Never smile at the...

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Sono le 5 di mattina e io sono sveglia: da mesi ormai o non riesco a prendere sonno , o dormirei a vita. Più la prima opzione però: è come se in me aleggiasse costante un flebile flusso di angoscia, sempre lì, latente ma incredibilmente potente.

È come la sensazione di calore che si porta con sè una scarica di adrenalina quando, all’improvviso, ti ricordi che hai scordato di fare qualcosa di importantissimo; è come la perenne impressione di avere qualche scadenza e non sapere come rispettarla; come una paura che pulsa giorno e notte senza confessare da cosa dipenda.

È angoscia pura. Ti leva il sonno. O ti sopisce in modo così opprimente che non sai come sollevarti dal letto. Ti annienta la capacità di respirare a pieni polmoni. Ti toglie la forza di aprire la porta.

La maggior parte delle volte a me tiene sveglia come un grillo: come se dormire volesse dire cedere all’oscurità che spaventa. E allora resto vigile, proprio come oggi.

Non riuscendo a riposare ho optato per uscire dal letto e ho girato per mezz’ora in camera prima di pensare:

“Io, nel dubbio, mangio.”

Dopo essermi addentrata nella zona giorno senza neppure curarmi di accendere le luci e aver raggiunto gli armadietti della dispensa, però, è cambiato tutto: un brivido mi ha attraversata e ho capito che era lì. Nel buio della cucina non posso vedere chiaramente e non riesco a scorgere nessun contorno, ma sento i suoi occhi su di me.

Io so che è qui. Eccome se c'è.

Il suo sguardo mi fissa, mi squadra, mi punta: è pronto all'attacco e, al solo pensiero, ogni fibra del mio corpo vibra in modo incontrollabile. Mi muovo lentamente, sollevando i piedi nudi dal parquet della cucina e aggrappandomi al bordo del bancone, prima di darmi una spinta per arrampicarmici sopra: poi di nuovo la sensazione di essere osservata e di essere ad un nulla da lui.

È lì, nascosto nel buio che aspetta il momento giusto. Il mio respiro accelera al limite dell'iperventilazione e continuo a guardarmi attorno nervosamente.

Dove cavolo è?

Allungo una mano verso l'interruttore della luce e decido che farò saltare il suo piano. Oppure morirò dallo spavento.

Per non perdere tempo ad azzeccare il tasto gusto, premo l'intero palmo della mano contro i pulsanti e poi comincio ad urlare come se non ci fosse un domani:

"ALEX!"

Non succede niente. Io resto appollaiata come un gufo a mezzanotte sulla penisola della cucina e non succede assolutamente niente. I miei occhi scattano da un angolo all’altro della stanza, indagando ogni anfratto certa che, benché io non l’abbia visto, lui sia lì e i suoi occhi mi fissino meditabondi.

Mi metto a sedere sul bancone  e incrocio le gambe, provando a calmare il respiro e cercando di fissare un punto preciso: è lì, sono sicurissima che è lì!

Non riesco a stare ferma e, in preda all’agitazione, mi divincolo sul ripiano finchè non mi ritrovo carponi ad esaminare lo spazio attorno a me.

“Dove cazzo sei?” sussurro pensierosa, prima di riempire nuovamente i polmoni e gridare con forza: “ALEEEEEX!”

All’ennesimo richiamo del suo nome il mio coInquilino si precipita fuori dalla sua stanza, barcollando con un’espressione terrorizzata sul viso, gli occhi semichiusi per l’improvviso fascio di luce che li ha colpiti e una capigliatura degna di una scarica elettrica.

L'imbarazzante piacere del TuttoTondoWhere stories live. Discover now