Capitolo 18

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La serata al ristorante era quasi finita e quel giorno di Ethan nessuna traccia

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La serata al ristorante era quasi finita e quel giorno di Ethan nessuna traccia. Mi ero girata molte volte verso la porta d'entrata, per vedere se comparisse, ma nulla.

Non avevo servito nessun cornetto vuoto in quel triste pomeriggio, come nei quattro precedenti che seguirono la nostra uscita a Parc Monceau. Era tempo che non si faceva vivo e come se non bastasse, un'insolita ed incessante pioggia si era abbattuta su Parigi. Nel locale non c'era anima viva ed io ero seduta dietro al bancone del bar, con il viso tra le mani intrappolata nei miei pensieri, ad osservare il vuoto.

«Adesso dovremo trovare il modo per andar via» constatò Edith guardando preoccupata fuori dalla vetrata del ristorante. La ascoltai ma evitai di pormi il problema. La mia mente in quel momento era altrove.

«Cos'hai bambolina?» chiese Michele, vedendomi insolitamente assente. Solo dopo essersi piazzato davanti con una tazza di cioccolata calda badai a lui.

«Uh grazie!» replicai abbozzando un sorriso.

«Tutto bene?» domandò ancora, cercando di creare un ponte. Ci vedevamo solo durante le ore di lavoro eppure, in quei frangenti, avevamo imparato a conoscerci.

«Sì, è solo che questo tempo mette un po' di malinconia» riassunsi brevemente.

«Quindi vuoi farmi credere che questo faccino triste sia legato solo alla pioggia?».

«Sì, sono una tipa meteoropatica» affermai inzuppando un biscotto secco in quella bevanda bollente. Non era vero. Mentivo. Non ero meteoropatica, ero semplicemente giù di corda, ma odiavo ammetterlo. Confessarlo avrebbe significato palesare che qualcosa non andava e non volevo assolutamente attribuire importanza all'assenza di Ethan.

«Sì, è vero. È solo nervosa, non credere stia pensando a qualcuno!» sopraggiunse Edith alludendo chiaramente alla mia situazione sentimentale. Avrei voluto fulminarla, non mi andava si sapesse troppo della mia vita privata.

«Allora c'è un ragazzo di mezzo?» insinuò Michele.

«Non c'è nessun ragazzo» replicai scontrosa guardando male la mia migliore amica. La sua impertinenza, alcune volte, non aveva limiti.

«Volete della panna montata?» domandò lei stessa, dirottando repentinamente la conversazione. Mi conosceva abbastanza bene da intuire il mio fastidio.

Nel frattempo il campanello situato sulla porta del locale echeggiò tra le pareti. Arrivò il primo cliente di quella desolata giornata. Ebbi un sussulto al cuore quando riconobbi il possessore di quei bellissimi occhi azzurri.

«Gerard ma sei inzuppato d'acqua! Possiamo darti qualcosa per asciugarti da tutta questa pioggia?» mi preoccupai di chiedere, andandogli immediatamente incontro. Il tempaccio che c'era fuori era tutto addosso allo stesso uomo che qualche giorno prima mi aveva fatto recapitare delle rose a casa.

A due passi da teWhere stories live. Discover now