una donna certe cose le sente sempre, almeno una decina di giorni prima che accadano.
"Lo so, Max, io so tutto ma ti prego non mi dire che ti dispiace, dimmi che fino a che non ce l'hai più fatta, hai pensato che tutto sommato non sono stata una cattiva compagna, dimmi che fino a che non è arrivata LA distrazione..." e qui marca la voce, in una scia di sottintesi su cui non vuole soffermarsi "...hai pensato che magari con un po' di pazienza saremmo potuti restare insieme per sempre! Dimmelo, ti prego! Sii sincero e me ne andrò senza rimpianti!".
Se c'è una cosa che è sempre appartenuta a Massimo, quella è la sincerità, l'uomo abbassa le spalle, rassegnato "Sarò sincero allora, se è questo che vuoi, se credi che io me ne stia andando per colpa della distrazione, come la chiami tu, ti sbagli, ho fatto il possibile per essere per te tutto quello che avrebbe potuto renderti felice e spero di aver operato bene, ma me ne sarei andato comunque, sai benissimo perché siamo finiti insieme e perché ci siamo rimasti, mi sei stata vicino quando nessun altro capiva quello che stavo passando, quando mia madre mi chiedeva perché fossi così sconvolto dalla morte di una ragazzina che SECONDO LEI conoscevo poco, solo perché non avevo ancora avuto il coraggio di presentarla come la mia fidanzata, io ero solo con il mio dolore e tu eri lì e io ho provato davvero ad amarti, ho provato a convincermi che il nostro matrimonio fosse giusto se rendeva felici le persone che mi stavano intorno e te soprattutto perché te la meritavi quella felicità, ma te la meriti anche ora, e io non posso più dartela..." poi la voce gli si incrina, vorrebbe piangere ma si accorge che i suoi occhi sono terribilmente aridi, a testimonianza di un sentimento che non c'è mai stato, almeno non da parte sua.
Alice annuisce, le labbra strette, neppure lei piange, per il semplice fatto che esistono donne incredibilmente dignitose, al punto da non versare neppure una lacrima neanche quando quello che consideri l'amore della tua vita ti sta dicendo senza tanti giri di parole che non ti vuole più, e forse è stato proprio questo suo essere così dignitosa ed algida a condannarla, una donna forte, così diversa e lontana dalle fragilità di un altro tipo di donna, più casinisita ma decisamente più umana. Massimo la vede voltargli le spalle e andare via, ma prima di sparire Alice lo guarda un'ultima volta "Giura..." gli dice a denti stretti "...giura che non la toccherai, è una bambina, non te lo dimenticare!" Massimo sa che dovrebbe arrabbiarsi per l'affronto, chiederle come si permette e per chi lo ha preso ma sente solo un'enorme stanchezza calargli sugli occhi, guarda altrove mentre lei va via, lasciandolo solo con un terribile senso di impotenza di fronte alle sferzate crudeli che certi avvenimenti ti infliggono senza permesso.

Passa un minuto o forse una vita, Massimo sta ancora fissando le cravatte con occhio assente quando sente una piccola mano calda posarglisi sulla spalla, si volta sorpreso e la vede, ferma in mezzo alla stanza, con i capelli spettinati e sparsi sulle spalle, i colpi di sole scarlatti, freschi di parrucchiere o forse freschi di "self service" dato che Sara odia che qualcuno tenti di farle qualche modifica al look a meno che quel qualcuno non sia lei e lo smalto sbeccato, non è perfetta, ha un tale caos dietro gli occhi verdi e il naso spruzzato di lentiggini che ci sarebbe da diventar matti a cercare di capirci qualcosa ma è vera, improvvisamente Massimo realizza cosa gli è sempre mancato in Alice, cosa non sapeva di aver perso per strada e di stare ancora disperatamente cercando, un aggettivo che accostato alla figura di Sara che va a scuola in jeans strappati  e magliette strette sarebbe quasi una bestemmia, ma che per lui acquista improvvisamente tutto il significato che gli altri non le hanno mai letto in faccia, l'AUTENTICITÀ, Sara è senza veli e per la prima volta Massimo non percepisce quella cosa come una minaccia ma come il pezzo mancante del suo puzzle, un pezzo che va al suo posto con semplicità.
"Che ci fai qui? Non dovresti essere a scuola?" le chiede debolmente, Sara lo fissa in modo indecifrabile, sembra stia decidendo se dirglielo o non dirglielo, poi opta per il sì "Bhe oggi c'era il compito di storia e io non mi sento minimamente preparata, ero passata per chiederti se potevamo fare un ripasso del programma dato che quella sicuro domani mi interroga e ho incrociato la signora sulla porta come una furia, mi ha guardata in un modo, come se non mi avesse mai vista, ma che è successo?".
Anche stavolta Massimo sa che dovrebbe arrabbiarsi, Sara gli ha mentito omettendo il "perticolare" del compito in classe ma, inutile dirlo, ancora una volta non ci riesce, è solo stanco, chiude gli occhi e abbassa la testa, sfinito. Le mani di Sara gli stringono le braccia, è preoccupata "Prof, stai male?" chiede con una leggera nota isterica nella voce, lui scuote la testa e torna a guardarla, chiedendosi come farà a spiegarglielo.
Come farà a spiegarle che ci vuole uno sforzo sovrumano per ammettere a se stesso che quello che provi è un sentimento che assomiglia all'amore e non vergognarsene, come farà a spiegarle quello che sa da tempo ma che non ha mai avuto il coraggio di analizzare, come farà a spiegarle come si sente un vecchio professore scolorito che torna a vivere per la prima volta dopo trent'anni davanti ad una ragazzina che non capirebbe, che forse penserebbe solo di aver conquistato il suo trofeo, che forse...poi si ricorda di chi ha davanti e si da del cretino, ancora una volta l'ha offesa, Sara che merita fiducia anche se tutto quello che traspare è il contrario, la sua piccola Sara, così faccia di bronzo e così dolce, la sua piccola Sara, che non è capace di fare del male anche quando di fare del male ce ne sarebbe assolutamente bisogno, anche solo per non complicarsi la vita.
E così glielo dice, con tutta la forza che riesce a trovare "L'ho lasciata, Sara..." non aggiunge altro e sa che non ce n'è bisogno.
Sara annuisce e ancora una volta sembra leggere nei suoi occhi qualche altra pagina del libro che lui ancora non ha avuto l'ardire di studiare, l'unico su cui lei può vantarsi di avere più conoscenze in materia, quello della sua vita.
Gli tende la mano "Andiamo a fare due passi, ti va? Non fa niente se non vuoi parlare perché non pensi che possa capire, ti faccio compagnia, non disturbo, potrai anche far finta che non ci sono, a me basta starti vicino!".
Per tutta risposta Massimo si siede sul letto, gomiti sulle ginocchia e testa tra le mani "Ho l'impressione di aver fatto un grande errore..." sussurra più a se stesso che a lei, Sara gli si inginocchia davanti e gli prende il volto tra le mani, illuminandolo con la luce di quei due fari selvatici che vanno sempre molto più infondo del consentito senza nemmeno farlo apposta "Lo so, ma puoi ancora rimediare, anche se sono passati trent'anni non è mai troppo tardi per voltare pagina, lo sai?" e quando lui capisce cosa voglia dire, le iridi le lampeggiano di malizia.
Inspiegabilmente Massimo si ritrova a sorridere anche se non c'è niente da sorridere, divertito senza sentirsi in colpa "Tu sei tutta matta!" le dice, Sara sorride "Sarà ma ora come ora hai bisogno di me e io non me ne vado!".
E per la prima volta da quando la conosce, Massimo si arrende, ammettendo a se stesso che non sa se arriverà mai un giorno in cui riuscirà ad alzarsi senza sentire di non poter respirare liberamente senza averla intorno.

Le prigioni di Garibaldi.Nơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ