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Non appena scorsi la luce gialla di una torcia, non feci in tempo a vedere i volti dei marinai che venni catapultata dietro ad un pilastro in legno scuro, piuttosto massiccio. Vi ero schiacciata contro e la mia schiena era a contatto con il torso di Gael, che per fortuna era riuscito a trovare un modo che non ci avrebbe fatti scoprire da quegli uomini.  Entrambi respiravamo affannosamente, non per fatica o sforzo fisico particolare, ma piuttosto per l'agitazione e l'adrenalina del restare nascosti e non farci beccare. Facemmo capolino dalla colonna ed aspettammo lì fermi che gli umani mettessero a posto le casse cadute, tra borbottii ed imprecazioni non troppo sommessi. Quando ebbero terminato il loro compito, se ne andarono con passo piuttosto cadenzato, la tipica andatura di una persona svogliata. Solo allora, il mio respiro si calmò e potei spostarmi dalla superficie dura, ruvida e piuttosto scomoda alla quale ero costretta ad appoggiarmi. Mi girai verso Gael e lo fissai negli occhi, lui ricambiò simultaneamente il mio sguardo e dopo qualche attimo, ridacchiammo insieme, forse per alleggerire la tensione o forse per altro, comunque sia, quel momento di normalità mi aiutò a rilassare me stessa e i miei muscoli, che fino a pochi minuti prima erano tesi e pronti a scattare per qualsiasi evenienza. Successivamente, mi passai una mano tra i capelli, spostandomeli da davanti al viso per liberarmi la visuale. Notai che Gael li stava osservando e pensai che dovessero essere davvero spettinati per aver attirato il suo sguardo, ma lui mi sorprese ancora una volta infilando il dito indice in uno dei boccoli, che lo avvolse in una spirale scura, coprendone perfettamente la forma affusolata. Successivamente tolse il dito, prese il riccio e lo stese, ammirando poi come riprendesse la sua forma elastica dopo averlo lasciato andare. Un po' stranita, lo guardai in volto e, quando mi mostrò la sua espressione infantile, non potei evitare di scoppiare a ridere, ma non troppo forte da essere udibile anche a qualcuno che non fosse lui. Presa da un'inspiegabile slancio di divertimento, immersi la mano nella sua massa corvina, trovandola intricata, come la mia d'altronde, e setosa. La mossi, con l'intento di giocarci, ma il movimento risultò piuttosto come una carezza. Sgranai gli occhi al pensiero che avesse potuto dargli fastidio e mi fermai per chiedergli conferma con lo sguardo. Lui mi rivolse un sorriso accennato, ma non potei continuare a causa di un rumore sordo, seguito simultaneamente da una serie di parolacce, che mi riportò immediatamente alla realtà. Mi misi in ascolto e, quando mi assicurai che il pericolo fosse scampato, mi tranquillizzai, rimproverandomi internamente di aver lasciato che ci esponessimo a quel modo, stando in piedi, con il rischio che potessero vederci.
Quindi, spinsi Gael verso un angolo dell'imbarcazione, dove trovammo abbastanza spazio per sederci entrambi comodamente e stendere le gambe. Fortunatamente, eravamo coperti da file e file di cubi di cartone. La situazione mi fece tornare in mente quella di alcuni mesi prima, con la differenza che allora ero sola e provata da giorni di prigionia. Con quei pensieri in mente, mi adagiai con la schiena alla superficie lignea dietro di me, passandomi i palmi delle mani sul volto, cercando di scrollarmi di dosso la stanchezza che mi aveva reso le palpebre pesanti. Poi, rivolsi uno sguardo a Gael che teneva la testa piegata verso il basso, lasciando uscire dei sospiri che mi fecero preoccupare. Per questo, gli chiesi: "Ehi, Gael, che succede? Stai male?" Il ragazzo alzò la testa di scatto, assicurandomi che stesse perfettamente bene. "No, no, non sto male, solo un po' in tensione per il ritorno a 'casa'." Disse virgolettando l'ultima parola. A quell'affermazione, mi sentii in dovere di consolarlo, di stargli vicino. In effetti, era la prima volta che fosse lui ad aver bisogno del mio sostegno, solitamente era stato sempre il corvino a rassicurarmi e, ora che i ruoli si stavano invertendo, volli fare del mio meglio per fargli riprendere il buon umore, per quanto ci si potesse rallegrare in quel frangente. Mi avvicinai a lui, appoggiando confidenzialmente il mio capo sulla sua spalla, in segno di conforto e vicinanza. "Sono sicura che filerà tutto liscio come l'olio, e se anche non dovesse andare bene, ricordati che io ci sono." Accompagnai le mie parole con un sorriso, sperando di contagiarlo e vedere anche le sue labbra curvarsi verso l'alto. Con mio piacere e un po' di stupore, il gesto sortì l'effetto voluto e ricevetti anche una stretta da parte sua. Mi accorsi che, più passavo del tempo con lui, e più mi ammorbidivo, ero molto più a mio agio con le emozioni, ma non con quelle che provavo nei suoi confronti. Non sapevo se volessi che il nostro rapporto si evolvesse in una relazione romantica, poiché ero ancora confusa dalla presenza di Ígor, che non amavo, ma di cui non riuscivo ad individuare il ruolo nella mia vita. In teoria avrebbe dovuto essere il mio compagno, la persona con la quale ero "destinata" a restare per tutta la vita. Nonostante ciò io, essendo particolarmente razionale ed indipendente, non credevo nel destino come qualcosa di imposto, e dopo l'esperienza con lui, Gael era l'unico con il quale avevo immaginato, anche se solo remotamente, un possibile coinvolgimento romantico, considerando la mia totale incapacità di leggere e comprendere i miei sentimenti. Comunque, Gael non si era sbilanciato, non capivo se provasse qualcosa per me, non che fossi un'esperta in questioni amorose, anzi, ma dai suoi comportamenti per la maggior parte delle volte non traspariva più che semplice affetto amichevole, poi, però, si lasciava andare a contatti che mi scombussolavano ed io tornavo al punto di partenza, insicura e con un'infinità di domande vorticanti in testa. Venni poi riscossa dai miei tormenti interiori proprio dalla voce dell'oggetto delle mie tribolazioni. "Grazie, Alesha." In risposta, mi accostai di più a lui, che non tolse il braccio con il quale mi avvolgeva, 'costringendoci' quindi in una posizione insolita, ma abbastanza confortante da farmi scivolare nel sonno, avvolta dal suo profumo fresco e dal dondolio della barca.

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