Capitolo 17

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Quella mattina a svegliarmi fu soltanto l'odore del buon caffè. Avevo un cerchio alla testa e nonostante la dimostrazione d'affetto di Zeno, non riuscivo a perdonarmi. Lui e Jacopo avevano discusso a causa mia. Il loro rapporto era già abbastanza incrinato e adesso mancavamo io e le mie stupide menate di testa per finire di comprometterlo.

Stavo guardando il soffitto pensierosa, quando sentii lo scricchiolio della porta della mia stanza. Ero troppo giù di morale per guardare chi fosse. Jacopo aveva anche potuto prendere le mie difese in presenza di papà, ma non appena era andato via, non aveva evitato di esprimermi tutto il suo risentimento. Lo avevo fatto stare in pena tutta la notte. Neanche un sms per avvertirlo che ero al sicuro.

Chiudendo gli occhi, mi voltai dal lato della finestra e demoralizzata feci finta di dormire. Mi sentivo ancora troppo mortificata per affrontare di nuovo mio fratello.

«Ehi dormigliona!» sentii dire.

Quella era una voce femminile. Non potendo essere Germana, doveva trattarsi per forza di Edith. Il letto affondò un po' al suo peso.

«Ehi piccolina, che ne dici di aprire gli occhietti?».

Senza bisogno di risposte né di autorizzazione si distese delicatamente al mio fianco e con estrema naturalezza iniziò ad accarezzarmi i capelli. La sua mano arrivava alla nuca e poi risaliva alla testa. I movimenti erano lenti e regolari. Rilassanti. Neanche la mamma mi era mai stata così vicina. Uno sconosciuto stato di benessere si irradiò nel mio corpo. La Emma bambina che non era mai esistita stava per iniziare a piangere. Non sapevo neanche come si facesse. Non ne avevo mai avuto tempo.

Mentre lo stomaco si contorceva leggermente, qualcosa di caldo mi strisciò lungo le guance. Fu il tocco delle mie stesse dita a farmi rendere conto stessi piangendo. Rannicchiata su me stessa, sperai che quella strana sensazione passasse in fretta. Respiravo a fatica e per quanto provassi a fingere che tutto andasse bene non era così.

La verità era che non potevo esercitare il controllo su ogni cosa e, per quanto avessi sempre tentato di essere cinica e distaccata, non potevo governare tutto.

«Amore è tutto ok, non è successo nulla!» affermò Edith spaventata quando iniziò a sentirmi contorcere sotto le sue mani. Non sapevo cosa mi stesse prendendo, non ero mai stata così. Un fiume di lacrime ed emotività mi stava investendo. Ero intimorita e al contempo sentivo dolore. Non si trattava di muscoli od organi, era qualcosa di ben più profondo, che non aveva una vera e propria collocazione nel corpo. Quella era una sofferenza che sembrava provenire da dentro.

«Mi sento male» riuscii a dire voltandomi verso Edith. Mi fiondai sul suo corpo e la strinsi forte. Era la prima volta che condividevo la mia emotività con qualcuno.

«Emma ti sei solo dimenticata di avvertire che facevi tardi, può capitare a chiunque. Sei solo una ragazza».

«Edith sto male» continuai a ripetere confusa. La saliva inondava la mia bocca e quelle maledette lacrime continuavano a scendere avide.

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