Pan per focaccia - parte seconda -

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“Madre, Favorite Son è giunto a te! E ha un sacco voglia di cotoletta.”

Mio fratello è una fogna.

Mio padre ed io lo chiamiamo Figlio preferito perché riesce ad intortare mia madre come vuole: quando Michele fa gli occhi da cerbiatto, mamma si scioglie. Sempre. Senza eccezione.

I nostri genitori ci accolgono con il solito entusiasmo e, dopo che mia madre ha puntualizzato che siamo entrambi vestiti come due reietti della società ma che ci vuole bene ugualmente, ci invita a prendere posto a tavola. In tutto questo mio padre non proferisce parola escluso un sussurrato:

“Buona domenica, figli latitanti.”

Frecciatina n°1: check.

Per fortuna la prima mezz’ora di conversazione viene monopolizzata da mio fratello che, a dispetto della confusione e del disinteresse di tutti, si premura di intavolare un monologo sull’origine dell’universo, divagando poi sui neutrini. Intanto io e papà divoriamo la nostra porzione di lasagne, fingendo di non percepire lo sguardo di rimprovero di mia madre che si sposta da lui a me.

La logorrea di Michele, però, viene interrotta quando passa a qualcosa chiamata “Teoria delle Stringhe” dal vocione di papà che, schiarendosi la gola, dichiara:

“Non ho capito niente, ma va bene lo stesso. L’importante è che questa non fosse una delle tue introduzioni per poi arrivare a chiederci un prestito per pagare il commercialista.”

L’affermazione sulla tendenza a sperperare denaro che affligge mio fratello dalla nascita sembra sortire i suoi effetti perché Michele, borbottando “non stavolta”, smette di delirare prendendo a sorseggiare la sua birra.

Dal breve silenzio che si diffonde sul nostro pranzo capisco che è arrivato il mio turno e a darmi ragione ci pensa prontamente mia madre.

“Sofia...”

Cazzocazzocazzo.

“Come sei messa con gli esami?”

Cazzommerda Cazzommerda Cazzommerda.

Al quesito di mia madre, papà appoggia la forchetta sul bordo del piatto, deglutendo con forza, porta gli occhi su di me e attende.

Non sono pronta a mettere le carte in tavola; non me la sento di vedere dipinta sui loro visi la totale perdita di fiducia nei miei confronti.

Quindi, lanciando un’occhiata furtiva a mio fratello, opto per non dare una risposta.

“Mamma, la sessione è a giugno. Gli esami ancora non si possono fare.”

“Va bene, ma come sei messa? Quando chiedi la tesi?”

Michele nasconde una risata dietro alla bottiglia di birra, divertito dalla abilità di mamma di vincere contro ogni mio tentativo di fuggire dal problema e io comincio a sentire caldo.

Non glielo posso dire. Non c’è verso che io trovi il coraggio di essere onesta, sputtanandomi così.

“Non la chiedo.”

Oh.

Tre parole e l’inferno è pronto ad aprirsi.

Mio fratello rischia di strozzarsi con la birra che gli va di traverso uscendogli dal naso; il sopracciglio sinistro di papà schizza verso l’alto come ogni volta in cui si incazza in modo potente e mia mamma assume un colorito cremisi. Ho sterminato la mia famiglia con poche parole.

“Che vuol dire?”

Ormai il danno è fatto: non so quale neurone nella mia testa abbia fatto cilecca, ma a questo punto almeno quella parte di verità è fuori. Tanta fatica per salvarmi da questa risposta e, in pochi giorni, sto ammettendo la verità con cani e porci.

L'imbarazzante piacere del TuttoTondoWhere stories live. Discover now