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Ho chiamato Dylan, anche se ancora non so come ho fatto a dirgli una cosa tanto brutta, ho richiamato olivia dicendo di chiamare subito un ambulanza, se non l'aveva già fatto, ma ora mi sento inutile.

Guardo Cameron che guida preoccupato, ma che posso fare? Che posso dire in un momento come questo?

Per fortuna il tragitto non dura troppo o sarei impazzita su quel dannato sedile.

Comunque pensavo che mi sarei sentita più utile, una volta arrivata da Bella. Sicuramente meno snervante che stare in macchina senza poter fare nulla. Ma mi sbagliavo di grosso: siamo decisamente troppi ne lussuosissimo salotto di Bella.

Lei è sul divano, pallida e sudata, quasi incapace di muoversi: deve farle davvero molto male. Per fortuna Olivia le sta accanto: è incredibile come anche un'arpia come Bella abbia un'amica tanto leale, ma anche io provo una grandissima compassione per lei in questo momento.

Però i fatti non cambiano: non ho la minima idea di come comportarmi. Sono ferma, come Cameron, consapevole che l'unica cosa da fare ora è aspettare l'ambulanza che, grazie al cielo, non ci mette molto a raggiungerci.

Da quando sono a New York ne ho sentite parecchie: qui non è strano essere svegliati dalla sirena di un'ambulanza, dei pompieri o della polizia, una mattina sì e l'altra pure.

Ma non ci ho mai fatto caso: non ho mai pensato di aver bisogno di un'ambulanza qui..

So bene che è un pensiero egoista, ma da quando ho sentito l'ambulanza fermarsi accanto a me, ancora in Italia, ho sempre pensato che i problemi, almeno per un po', sarebbero toccati agli altri; pensavo di essere al sicuro, perché, avevo già avuto la mia dose di sfiga.

E invece eccomi qui a spiegare ad un paramedico quel poco che so sulla gravidanza di una ragazza che conosco solo perché nei mesi scorsi ho pensato più di una volta di prendere a sberle quel suo bel faccino truccato alla perfezione.

Quando, finalmente, mi libero dalle domande a cui non so come rispondere, raggiungo Cameron e Olivia.

A quanto pare lei è abbastanza contrariata perché non le permettono di salire in ambulanza con la sua amica, dal momento che non sono parenti.

"...tranquilla, ti portiamo noi in ospedale. Hai fatto bene a chiamarci." Cameron, gentile come al solito, anche se a volte io sono troppo stupida o troppo cocciuta per capirlo, sta tranquillizzando Olivia, che sta piangendo, visibilmente scossa. 

"Okay.." riesce a rispondere asciugandosi gli occhi, mentre sistema i capelli biondi e scompigliati come meglio riesce dietro ad un orecchio. "...andiamo?"

Mi fa male vedere una ragazza tanto dolce in questa situazione: io di lei ricordo l'avversione iniziale, perché era la sconosciuta ragazza di Cameron, il desiderio di rispettarla fare a pugni con il desiderio di avere Cameron, l'eleganza con cui ha affrontato la fine di una storia.. Ma soprattutto le risate che abbiamo condiviso in quella pazza notte delle sfide organizzata da quel pazzo del professore di ginnastica, quella notte in cui abbiamo legato con persone che non avremmo mai immaginato di frequentare. Proprio per questo, finita quella notte, tutto è tornato come prima e per me Olivia è rimasta solamente l'amica di Bella e la ex di Cameron.

Però non riesco a guardarla stare così male, dopo averla vista felice e serena.

Io cerco di fermarla con delicatezza: "Aspetta, non vuoi portarle qualcosa? Tipo lo spazzolino o un cambio pulito.. o il pigiama, in caso Bella dovesse restare in ospedale per questa notte?"

"Sì, certo, hai ragione. Vado a prepararle la borsa."

"Hai bisogno di una mano?"

Mi guarda con gratitudine e qualcosa mi dice che la notte delle sfide ha davvero cambiato qualcosa, senza che ce ne rendessimo conto: "No, grazie. Ci metto un attimo.."

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