Non sarei mai più venuta ad una festa!

Aprì la porta, andandomi a scontrare con l'ultima persona che avrei voluto incontrare in quel momento, Piper, ma non avevo di certo dimenticato che fosse in dolce compagnia.
"Ma guarda chi c'è?" Biascicò.

Più che ubriaca, dava l'impressione di aver fatto uso di sostanze stupefacenti, non ne capivo molto, ma i suoi occhi contornati di rossi, davano sicuramente quell'idea.

"Levati", borbottò Tate alle mie spalle. "Devo pisciare", diede una spinta a Piper che per poco non cadde.
"Ma che stronza", sbottò quest'ultima, aggrappandosi al braccio del suo accompagnatore che in tutta risposta, se la scollò di dosso.
"Dam ma che fai?" Piagnucolò.
"Scollati", rispose lui, lanciandomi un'occhiata, prima di andarsene.
"Stronzo anche lui", sbuffó, facendo una smorfia, per poi riportare la sua attenzione su di me.
Ma quanto durava una pipì?
"Hey Kr...Kr...."
"Krystal", dissi, poggiandomi contro lo stipite della porta, ero stanchissima, non vedevo l'ora di potermi rannicchiare nel mio letto.
"Oh, che nome strano", ridacchiò, barcollando verso il lavandino.
Avrei voluto dire che il suo non era da meno, ma il mio carattere mi impediva di risponderle per le rime.
"Conosci Jacob", disse, guardandomi attraverso lo specchio.
"Si", risposi, nonostante quella non mi era affatto sembrata una domanda.
"Carino eh?" Ammiccò, aprendo la sua borsetta per aggiustarsi il trucco sbavato.
"Normale", scrollai le spalle, quella situazione non mi stava piacendo per niente. "Vado a controllare se Tate...".
"Non farti ingannare da un bel faccino, piccola Krystal", disse, girando i tacchi.
Quelle parole mi avevano dato molto da pensare, ma non volevo che una frase lanciata a caso, da una ragazza ubriaca o peggio drogata, influisse sull'impressione che avevo avuto di Jacob.
"Finalmente", sospirò Tate, richiudendosi la porta alle spalle. "Stavo scoppiando".
"Tate che ne dici di andarcene?" Stavolta fu lei a trascinarmi fuori di lì, sembrava ancora più euforica e leggermente più ubriaca di prima.
"Dai, non rompere", borbottò. "La festa è appena iniziata", urló, prendendo a saltellare verso la pista, dove la gente sembrava essersi moltiplicata.
"Davvero Tate sono stanca e...".
"Guarda, anche Jacob e Luke stanno ballando", continuò a trascinarmi verso il centro della pista ma io no, non ci sarei mai andata in mezzo a tutta quella confusione.
"Ho bisogno di un po d'aria", le dissi, staccando la mia mano dalla sua. "Torno fra poco", aggiunsi, lei annuì, ma non ero tanto sicura che avesse capito quello che le avevo appena detto.
A fatica, riuscì a raggiungere l'esterno.
Tirai un sospiro di sollievo, quando finalmente tornai a respirare aria pulita, non ne potevo più, quel mondo non faceva per me, ma almeno ci avevo provato.
Camminai per qualche metro, sedendomi su di un muretto, controllando prima che sopra non ci fossero tracce di vomito o quant'altro, quella sì che sarebbe stata una tragedia.
La temperatura era piacevolmente fresca a contatto con la pelle nuda delle mie braccia, era una classica sera di fine estate ed io avrei dato di tutto, pur di poter stare, magari su di un'amaca con uno dei miei libri preferiti fra le mani, a guardare la luna.
Tutto sommato anche da lì la vista era buona, ma tutto quel rumore, che loro chiamavano musica, non mi permetteva affatto di rilassarmi come capitava ogni sera, quando mi mettevo a guardarla dalla finestra della mia camera.
"Stavolta mi serve un fazzoletto".
Balzai un metro da terra, quando quella voce, bassa e fin  troppo roca, mi colpì alle spalle.
"C-cosa?".
Balbettai, cercando di portare i miei battiti ad un ritmo regolare.
"Li hai, oppure no?" Damon, aggirò il muretto, parandomisi davanti.
"Oh, sì certo", afferrai la mia borsetta, estraendo un pacchetto di fazzoletti che portavo sempre con me. "Ecco", glieli porsi.
Li afferrò, senza neppure ringraziarmi, mentre cercava di portar via le tracce di rossetto che aveva sul collo.
"Anche la camicia è sporca", mormorai, cercando di non indugiare troppo con lo sguardo su di lui.
"Che cazzo", sbottò, cominciando a strofinarci sopra con le dita.
"No fermo, così peggiori solo la situazione", d'istinto mi alzai, avvicinandomi a lui, ma poi mi bloccai, rendendomi conto di quello che stavo per fare. "Ecco....lavandola si toglie", borbottai, tornado a sedermi, che stupida.
"Ma va", alzó gli occhi al cielo.
"Era solo un consiglio", risposi infastidita, non era colpa mia se prima si lasciava sbaciucchiare da tutte e poi si ritrovava le camicie in quelle condizioni.
"Come è che ti chiami?" Inarcò un sopracciglio, avvicinandosi e poggiando un piede sul muretto, dove ero seduta.
"Krystal", allungai una mano nella sua direzione, ricevendo dapprima una strana occhiata, poi una risata di gusto, una risata che però non partiva dagli occhi, quel ragazzo dava l'impressione di non sorridere da tempo.
"Ma da dove vieni?" La sua era chiaramente una presa in giro, alla quale io non volevo sottostare, aveva ragione Tate, se ti dimostri debole, le persone ti mangiano viva.
"Dal tuo stesso paese", incrociai le braccia al petto.
"E tu che ne sai qual'è il mio paese?" Domandò con tono scostante.
"Una supposizione", risposi, colpita dal mio stesso tono di voce, così deciso. "E comunque, non ci trovo nulla di male nel stringere la mano ad una persona, quando ci si presenta" scrollai le spalle.
"Riformulo la domanda, da quale epoca provieni?" Assottigliò lo sguardo.
"Dal lontano 1997", ridacchiai. "E tu? Hai un nome?".
Sapevo benissimo come si chiamasse, ma volevo che fosse lui a dirmelo.
"Non ti riguarda", rispose, lasciandomi di stucco.
Si girò, gettando il fazzoletto che gli avevo dato, a terra.
"Hey ma che fai?" Urlai, correndo a raccoglierlo.
"Ci avrei scommesso", ridacchiò, continuando a darmi le spalle.
"Hai un passaggio?" Chiese, avvicinandosi ad una grossa moto nera, quella che avevo visto durante la mia prima uscita con Tate.
"Io...si", risposi, guardandomi intorno, i miei amici non mi erano venuti a cercare, ma non potevo accettare un passaggio, da un perfetto sconosciuto.
"Bene, perché io non te lo avrei dato", replicò, montando in sella.
"Allora perché me lo hai chiesto?".
Domandai, in un raro momento di coraggio.
"Curiosità", infilò il casco, non degnandomi più di un sguardo, diede gas, sparendo via in meno di due secondi.
Andava sempre a finire così, pensai, mentre stringevo fra le mani quel fazzoletto.

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