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Nico e Will, dopo quel giorno piovoso, non si erano più visti. Sia perché il moro era imbarazzato e sconvolto, sia perché il biondo temeva di sapere cosa passasse nella testa dell'altro. In più, il lavoro intenso di Will era la ciliegina sulla torta.
Dopo aver preso la cioccolata calda, i due si erano salutati e Nico era tornato nella propria stanza.

Il corvino si pentiva di non aver confessato a Will i suoi sentimenti. Si pentiva perché il giorno seguente sarebbe stato definitivamente dimesso dall'ospedale. Nico ne era più che felice; dopo mesi di sofferenze, fisioterapie, cure e medicine, finalmente avrebbe abbandonato quel luogo.

Però, allo stesso tempo, era triste; ormai era diventata un'abitudine vedere Will, parlare e scherzare con lui. Gli sarebbero mancate perfino le zuppe della mensa... no, quelle no.

Nico, in quel momento disteso sul letto dell'ospedale, aspettando l'alba nascente, pensò. Tante cose passavano per la sua testa: cose che non riusciva a capire, e che si mescolavano tra di loro formando un'unica, grande ragnatela di pensieri.
Per un attimo, Nico si paragonò ad un libro chiuso a chiave, risposto in un cassetto di una casa dimenticata dagli Dei. Lui dentro aveva l'abisso, e le persone che gli si avvicinavano soffrivano. Ogni volta, andava sempre a finire così. Provare soltanto a conoscerlo sarebbe stata un'impresa, come buttarsi dal decimo piano di un edificio. Forse l'unico che aveva provato a conoscerlo, senza rimanerne ferito, era stato Jason Grace.
Nico si chiese perché Will stesse cercando di conoscerlo.
Per un attimo, ripensò alla chiave, a cui Will alludeva giorni prima. Gli venne la nausea solo al pensiero di tutta quella dolcezza -se così poteva essere definita- di Will. Ma se, la chiave del biondo, e quella di Nico, fossero in qualche modo collegate? Magari una chiave fatta d'acqua: l'elemento che li aveva fatti incontrare, non paragonabile agli occhi di Will, di tutt'altro livello. E se ci fosse stato anche un lucchetto? Magari composto dalla roccia, indistruttibile e difficile da aprire (come il suo cuore).
Nico si diede dello stupido. Cosa erano quei pensieri orribili? Il ragazzo non riusciva a rispondersi, semplicemente si diede un leggero pizzicotto sul braccio, mentre sentiva uno strano formicolio nello stomaco.
Il corvino si addormentò con il sorgere del sole, e con un grande mal di testa.

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Hazel e Percy si affacciarono dalla porta della stanza, sorridendo alla vista di Nico, ancora nel mondo dei sogni.
La sorella si avvicinò a lui, e con tutta la dolcezza concessale, baciò Nico sulla fronte. Nemmeno un secondo dopo era saltata sul letto, dimenticandosi del ragazzo sotto di lei, non ancora ripreso del tutto. Ad aiutare Nico fu Percy, che con un urlo tutt'altro che virile fece preoccupare Hazel, e svegliare il corvino.

-Nico!- disse Hazel alzando la voce, -sei pronto? Finalmente uscirai da questo posto!-

-non vedo l'ora- disse Nico, ancora assonnato. La sua faccia, però dimostrava il contrario: le occhiaie, di solito accennate sotto gli occhi, rimarcavano quelle pozze nere, mentre il suo sguardo era posato sul giglio arancione, accanto al suo letto.
Il giglio era stato un regalo da parte di Will, mesi prima, per "essere stato un buon paziente" (parole sue). A Nico non erano mai piaciuti i fiori in generale, ma quella pianta regalava un tocco di colore alla stanza completamente bianca e spoglia.

Dopo che Hazel e Percy furono usciti dalla stanza, Nico si preparò, e verso l'ora di pranzo si trovò a firmare i moduli. Suo padre, del resto come sempre, non era presente durante il "rilascio" di Nico, e aveva scritto su carta il suo permesso per dimettere il ragazzo.
Nico non fu sorpreso nel sapere che suo padre non ci sarebbe stato; non era mai andato a fargli visita durante quei mesi, e non si poteva definire una figura costante della sua vita. Andava in giro per il mondo -facendo chissà cosa- e tornando a Long Island poche volte l'anno. L'unica cosa di cui Nico gli è grato, sebbene un po' improvvisa, è Hazel.

Blue|| Solangelo.Where stories live. Discover now