Capitolo 26

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Mi fermai davanti a quel cancelletto che dava sul retro, ma non ebbi il coraggio di oltrepassarlo, non volevo sbagliare ancora.

Tornai indietro, entrando così dall'ingresso principale e non mi meravigliai più di tanto, nel trovare un'allegra coppia di genitori che aveva appena coronato il loro sogno. Ero felice per Jasmine, una bambina di appena un anno, meritava di aver trovato una famiglia che le desse l'amore di cui ogni bambino avesse bisogno. Passai oltre, ma mi bloccai, quando al centro del grande salone, c'era la Morris, insieme ad altre ragazze, tra cui Tate, che non avevano avuto la stessa fortuna di quella bambina.

"Mi dispiace", sussurrò Tate, ricevendo un'occhiataccia dalla Morris, che poco dopo, si rivolse a me.

"Seguimi", ordinò seria, come mai prima d'ora.

Lo feci, in silenzio, attenta a non incrociare lo sguardo di nessuno, non avrei retto.


"Spero che tu abbia una spiegazione a tutto questo", non mi stava neanche guardando. "Una spiegazione valida e possibilmente, la verità", alzò lo sguardo, lasciandomi di stucco.

Definirla arrabbiata, era un eufemismo.

Non avevo la forza di parlare, ma in qualche modo, dovevo farlo.

"Sono andata ad una festa", deglutì, cercando di trovare le parole giuste per non coinvolgere anche Tate, ma fu tutto inutile.

"Tu e Tate, siete scappate per andare a quella festa", mi corresse.

"Ecco, si è andata così", ammisi, era inutile negarlo.

"Continua", incrociò le braccia al petto, sapevo quanto le costasse assumere quella posizione, ma lo meritavo, le avevo mentito, ancora.

"Un suo amico, doveva riaccompagnarci, ma a causa del temporale, non...".

"Perchè in tre non ci si sta su una moto", mi guardò male. Aveva visto anche Tate.

"Sarebbe tornato dopo, per me", dissi, passandomi le mani fra i capelli.

"Dove sei stata stanotte, Krystal?". Sospirò.

"Da Damon", sganciai la bomba.

"Cosa?". Non l'avevo mai sentita urlare, così tanto.

"La strada era interrotta e lui mi ha ospitato a casa sua, è stato gentile", dovevo pur salvarmi in qualche modo.

"Infatti", mi trucidò con lo sguardo. "Non è Damon il problema, almeno, non in questo caso", precisò, ma io non capì a cosa si stesse riferendo.

"Mi dispiace, avrei dovuto avvertirla", abbassai il capo.

"Gia, avresti dovuto", mormorò delusa. "Dammi quel coso", aggiunse, guardandomi malissimo.

"Cosa?". Solo in quel momento, mi resi conto di avere ancora il cellulare fra le mani. "Oh, Miss Morris, non è il mio".

"Dammelo Krystal e non fare storie, tu e Tate siete state una delusione", scosse il capo. "Prendermi in giro in questo modo, cosa ho sbagliato con voi?". Una domanda rivolta più a se stessa che a me.

"Nulla, sono io quella sbagliata, mi dispiace molto".

"Non vi rendete conto delle conseguenze che potrebbero esserci", sembrava combattuta. "Se vi fosse accaduto qualcosa, avrei avuto dei grossi guai con la giustizia", si passò le mani sul viso. "Vi avrebbero allontanate da me". Non riuscivo neanche a parlare. Non avevo mai preso in considerazione questa ipotesi, che non fece altro che farmi sentire ancora più in colpa.

"Cambierai stanza", tornò seria. "Dovete capire che stavolta, avete esagerato e ti sei persa un'occasione importantissima oggi", lo sapevo e di quello, me ne sarei pentita a vita.

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