Capitolo 10

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Quella mattina mi svegliai di buon'ora

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Quella mattina mi svegliai di buon'ora.

Parigi di primo mattino era esattamente come nelle ore di punta. Affollata, trafficata e svelta. Bisognava essere già abbondantemente attivi per non rischiare di essere investiti dalla celerità della gente. Quella metropoli non dormiva mai.

Era presto, eppure la folla da Enne non mancava.

«Un croissant alla nutella ed un cappuccino» chiesi educatamente a quello che ormai era diventato anche il mio pasticcere di fiducia.

Enne non somigliava per nulla a Carmelo ma, come lui, era il re delle delizie di quella piccola frazione della città.

Il canale di Saint-Martin era stupendo a quell'ora.

«Merci» affermai quando ebbi finalmente tra le mani la mia colazione fumante.

Quello sarebbe stato un giorno intenso.

Addentando il mio cornetto caldo, con tracolla in spalla e capelli svolazzanti, mi apprestai a dirigermi all'università.

Prima di iniziare a lavorare al ristorante da Clarisse, dovevo iscrivermi alla migliore facoltà della Francia.

L'Università Pierre et Marie Curie mi attendeva.

Credevo in poche cose nella vita, ma ero certa che la mia sventura di figlia mi avrebbe condotta in uno dei migliori centri di studio del mondo.

Tra le pareti di quel posto, avrei dovuto impiegare tutta me stessa per diventare una brava ricercatrice, ma mi sarei impegnata al massimo. La determinazione era qualcosa che non mi mancava.

Quella struttura universitaria era un sogno che prendeva forma. Da bambina, persa tra le stelle ciondolanti dal soffitto della mia camera e il primo telescopio regalatomi da papà e mamma, non avevo fatto altro che immaginare quel momento. Forse Parigi era scritta nel mio destino e tutto quel girovagare era servito per portarmi esattamente lì.

Ero così entusiasta da sentire il cuore leggero.

Quella mattina avevo indossato gli accessori più belli che potessero esistere: le ali.

Avevo guardato per così tanto tempo le stelle da essere convinta di poterle toccare davvero. Se c'era una cosa che i miei genitori mi avevano insegnato, era non smettere mai di credere nei sogni.

Ed era vero.

Prima o poi la vita avrebbe ripagato i sacrifici fatti.

1) MAI smettere di credere in se stessi.

2) MAI smettere di lottare.

3) MAI smettere di pensare che ogni cosa sia possibile.

La regola dei tre "MAI".

Solo osando si potevano ottenere cose impossibili.

Adoravo sentirmi così. Amavo quell'adrenalina che avida mi percorreva il corpo. Camminavo a metri da terra ma l'unica cosa che continuavo a pensare era che da lì a breve, sarei stata ancora più felice. Si diceva che non c'era mai fine al peggio... Ma neanche al meglio.

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