43-Justin

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Dopo aver rilasciato un lungo e rumoroso sospiro, slaccio la cintura di sicurezza e spengo il motore. Ma ancor prima di avere il tempo di mettere il piede fuori dall'abitacolo, la porta di casa si apre e vedo comparire mia madre sulla soglia della porta, con il suo solito sorriso stampato sulle labbra e lo sguardo amorevole che mi dà il benvenuto.

È come se il suo sesto senso percepisse esattamente chi è che le sta per fare visita, dandole il tempo di decidere come accogliere l'inaspettato visitatore.
Per me ha sempre avuto in serbo una sorta di mezzo sorriso non facile da capire ad un primo impatto, lasciando trasparire felicità nel rivedermi ma anche rimprovero per aver fatto passare così tanto tempo dall'ultima volta.
Ma da quando sono rientrato dalla mia ultima missione sotto copertura il suo sorriso appena abbozzato si è trasformato in uno ampio e luminoso che non lascia più spazio ad alcun dubbio. E credo che la ragione abbia a che fare col fatto che ormai non posso fare a meno di privarmi dalla sua presenza per più di qualche giorno.

"Perché ho l'impressione che tu non stia per darmi una buona notizia?" Indaga, spostandosi per lasciare che io faccia il mio ingresso in casa.
"Non lo so, madre. Cosa te lo fa pensare?" La stuzzico, schioccandole un veloce bacio sulla guancia. In realtà, in un certo qual senso, potrei dire che abbia perfettamente ragione perché, pur non dovendo comunicarle niente di grave, so che non la prenderà molto bene.
"Andrew lavora al ristorante anche questa sera?" Proseguo, seguendola a ruota in cucina.
"Già." Conferma, avviandosi a passo spedito verso il forno, per poi aprirlo e ispezionare la sua apple pie, che rilascia subito un profumo inebriante in tutta la cucina. "Seriamente, Justin, è la prima volta che vieni a trovarmi per due giorni di fila. Questo fatto ha a che fare con quella ragazza?"

Come risposta, scuoto la testa e sorrido mestamente nel vedere il lampo di compassione che attraversa i suoi occhi color nocciola.
Non perde mai occasione per chiedermi di Jen, nella speranza che, grazie a qualche miracolo divino, io sia riuscito a risolvere il casino combinato.
Ma la verità è che non potrei essere più lontano da questo traguardo. Oramai è passato circa un mese da quando l'ho vista l'ultima volta, dopo averle promesso di non cercare di rientrare nella sua vita, a meno che non fosse stata lei a mandarmi qualche segnale.

Inutile precisare che ho aspettato e sto continuando ad aspettare invano. Jen ha preso la sua decisione ed è maledettamente determinata a rispettarla a tutti i costi.

"Mi hanno assegnato un'altra missione sotto copertura." Confesso, restando a guardare come i suoi occhi si riducono a due fessure.
"Quando?" Chiede semplicemente, appoggiando la schiena al bordo dell'isola in granito.
"Inizierò questa settimana stessa." Rispondo in tono neutro, scrollando le spalle con una nonchalance che in questo momento non riflettete affatto il mio stato d'animo.
Stranamente non sono nemmeno lontanamente contento di buttarmi a capofitto in un'altra avventura. Non ho ancora iniziato, eppure conto già i giorni che mi separano dal ritorno alla mia vera vita.

"Dovrebbe essere questione di qualche mese." Proseguo, arricciando il naso. Non mi va di far finta nuovamente di essere un'altra persona per un paio di mesi. Non quando mi sto lasciando dietro un sacco di cazzate non risolte, legate all'ultima volta che ho ingannato un sacco di persone.
"Io non ti capisco." Asserisce mia madre, scuotendo la testa. "Hai trovato una persona per cui vale la pena cambiare il modo spericolato in cui vivi la tua vita o, per meglio dire, smettere di rischiare di perderla continuamente. Ho aspettato a lungo questo momento, pensando che fosse esattamente ciò che ti serviva per mettere la testa a posto. E invece non è cambiato niente. È deludente, sai? Somigli sempre di più a tuo padre. Spero soltanto che non farai la sua stessa fine."
"Jennifer non mi chiederebbe mai di rinunciare al mio lavoro." Rifletto a voce alta, fissando lo sguardo in un punto indefinito. "E non so nemmeno se voglio farlo. Deve essere questa la mia strada, non saprei nemmeno che farmene della mia vita se dovessi rinunciarci."
"Hai già provato a parlarle della tua partenza?" Interrompe prontamente i miei vagheggiamenti.
"Si." Ammetto, abbozzando un sorriso divertito. "Mi ha augurato buona fortuna."
"Oh." Sussurra mia madre, sopprimendo una risata. "Credo che avrei fatto la stessa cosa. In fondo, deve essere ancora molto arrabbiata e delusa, e, soprattutto, si deve sentire ancora tradita."

Concordando con un impercettibile cenno della testa, ripenso al momento in cui ho risentito la sua voce.
È stato letteralmente come risvegliarsi da un lungo periodo di intorpidimento. È stato bello e straziante allo stesso tempo, ma, se non altro, è stata una sensazione diversa dal vuoto che, ormai, mi sono abituato a sentire nel petto.

Non mi aspettavo veramente che mi rispondesse al telefono dopo tutto questo tempo. Ed è stato altrettanto sorprendente sentire il tono gentile con cui ha ribattuto ad ogni mia affermazione.
In fondo, non ho infranto la promessa strappatami in un momento di debolezza. L'ho chiamata, perché è stata la prima persona che mi è venuta in mente di avvisare quando sono uscito dall'ufficio del capitano, ma non ho mai provato ad avvicinarmi a lei. E Dio solo sa quanto avrei voluto farlo.

Ad ogni modo, non credo che la sua improvvisa gentilezza sia un buon segno. Le opzioni sono due: o il suo è soltanto un tentativo di ostentare indifferenza, in modo da nascondere il fatto che è ancora incredibilmente arrabbiata con me; o semplicemente è bastato davvero un mese per rimuovermi completamente dalla sua testa. Nel primo caso, forse posso continuare a sperare che, un bel giorno, mi darà la possibilità di risolvere il casino combinato. Nel secondo, invece, non c'è più niente da fare. L'indifferenza è peggiore della rabbia o di qualsiasi altro sentimento, perché non può essere combattuta. Alla rabbia ci si può aggrappare, la si può aggirare, la si può trasformare in qualcosa di più bello.
L'indifferenza, invece, è come un velo che avvolge e soffoca ogni altra emozione. È inutile cercare di risvegliare l'affetto di Jen, quando ormai è stato soffocato accuratamente.

Ma è un po' troppo tardi per capire quale delle due situazioni faccia di più al caso suo. Sto per isolarmi di nuovo dal mondo, chiudendo in un cassetto tutto quello che potrebbe farmi provare il desiderio di scapparmene a gambe levate.
Egoisticamente spero che col passare del tempo inizierà a sentire la mia mancanza e, chissà, al mio ritorno potrebbe volermi permettere di rientrare nella sua vita. Ma se metto da parte la mia voglia di fare parte a tutti i costi del suo futuro, mi rendo conto che forse non è saggio desiderare che mi perdoni quando non sto facendo altro che sparire per mesi e mesi e ingannare un sacco di persone.

"Promettimi che tornerai esattamente così come sei partito." Asserisce mia madre, dopo un lungo silenzio. "Ho già perso tuo padre, non posso perdere anche a te."
"Promesso." Mi affretto ad accontentarla, anche se, di fatto, non so esattamente cosa mi riserva il futuro.

Potrei portare la missione al termine e ritornare a casa incolume, tormentato soltanto da un paio di ricordi ma perfettamente sano. Però, d'altro canto, potrei anche non tornare mai più.

La mia vita sarà appesa ad un filo invisibile, che potrà essere tagliato da un istante all'altro da chiunque verrà a sapere che sono nient'altro che un impostore.
Questa consapevolezza, sebbene ben ancorata nella mia mente, non mi ha mai dato granché fastidio, perché ho sempre avuto l'impressione di non aver niente da perdere. Eppure, in questo preciso istante mi sembra di buttare via la mia vita quando invece potrei viverla accanto all'amore della mia vita.

Non sono mai partito per una missione con così tanta confusione nella testa. E non ho la più pallida idea di come andrà a finire per me.

N.a
-2 capitoli

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