Capitolo 1

13.4K 318 19
                                    


Era tardi, stavo tornando dal lavoro le strade erano isolate, anche se Detroit era una città piuttosto movimentata.
Sono nata e cresciuta qui, ai 10 anni persi mia madre. Un tumore si svegliò in lei e bastarono 4 mesi per consumarla fino al ultimo briciolo di vita.
Non ho fratelli quindi non potevo aggrapparmi a nessuno eccetto mio padre e i miei nonni materni che abitavano a Seattle, si. Nell'altra parte del paese.
Mio padre si chiuse in se stesso, a malapena mi parlava. Lasciò il suo lavoro quattro anni dopo la nostra perdita, con 14 anni presi in mano il negozio che aveva abbandonato Christian Burton, mio padre.
Il negozio era la nostra unica speranza di portare qualcosa al tavolo, o forse la mia unica speranza.
Dato che lui l'unica cosa che faceva a casa era dormire per poi svegliarsi e mangiare tutto ciò che trovava dopo la sbornia.
Non è mai stato violento nei miei confronti, era sempre stato un uomo adorabile e amato da tutti, ma quando Alexandra morì non lo sopportò.
Adesso ho 17 anni e porto avanti la mia famiglia o meglio me stessa.
Mia Burton, questo è il mio nome.

Sono le 23:30 e adesso sto tornando dal lavoro, questa è la mia routine da lunedì a lunedì, tutti i pomeriggi. Molti mi chiedono come faccio alternare scuola e lavoro, e rispondo sempre la stessa cosa.

"Quando non sai se avrai un piatto sopra il tavolo con qualcosa da mangiare dentro, cerchi di fare l'impossibile per salvarti"

Non mi sono mai vergognata della mia situazione perché non sono l'unica adolescente a fare questi sforzi, forse tra le mie conoscenze sono l'unica ma so per certo di non esserlo anche lì fuori.
Detroit è una città con questo particolare, gente di alto livello economico o gente come me che vive con 3$ due giorni se siamo fortunati. Purtroppo la società è molto suddivisa, qui e anche in altre zone degli Stati Uniti come del mondo.
Il negozio vende di tutto, però sono articoli ormai vecchi e sono pochi coloro che vengo a comprare una matita di 0,10$
A scuola vengo chiamata "ragazza uscita dai tubi" ma poco mi interessa, cammino a testa alta perché è sinonimo di intelligenza, il silenzio dispera ecco perché mi frego di ciò che dicono.
Sono sempre stata molto indifferente a tutta questa gente, volevano parlarmi ma io mi scostavo o inventavo pur di non aver nessun rapporto con questi che sono uguali senza più e senza meno.
Mi sono sempre sentita diversa da tutti loro, forse perché non vestivo di marca? O perché non mi facevo la tinta per essere bionda?
No, più che altro forse ero invidiosa del fatto che loro non dovevano muovere un dito per avere un piatto di pasta portato alla loro stanza o per il semplice fatto che a prima mattina la loro colazione veniva fatta dai suoi genitori.
Mi sono sempre sentita diversa, però questo non mi ha abbattuta.

Il mio essere chiuso al mondo viene spesso sottovalutato da chi non mi conosce affatto.
Dicendo che sono autolesionista e che odio i miei genitori e vivo grazie alla musica, ecco un altro difetto della nostra società.
Giudicare senza sapere un cazzo, se fosse per loro ti inventerebbero anche una nuova vita.

Mancano pochi isolati a casa mia o forse più della banca che mia.

Sento il suono di un motore, cazzo che bel rumore.
Sicuramente sarà una bella macchina, quando mi giro dietro per guardare, vedo una mustang nera correndo in una maniera assurda, dietro lo segue un'altra macchina, non so che modello sia quindi preferisco godermi lo spettacolo di quella macchina nera a differenza della verde luccicante.
A malapena riesco a vedere che il guidatore della mustang non veniva accompagnato.
Un passaggio me lo lascerei dare volentieri da una macchina così.

Ho sempre amato le macchine e le moto, è una passione che coltivai alcuni anni fa quando andavo da mio nonno a Seattle, lì c'era anche il fratello di mia madre Edward il quale mi ha insegnato di tutto su queste meraviglie della meccanica.
Purtroppo l'anno scorso quando feci 16 anni per i problemi economici che avevamo non potevo permettermi di prendere una macchina.
Però vedere questi spettacoli dopo una giornata di merda, un po' te la rallegra.

Continuo a camminare, testa bassa con le mani dentro il mio giubbotto un po' malandato di pelle, i miei jeans neri/grigi da quanto li uso e li lavo e una maglietta leggera, stavo morendo di freddo, purtroppo i saldi a queste epoche sono tutte cose estive e ciò comporta che in inverno di 4 mesi 3 e mezzo sono malata, non posso permettermi una felpa.
Tremavo, sapevo di avere le labbra viola, ormai è fine novembre e qui fa molto freddo, strano che non abbia ancora nevicato.

Io me la prendo a ridere ma dico, guarda la vita quanto è ingiusta, gente che tiene macchine del genere e poi ci sono io che me la faccio a piedi 365 giorni all'anno.

Continuo a camminare, manca poco ma perché il negozio è così lontano?
Sto imprecando a bassa voce che non mi accorgo la macchina che si ferma davanti a me, mi giro per vedere chi è il fortunato all'essere al caldo, e quando vedo non posso fare a meno di restare stupita.
La stessa mustang di 10 minuti fa è affianco a me.
Un ragazzo un po' più grande di me è alla guida, ha i capelli castagni chiari, corti.
Occhi verdi e tatuaggi in ogni parte visibile del suo corpo, mani e collo questo posso vedere perché ha un giubbotto di pelle che sembra nuovo a differenza del mio, per questo provo a nascondermi con le braccia, mi sta guardando e lo sto guardando anche io tremando dal freddo o la paura?
Abbassa il finestrino e un ondata di aria calda colpisce il mio viso e io aspiro a più non posso.

"Vuoi un passaggio?" Sento dire dalle sue labbra, una voce roca, forte e fredda,
Glaciale.
"No, grazie." Dio che stupida sto per morire di ipotermia e non ho accettato.
Non puoi salire nella macchina di uno sconosciuto Mia, quanto sei idiota.
Moriremo se non andiamo con quello.
Moriremo se ci vai.
Continuo a camminare a passo svelto mentre discuto con la mia mente.
"Stai tremando, sali. Non lo ripeto due volte" Dice più duro, seguendomi lentamente con la macchina affianco a me.
"Ho detto di no!" Esclamo arrabbiata girandomi verso di lui per incontrare i suoi occhi verdi che fanno contrasto con i miei grigi, così simili a quelli di mia madre.
Lo vedo scendere dalla macchina in una sola mossa, quanto cazzo è alto e muscoloso?
Ma che vai a pensare Mia?

Lo vedo avvicinarsi a me e prendermi per un polso, in quel momento ho pensato allo scenario peggiore.

"Ti prego lasciami!" Comincio a urlare con lacrime che scorrono velocemente il mio viso senza trucco.
"Ti ho detto di salire per le buone, tu hai voluto le cattive" dice incazzato nero, aprendo la portiera della sua bella macchina e facendomi salire, chiude la porta e lui fa velocemente il giro e prende il suo posto, quando comincia a guidare e vedo che passiamo dinanzi casa mia e comincio a preoccuparmi.

"Dove stiamo andando? Ti prego non ho niente da darti!" Dico impaurita provando a convincerlo.
"Una persona ti sta aspettando Mia." Dice a bassa voce guardando la strada e in quel momento rimango paralizzata, come sapeva chi ero?

Hell AngelWhere stories live. Discover now