Capitolo 69

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Tutto quello che avevo sempre temuto, si stava materializzando sotto i miei occhi. Erano due giorni che non vedevo, ne sentivo Damon. Tutto era stato rovinato, ma non sapevo se da me o da lui.
Avevo resistito queste quarantotto ore senza cercarlo, nonostante più volte, fossi stata sul punto di farlo, ma poi mi fermavo. Non aveva senso quando lui, era come scomparso.
Dopo un lungo e sfiancante week and, sarei dovuta tornare a scuola. Sfiga volle, che quel giorno fosse proprio il quattordici febbraio, non un giorno qualunque, ma per gli altri, dato che per me, non avrebbe fatto alcuna differenza. Certo, ero innamorata ed in teoria era anche la festa, ma avevo ben poco da festeggiare.
Mi armai di coraggio, tanto coraggio, prima di scendere dal bus, al fianco di una Tate che spruzzava gioia da tutti i pori.
"Stasera Luke mi porta al ristorante", cinguettò, prendendomi sotto braccio. "Non trovi che sia troppo carino?".
"Si, è troppo carino", mormorai cercando di essere felice per lei, lo ero, erano davvero belli insieme, ma diciamo che in quel momento non ero poi molto brava ad esprimere il mio pensiero.
"Oh ma guarda, che dolci", urlò, tirandomi verso un gruppo di ragazzi che si erano messi a dispensare rose per tutte le ragazze che passavano di lì.
"Oh grazie", disse tutta sorridente.
"Grazie", borbottai io, afferrando quella rosa riluttante. Era il mio fiore preferito, in quel momento però l'odiavo. Era deprimente ricevere fiori di massa.
Mi faceva sentire ancor più stupida. Seguì Tate a ruota per i corridoi della scuola, fermandomi al mio armadietto, smisi di fare quello che stavo facendo, quando tre ragazzi, che conoscevo fin troppo bene, uno sopratutto, fecero il loro ingresso e allora, mi sembrò di essere tornata indietro di cinque mesi. Mi girai, nascondendo il viso nel mio armadietto, appena in tempo, quando Damon puntò lo sguardo nella mia direzione.
"Dei bambini di cinque anni l'avrebbero risolta meglio", bisbigliò Tate nel mio orecchio. Strinsi quella rosa fra le mani, mi girai per poter parlare alla mia amica, ma lui, era ancora lì, a parlare con i suoi amici che invece ridevano e scherzavano tranquillamente, a differenza sua, a differenza mia.
I suoi occhi incontrano la mia figura, poi ben presto trovarono le mie mani fra le quali stavo ancora stritolando quel povero fiore e allora il suo sguardo trovò di nuovo il mio. Sembrava infastidito, ma stavolta, ero davvero sicura di essermelo immaginata.
"Devo andare in aula". Dissi.
"Anch'io guarda", sbuffò la mia amica, reggendosi al mio braccio. "Però prima vorrei salutare Luke, ti va di accompagni?".
"Meglio di no", borbottai, liberandomi della sua presa per potermi subito fiondare in aula.
Avevo bramato una sua visita per tutto il week and, ora che l'avevo a pochi passi da me, scappavo via. Tuttavia, neppure lui si era avvicinato e questo, era un altro segnale che man mano stava spezzando sempre più il mio cuore. Stava davvero finendo tutto fra noi? Era bastato così poco? O forse, l'avevo deluso troppo?

Le ore passarono troppo rapide ed io non ero ancora pronta ad affrontare quello che mi attendeva al di là di quella porta. Forse, non sarebbe accaduto nulla, come d'altronde era successo fino ad ora, tuttavia, temevo che le cose si complicassero ancor più.

"Pranzi con noi?". Mi chiese Tate, seguendomi lungo il corridoio, avrei pagato oro per poter sorvolare quel momento e tornare direttamente in istituto, ma sapevo che lei non me l'avrebbe mai permesso, mi aveva persino proposto di dare buca a Luke per stare con me quella sera, ovviamente avevo rifiutato. Non era giusto trascinare anche lei, in quello che erano i drammi della mia vita.

"Si, certo", annuì distratta, mantenendo lo sguardo fisso sulle mie scarpe. Ero circondata da un mare di gente, ma mi sentivo sola, come mai prima d'ora. Quei momenti con Damon, erano stati i più belli e intensi della mia vita, mi ci ero abituata alla sua presenza, alla sua premura nei miei confronti. Si era preso cura di me, ma per troppo poco tempo, ed ora ne sentivo la mancanza, un vuoto incolmabile. Mi misi in fila, come ogni giorno, in attesa del mio turno, non avevo appetito, ma neppure voglia di ascoltare le suppliche della mia amica. Non volevo che gli altri vedessero quanto stessi male, così quando arrivò il mio turno, riempì il mio vassoio fino al limite.

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