Capitolo 50

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"Stasera mi sento buono".
"Cioè?". Chiusi la porta, accendendo la luce. La prima cosa che notai, fu un fagotto rannicchiato a terra.
"Vi lascio il letto, dormo io lì", indicò Krystal che stava già beatamente dormendo.
Era stata una lunga giornata.
"Non ti ringrazierò per questo", precisai, sfilandomi la giacca.
Non mi sentivo in colpa, insomma...non era da me sentirmi in colpa, eppure, mi sentivo strano al pensiero di averla lasciata in questa stanza tutto il giorno. Forse domani, avrei potuto pensare a qualcosa. Forse.
"Non ne avevo dubbi", si stiracchiò, sfilandosi le scarpe per poi gettarle in un angolo della stanza. Lo stesso feci anch'io, levando la maglia e il pantalone per poi sostituirlo con uno più comodo.
"Sembra che le cose stiano tornando al loro posto".
"Potrò dirlo solo quando vedrò mia sorella camminare da sola sulle sue gambe. Poi, penserò ad altro".
"Hai già in mente qualcosa?". Jared era l'unico che mi sosteneva in questo, mentre Thomas, cercava di farmi ragionare su varie ipotesi che a me, sinceramente non ispiravano affatto. Era un anno, quasi due ormai, che meditavo su questa cosa. E andava fatta, doveva pagare a caro prezzo per quello che aveva fatto a mia sorella, a me, alla mia famiglia.
"Questo è il minimo".
"Sai che sono con te".
"Lo so", mi abbassai sulle ginocchia, mettendo poi una mano dietro le sue e un'altra dietro la sua schiena.
Mugugnò qualcosa, prima di poggiare la testa contro il mio petto. Sospirai, portandola a letto, cercando di calmarmi. Forse non era buona idea.
Ad ogni modo, era molto carina quando dormiva.
"Quanto ci sei sotto?".
"Che?". Mi accigliai, scostando le coperte per potermici infilare anch'io in esse. Krystal si mosse, mettendosi sul lato, precisamente nella mia direzione con la guancia schiacciata contro il cuscino, era anche buffa quando dormiva.
"Per lei, quanto ci sei sotto?".
"Sei stato infettato da mia sorella?". Sbuffai una risata nervosa.
"Sono serio".
"Dormi Jared". Sbuffai, poggiando la testa sul cuscino. Era meglio guardare il soffitto, decisamente meglio.
"Ormai l'ho capito, ti piace". Trafficò per la stanza per poi finalmente fermarsi ad un posto. Non risposi, poi una domanda, frullò per la mia testa e non trovai miglior momento per poterla dire.
"Perché non la sopporti?".
Ridacchiò appena. "Perché ti ha cambiato Damon, forse in meglio, ma non so se questo sia positivo o meno".
"Non sono cambiato", sbottai, alzandomi sui gomiti. "Inventati qualcosa di più sensato".
"O sei stupido o sei ceco. Non sei più il Damon silenzioso, quello che ignora tutti gli essere viventi, ma bastava una sguardo per farli cagare sotto".
"Non sai quello che stai dicendo e comunque non hai risposto alla mia domanda".
"Krystal ti ha allontanato dall'obbiettivo principale".
"Non coinvolgere mia sorella nei tuoi problemi mentali".
"Forse hai ragione, ma da quando questa ragazza è apparsa dal nulla, ti sei distratto".
"Non mi sono distratto, mia sorella è qui, dove doveva essere". Serrai la mascella.
"Ho iniziato ad odiare krystal, la prima volta che Charlotte mi ha chiamato in lacrime perché tu non avevi risposto ad una sua chiamata. Pensava che ti fosse successo qualcosa. Tu invece eri con lei", indicò con un cenno del capo la ragazza stesa al mio fianco. "Ma l'ho tenuto per me. Poi queste cose, succedevano sempre con più frequenza, dimenticavi spesso gli appuntamenti con me e Thomas per organizzare quella rapina. Man mano ti stavi allontanando".
"Ho sempre fatto quello che dovevo fare", mi misi seduto. "Stai parlando di mia sorella e sai benissimo tutto quello che ho fatto per lei e anche per te".
Abbassò lo sguardo.
"Questo lo so e non smetterò mai di essertene grato...ma, io la amo Damon e...non ho capito più nulla, prima eri diverso".
"Non è un motivo valido per fare quello le hai fatto", serrai le mani in due pugni ed era strano il modo in cui parlava di mia sorella per me. "Non sono cambiato", misi in chiaro. "E se, mi sono distratto, cosa che non è vera, non dovevi prendertela con lei".
"Lo so", borbottò. "Cercherò di...".
"Non devi cercare, devi proprio lasciarla in pace, sia tu che Piper. Non sto scherzando Jared".
"E poi dici che non ti piace". Ammiccò.
"Mi sono spiegato?".
"Sai non è male, voglio dire...ho sempre pensato che fosse una bella ragazza ma non credevo che avesse questo caratterino".
"Stai rischiando".
"Non ho detto nulla", alzò le mani in segno di resa. "E comunque....mi sono calmato, mi dispiace per quello che ho fatto".
"Non dovresti dirlo solo a me", scoppiò a ridere.
"Ok, ti abbiamo perso. Mi stai per caso dicendo che dovrei scusarmi con lei?".
"È molto generosa, sono sicuro che ti darebbe una seconda possibilità", incorniciai i piedi fra di loro, portando le mani dietro la testa.
"Come l'ha data a te", ammiccò. "Una seconda possibilità intendo".
"Non ti conviene aprire questo argomento", tornai serio. "Se tu non ti fossi inventato quella storia...".
"Lo so", sospirò. "Credo che tu ora abbia capito tante cose di me".
"Questo non vuol dire che approvi". Borbottai.
"Cosa c'è che non va in me?". Spalancò le braccia.
"L'elenco sarebbe troppo lungo ora, buonanotte".
"Oh, almeno hai imparato le buone maniere", ridacchiò. Gli alzai il medio. Spensi la luce, prima di stendermi, mettendomi sul lato.
Sembrava così serena mentre dormiva e forse molti pensavo che Krystal fosse una persona felice, sorrideva sempre, ma io, avevo notato altro dietro quel sorriso.
Krystal aveva paura, paura di qualcosa che non ero ancora riuscito a capire, forse riguardava la sua infanzia, forse qualcosa accaduta di recente, ad ogni modo, quel velo di tristezza che si nascondeva dietro i suoi grandi occhioni blu, io, l'avevo visto.
Portai una mano sul suo viso, tracciando un contorno di questo con le dita. Non sapevo neppure io cosa stava facendo, indubbiamente i progressi di Charlotte, avevano offuscato le mie capacità mentali a tal punto da spingermi a fare certe cose, mai fatte prima.
Pressai le labbra fra loro, quando, infastidita, arricciò il naso, mugugnando qualcosa di a me, incomprensibile. Così continuai, io non avevo sonno.
"Mh", agitò le mani, come se stesse cacciando via una mosca, poi, pian piano, le sue palpebre, iniziarono a muoversi, fino ad aprirsi completamente.
"Damon", sussurrò, strizzando gli occhi. "Sei tornato", disse, sprofondando con la guancia contro il cuscino.
"Vai a letto come le galline".
"Eh?". Inarcò un sopracciglio. "Oh, non avevo nulla da fare", scrollò le spalle, accigliandosi.
"Hai fatto la brava", poggiai il gomito sul materasso per sostenermi. "Ti sei guadagna un posto in paradiso". Ridacchiò.
"Oh, sono davvero fortunata se poi ci sei anche tu".
"Ti stai per caso prendendo gioco di me?".
"Ma ti pare", sbuffò una risata, per poi sorridere davvero. "Jared?".
"Lì", indicai con un cenno del capo quello che ieri era il posto, dove avevamo dormito noi.
"Oh, però un po' mi dispiace".
"Solo un po'?". La stuzzicai, pizzicandole la guancia.
"E dai smettila, mi lasci i segni così".
"Hai messo la crema?", tornai serio, quella cosa mi metteva una tale rabbia dentro, da non riuscire più a ragionare su nulla.
"Si, prima", sussurrò, puntando lo sguardo sul suo braccio. "Il livido sta scomparendo".
"Non ci sarebbe mai dovuto essere".
"Tua sorella come sta?". Le lanciai un'occhiataccia. Non era brava a cambiare argomento con astuzia, come il sottoscritto, anche se ultimamente, ero scarso anche in quello.
"Meglio", sospirai. "Oggi è riuscita a muovere un po' le gambe".
"È una bellissima notizia".
"Lo è", confermai.
"A-anche domani, starai tutto il giorno via?".
"Ti manco per caso?". Ammiccai, quella sera ero in vena di questo. Non sapevo neppure io come definirlo. Forse pazzia, incoscienza, qualcosa del genere.
"Un pochino dai", sorrise. "No, sto scherzando, capisco che tu sia impegnato molto e mi dispiace crearti....".
"Hai dei pantaloni con te?".
"Ehm si, perché?". Sbadigliò.
"Domani metterai quelli".
"Usciamo? Cioè, esco anch'io?".
"Non ti ho mica rinchiusa qui dentro".
"Damon", alzò gli occhi al cielo. "Per una volta che ho cercato di non mettermi nei casini, non fare lo spavaldo con me".
"Apprezzo i tuoi sforzi", mordicchiai il mio labbro pur di non ridere.
"E fai bene, non sarò più così ubbidiente".
"Sei terribile", spostai una ciocca di capelli dal suo viso.
"Pensavo peggio", accennò un sorriso, guardandomi negli occhi solo per pochi secondi.
"Hai sonno?". Scivolai al suo fianco, lasciando cadere la mia mano più in basso, circondandogli la vita. Annuì, poggiando il viso contro il mio petto. Lo faceva con una naturalezza che non avevo mai visto in nessun'altra e questo per un solo attimo mi irrigidì, mi destabilizzò.
"Tu no?". Bofonchiò.
"Per niente".
"Dam".
"Dimmi".
"Ma tu, quando tornerai a Manchester?".
"Fra due settimane credo, ma anche tu...".
"No, io non posso".
"Te ne vai prima?". Perché?
"La Morris sa che sono a Londra fino al prossimo lunedì, poi devo tornare. Pensavo che Thomas te lo avesse detto".
"Non lo ha fatto", serrai la mascella. Avrei dovuto far un lungo discorso anche con lui. "Comunque, troveremo un modo".
"Per far cosa?". Alzò il capo, guardandomi dal basso con mille domande che i suoi occhi stavano urlando, ma non la sua bocca.
"Non lo so", sospirai. Ero stra convinto che Krystal sarebbe rimasta con me fino alla fine e che saremmo tornati a Manchester insieme, ero spiazzato ed ora, non sapevo darmi una spiegazione al fatto che fossi agitato come un ragazzino al primo appuntamento, ma in senso negativo, in questo caso.
"Dove andiamo domani?". Domandò, continuando a guardarmi curiosa.
"Non ho mai detto che domani saremmo usciti".
"Non tentare di fregarmi Cooper", mi puntò un dito contro. "Mi hai detto di mettere i pantaloni...".
"Quelli si possono mettere anche per stare in casa, invece che tenere sempre le gambe di fuori".
"Cosa hanno le mie gambe che non vanno?". Corrugò la fronte. Era adorabile.
Un attimo, che cazzo avevo detto?
"Oltre al fatto di essere corte?".
"Ma...", sbuffò. "Beh tranquillo, fortuna che c'è ancora qualcuno che mi apprezza con tutti i miei difetti".
"Non ho mai detto che non apprezzo i tuoi difetti", accarezzai la sua schiena, tirandola sempre più vicina a me. "E poi, quel qualcuno, ti ricordo che ti ha cambiato l'identità".
"Sai sempre cosa dire tu?".
"So argomentare bene le mie tesi".
"Per caso sei anche bravo in trigonometria?".
"Sono il mago della trigonometria".
"Davvero?". Spalancò gli occhi.
"Davvero", annuì.
"Potresti aiutarmi, il mese prossimo ho un compito e non ci capisco nulla".
"Ripetizioni, interessante", portai l'altra mano al mento con fare pensiero.
"Ovviamente ti pagherei", mormorò.
"E come?". Ammiccai.
"Damon", sospirò. "Qualunque cosa la tua testolina stia...", poggiai un dito davanti alle sue labbra.
"Shhh, mi basta solo che tu indossi quelle calze...".
"Ma la smetti?". Ora , fu lei a tappare la mia bocca. "Quindi è un si? Mi aiuterai?".
"Probabile". Alzò gli occhi al cielo.
"Facciamo sicuro", mi tese la mano.
"Non faccio patti con una donna".
"Maschilista", mi guardò male.
"Oggettivo, siete diaboliche".
"Hai solo conosciuto le donne sbagliate", mormorò, distogliendo lo sguardo.
"E tu non lo sei?".
"Sbagliata?". Il suo sguardo saettò nella mia direzione.
"Diabolica". Sembrò sollevata.
"Quello che ti dirò io non conta, tu cosa pensi?". Inclinò la testa, afferrando fra le dita una collana che avevo al collo.
"Di te?". Poggiai la fronte contro la sua. Annuì, facendo sfiorare i nostri nasi.
"Che se non ti allontani, l'ultima cosa che farai stanotte è dormire". Trasalì, spalancando gli occhi.
"D-devii sempre le mie domande".
"La mia risposta non ti ha soddisfatta?". Sussurrai, strofinando il naso contro la sua guancia.
"Per nulla", allontanò il suo viso dal mio. "Dormi Damon", mi sorrise beffarda, prima di darmi le spalle. Avevo bisogno di una doccia, possibilmente fredda e non l'avevo neppure baciata.
Ero rovinato.

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