... Crocodile

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Mi giro lentamente verso la tavolata e i miei occhi trovano subito il viso di L, immerso in una probabilmente inutile discussione.
“Med?” mi richiama all'attenzione Bet.
“ Che facciamo?” chiede J, accarezzando distrattamente il braccio della mia amica bionda e attendendo una risposta.

Mentre penso, L ruota la testa e mi vede: suoi occhi si fanno grandi per lo stupore, poi si riempiono di risentimento.

Non capisco di che cosa possa mai risentirsi proprio lui ma suppongo sia semplicemente una questione di orgoglio: in fondo L è sempre stato abituato ad avere l’ultima parola con me e non credo che digerisca facilmente l’idea di non essere stato quello che ha stabilito la fine dei nostri incontri.

“Non facciamo niente.” rispondo secca, compiacendomi del fatto che, in tutta onestà, l’unica cosa che provo nei confronti di questo ragazzo è un briciolo di rancore per avermi trattenuta in quella malsana relazione troppo a lungo.

“Med, sei sicura?” mi chiede Roby, appoggiandomi una mano sulla spalla.
“Sicura. Non mi importa di lui, dico davvero. Mi infastidisce che pensi di avere qualche genere di potere su di me, ma che ci sia o meno, non fa differenza.” rispondo sorridendo e invitandoli a dirigersi verso il laureato, prima di sederci negli ultimi posti liberi.

Dalla mia posizione posso chiaramente vedere L, seduto all'altro capo del tavolo, non troppo distante da noi. I miei amici partono subito all'attacco con discussioni, in realtà poco consistenti, ma mirate a riempire il silenzio e la tensione che minacciano di crearsi.

“ Ok, direi che è ora di bere, così almeno non sarò costretto a dire a Leo che, per l’ennesima volta, è uscito vestito come uno dei Teletubbies” propone Jack, schioccando le dita verso un cameriere mentre il povero Leo abbassa lo sguardo verso il suo discutibile maglione verde mela.
“Dio quanto sei cafone, Jack! Non è educato chiamare il cameriere come se fossi un reale!” lo rimprovera Jules, sistemandosi il tovagliolo sulle ginocchia e spostandosi i ricci dal viso.
“Taci essere inferiore con una meravigliosa collana.” le risponde lui, sollevando il mento e facendoci tutti ridere.

“Cazzo Jack, la devi smettere di notare cose come le collane delle donne.” si lamenta Leo, borbottando a bassa voce per non farsi sentire dagli altri invitati e noi tutti ridacchiamo di fronte al loro infantile modo di comunicare.
“Primo, se tu non sai osservare, non è colpa mia. E secondo io non  accetto consigli da uno che esce in pigiama!” ribatte lui sereno, perseverando nella sua impresa di farsi notare da qualche cameriere.

“Non sono in pigiama, demente!” si difende Leo.
“Beh Leo, bisogna ammettere che la tua tenuta non è esattamente elegante.” incalza Bet.
“No, fa proprio schifo” conclude Jules, ridacchiando con Roby che inizia a consultare con aria professionale la carta dei vini.

Fa sempre l’esperto ma in realtà non ne capisce nulla e la sua è solo una scusa per poter assaggiare ogni volta una bevanda nuova. Roby è un vero genio ma manca totalmente di cultura enologica.
La loro conversazione prosegue, ma io smetto di ascoltarli quando, voltandomi per un secondo, incontro gli occhi di L , che mi fissano pieni di astio: non fa nulla per nascondere la propria irritazione nei miei confronti e io non posso fare altro che trovarlo ancora più ridicolo.

Tengo il suo sguardo con fermezza e, decidendo di mostrargli la mia netta superiorità morale, forzo un sorriso di circostanza e lo saluto con una mano; al gesto lui sembra indispettirsi ancora di più, al punto che smette di guardarmi e volta completamente la testa nell’altra direzione.

Che imbecille.

“Vuoi che lo picchi?” sento J sussurrarmi, con un tono a metà tra il serio e l'ironico.
Io mi obbligo a lasciare il volto di L per guardare il ragazzo di Bet e, sorridendogli, scuoto la testa, spiegando:
“Per carità, J... Bet non smetterebbe più di farti la ramanzina. Davvero, per me L non è un problema. Sembra più che altro che lo sia io per lui.”
“Il che è ridicolo, visto come ti ha trattata per anni.” considera Leo a denti stretti, spintonando Jack, il quale cerca in ogni modo di afferrare il cellulare del mio amico per leggere i suoi messaggi.

“Giusta osservazione, Teletubby.” ribatto sollevando il bicchiere per brindare alle parole del mio amico e poi aggiungo:
“Seriamente, problemi suoi. Fa due fatiche: una a incazzarsi e l’altra a farsela passare.”

Per un po’ l’aria si alleggerisce notevolmente e le conversazioni si fanno più ridicole e poco incentrate sul futuro, sul presente e sull’università. E di questo sono incredibilmente grata.
So che tra pochi giorni dovrò rendere conto alla mia famiglia di me e di quello che intendo fare, ma per stasera mi concedo il lusso di lasciare che i miei amici mi distraggano il più possibile, per quanto ci si possa distrarre ad una cena di laurea.
La fortuna sembra, però, essere dalla mia e, il fatto che la compagnia sia così numerosa, mi permette di restarmene isolata con i miei amici in fondo al tavolo e non essere bombardata di domande sui miei risultati universitari e scolastici.

La gente ha il terribile vizio di non farsi mai gli affari propri.

“Quel coglione continua a guardare da questa parte.” sibila infastidito ad un tratto Leo, suscitando lo stupore generale.
Leo non è mai così aggressivo e devo ammettere che non sapevo fosse così interessato ai problemi che L mi potesse causare: il che è sciocco da parte mia, visto che lui ha sempre palesato la sua disapprovazione nei confronti del ragazzo che frequentavo.

“Lascialo perdere.” gli consiglia Roby offrendogli una fetta di pane che il mio amico accetta, senza spostare l’attenzione da L e scuotendo la testa in un gesto di disapprovazione.
La cosa mi lusinga ma mi preoccupa allo stesso tempo: mi chiedo se Leo abbia capito che di L non me ne frega più niente.

“Uno che si veste così e si mette tutto quel gel nei capelli, non merita nemmeno un secondo sguardo” sentenzia Jack, sistemandosi il bavero della giacca, compiaciuto.
“Giusto, parliamo d’altro...” suggerisce Cucciolo, e solo in quel momento mi ricordo della sua presenza.
E sono estremamente impressionata - positivamente - da come si sta comportando stasera, dato che, di norma, Cucciolo non viene ricordato per il proprio contegno o per la sua abilità di non farsi notare.

Mi volto verso Jules con sguardo interrogativo e lei mi sorride orgogliosa, sussurrando:

“Visto? Mi aveva promesso che non mi avrebbe dato motivo di preoccuparmi.”
“Sono stupita.” le rispondo con sguardo divertito e alzando una mano perché lei possa battere il cinque con la sua.
“Non dirlo a me. Sembra un vero signore!” ridacchia Jules fiera, riempiendomi per l’ennesima volta il bicchiere di vino rosso che io trangugio in un solo sorso.

E siamo al numero...? Non ne ho idea. Ho perso il conto dei drink e non mi interessa saperlo.

Quando finisce questa serata? Quando posso tornare a casa mia? Adoro i miei amici e gli sono grata per avermi reso più godibile questa uscita ma, ogni volta che metto piede fuori di casa, dopo qualche ora comincia a mancarmi l’aria.

Fortunatamente sento l’alcol iniziare a fare effetto: la testa è più leggera, inizio a sentirmi accaldata e molto meno tesa e, che ci crediate o no, comincio a non sentire più gli incisivi e le labbra sono intorpidite.
No, non è il principio di qualche patologia: è quello che capita a me quando sono ufficialmente molto più che alticcia. Se mi passo la lingua sui denti e li sento strani, ho la conferma che sono abbastanza ubriaca.

Spostando gli occhi sui miei amici realizzo che non sono l’unica ad avere subito gli effetti dei fumi dell’alcol: la cretinaggine si è dilagata quanto il vino e, nel controsenso che è la vita, la persona più controllata al momento a questo capo del tavolo è Cucciolo.

L’ironia della vita è mia amica.

Ridiamo tutti a frasi stupide, a battute non divertenti e siamo decisamente poco controllati fino a che Jack, in totale buona fede, domanda:
“Ehi Med, come va con Alex?” ed io, Bet e Jules ci blocchiamo con espressioni poco affascinanti sul viso.

Ah! Bella domanda.

“Altro vino?” propone Bet, scuotendo la chioma bionda, nella speranza di segnalare la inopportunità della domanda e Roby coglie al volo il segnale
“Ok, argomento errato, suppongo”
Io annuisco e abbasso lo sguardo: come glielo racconto quello che è successo negli ultimi giorni senza fare la figura dell’ idiota e incoerente?

Per qualche secondo tra noi cala un silenzio imbarazzato e tutti sembrano cercare qualcosa da dire per annientare la tensione; poi, dal nulla, ci pensa Leo ad aprire la bocca e a decapitare ogni genere di ilarità.
“Ehi Med, ho un’idea. Perché non ci fai una lista di argomenti di cui ci è concesso parlare, così evitiamo di toccare i tasti proibiti?” chiede con una punta di rabbia e so che, stavolta, con il mio amico ho passato il limite.

Leo non è dotato di grande pazienza, questo si sa, ma soprattutto non sopporta di dover camminare in punta di piedi attorno alle persone. E, più di ogni cosa, non tollera l’idea di vedermi fragile.
Io lo fisso ferita e un po’ spiazzata dalla sua reazione anche se sapevo che prima o poi avrebbe smesso di fingere che i miei silenzi andavano bene.
Gli occhi azzurri di Leo restano paralizzati suoi miei: sembra stupito anche lui di quello che ha detto e, forse, è dispiaciuto di aver scoccato una freccia così appuntita che ha colpito dritto al centro, ma sembra  allo stesso tempo sollevato.

Quasi avesse finalmente detto quella frase che vibrava sulle labbra di tutti, quasi non riuscisse più a sopportare l’obbligo di maneggiarmi come una bambola di porcellana, trattenendosi e costringendosi a ponderare continuamente ogni parola.
Faccio scorrere rapidamente gli occhi sui visi dei miei amici, rendendomi conto che tutti evitano di incontrare il mio sguardo. Tutti, tranne le mie due amiche. 

“Che cazzo, Leo...” sussurra Jules, schiarendosi la voce.
Lui tace, e poi distoglie lentamente lo sguardo dal mio.

Quella che fino a pochi secondi fa era un’atmosfera leggera e divertita, si è improvvisamente caricata di un peso enorme. Il peso del mio essere tanto inadeguata alle situazioni più normali, da qualche tempo.

“Va beh, comunque è tutto a posto...” prova a stemperare la tensione Bet ma io la interrompo:
“No, non lo è. E mi dispiace ragazzi. Alex non è un argomento tabù. Solo un po’ troppo complicato da spiegare in una serata come questa.” affermo cercando gli occhi del mio più caro amico che, però, continua ad evitarmi.
“Possiamo parlare di me e di Alex, davvero, solo non stasera: in questo istante c’è troppo vino nel mio sangue per riuscire a spiegarmi coerentemente.” concludo, vedendoli annuire e sforzarsi di capirmi ancora una volta, ma sui loro volti si riflette improvvisamente una punta di compassione, e per me è troppo.

Non voglio che provino pena per me. Sono troppo orgogliosa per sopportare la consapevolezza di suscitare pietà nelle persone che mi vogliono bene.

Io non sono una debole, cavolo! Non lo sono: sono una stronza, scorbutica e sarcastica, non sono questa sorta di fantasma di me che minaccia di prendere il sopravvento.

“Che hai da guardare?” sento Jack chiedere e, spostando l’attenzione sulla persona con cui sta parlando, mi rendo conto che le sue parole sono rivolte a L.
Mi giro e i suoi occhi rabbiosi si scontrano ancora una volta con i miei, lasciandomi intendere che ha sentito quello che ho appena finito di dire.
“Vado in bagno...” annuncio appesantita da tutto quel nervosismo e alzandomi rapidamente.
“Med...” mi chiamano Bet e Jules in contemporanea, ma io sorrido a entrambe e le rassicuro sussurrando un “Sto bene, ragazze. Tranquille, devo solo fare pipì...”, senza attendere una loro risposta e allontanandomi dal tavolo.

“Scusa, dove trovo il bagno?” chiedo a due camerieri fermi vicino alla cassa, cercando di apparire sobria e controllata.

“In fondo a quel corridoio. Dopo la porta della cucina” mi risponde sorridendo uno dei due e credo si sia accorto del fatto che sono visibilmente ubriaca.

I miei passi si fanno veloci, mentre raggiungo quell’angolo di solitudine di cui ho bisogno per riprendere controllo di me stessa e delle mie emozioni e, trovata la porta che reca l’insegna Donne, mi ci fiondo dentro, raggiungendo il lavandino e osservando la mia immagine nello specchio.
Gira che ti rigira, finisco sempre per rifugiarmi nei bagni: c’è davvero qualcosa di assurdo in me.

Guardo il mio riflesso e noto, per nulla stupita, che sono un disastro.
Come sempre quando bevo un po’ troppo, i miei occhi si sono fatti lucidi e la matita nera ai loro angoli si è lievemente sfumata.
L’acconciatura che Jules aveva creato si è lentamente scomposta e i ciuffi che mi incorniciano il viso si sono fatti più numerosi e ribelli.

Bella gnocca, insomma.

Mi bagno le dita di entrambe le mani e risistemo con accuratezza il mio trucco e i miei stupidi capelli e, sospirando, cerco di risvegliare il mio cervello dal suo stato di torpore da vino.

“Forza, Med! Basta fare l’idiota. Smetti di fare la debole.” ordino al mio stesso riflesso e penso che, quando faccio la persona severa, ho un certo polso, il che mi solleva perché potrebbe voler dire che la parte stronza che è in me può ancora avere la meglio.

Obbligo un sorriso ad apparire sul mio viso, apro il rubinetto e faccio scendere un po’ di acqua fredda, passandoci sotto i polsi, nel tentativo di attenuare i vapori dell’alcol.
Poi apro la porta del bagno, tornando nel corridoio della cucina, con gli occhi bassi, e continuando a ripetere a me stessa che non sono una debole.

Mentre cammino guardando a terra per controllare la direzione dei miei piedi, sento una voce fin troppo conosciuta dire:
“Ah, ora parli anche da sola?”

Alzo di scatto la testa e mi ritrovo davanti la figura di L che, con uno sguardo duro, mi scruta da cima a fondo.
“Che cosa vuoi?” gli chiedo tra i denti, restando ferma sul posto e pensando che il mio livello di ubriachezza ha decisamente superato la soglia che mi permette di avere i riflessi pronti.
“Niente che non voglia anche tu.” ribatte lui con un mezzo sorriso, avvicinandosi.

Credo che L abbia del tutto lasciato a casa i neuroni e viva in una sorta di universo parallelo: non posso credere che, dopo il modo in cui gli ho detto che non lo voglio più vedere, dopo aver fatto la figura dell’idiota con la sua serenata e dopo aver puciato il biscottino in ogni dove mentre io gli sbavavo dietro, questo ragazzo pensi davvero che io voglia qualcosa da lui.

Cerco di ignorarlo e di sorpassarlo, ma riesco solo a fare un paio di passi, prima che lui mi afferri per un braccio e mi blocchi.

“Lasciami.” gli ordino senza voltarmi e sbuffando, trovandolo sempre più patetico.

Il fatto che, al momento, sono certa che crede di essere l’uomo più sexy sulla faccia della terra, mi fa venire voglia di ridere. Cosa che inizio a fare incontrollabilmente quando lui mormora un “Eh, dai, Med..” con una voce che dovrebbe suonare suadente ma che, nel mio stato intossicato, mi fa pensare alle parodie delle voci delle hotline.
Lui, irritato dalla mia reazione e approfittando della mia distrazione, mi tira forte e mi intrappola contro il muro, posizionandosi di fronte a me e appoggiando un palmo sulla parete accanto alla mia testa.

Io, invece di preoccuparmi della sua cocciutaggine e della sua dimostrazione di orgoglio ferito, con la mente volo a quando contro la mia schiena c’era la porta di un bagno e in una posizione simile a quella di L c’era Alex.
Un sorriso si anima sulle mie labbra. Sono proprio ubriaca, non c’è alcun dubbio.

Alle spalle di L vedo la porta a vetri della cucina e le persone che si muovono veloci al suo interno e penso che siano molto più interessanti dell’idiota che persevera nel parlarmi.

“Ti trovo bene.” mi sussurra L ad un orecchio, e i miei sensi annebbiati percepiscono vagamente che il suo viso è troppo vicino al mio ma la luce pallida del corridoio e il caldo che si diffonde dalla cucina mi rintronano sempre di più.
“Ti ringrazio. È la tua lontananza che mi conferisce questo aspetto meraviglioso.” borbotto provando a spingere sulle sue spalle ma l’unica risposta che ottengo è un suo ghigno divertito.

La testa mi gira fortissimo e i miei riflessi sono molto più rallentati di quanto mi fossi resa conto: faccio pure un po’ fatica a mettere a fuoco gli oggetti e mi maledico per aver bevuto così tanto.

“Non dici sul serio.” sorride lui borioso senza neanche accorgersi del fatto che la mia attenzione è fissa sulle ante che dondolano avanti e indietro di fronte a me.
“Falla finita.” biascico cercando di mantenere stabile il mio baricentro e tentando ancora una volta di allontanarlo da me.

Ma io sono visibilmente ubriaca, lui no e i miei tentativi di assumere il controllo sono patetici e inutili. Quando cerco di spostarmi dal muro, lui mi afferra un polso e mi spinge contro la parete, fermandomi con il suo corpo.

Il suo volto è a pochi centimetri dal mio ed è adornato da un ghigno compiaciuto.
I miei occhi sono carichi di rancore e ira, ma lui non sembra per nulla intimorito.

“Med, smetti di fare la dura. Quanto credi di poter continuare ad inscenare questa cosa?” bisbiglia sfiorandomi il collo con le labbra ed io rabbrividisco per lo schifo.
“Perché è tanto difficile per te capire che non rientri più nei miei interessi?” sibilo tra i denti infuriata.
Ma lui sorride alla mia acidità e mormora: “E il biondo con cui vivi lo è?” e la sua voce riflette l’astio evidente sin da quando sono arrivata. Poi aggiunge:
“Sei sexy quando fai così”

“Ma cosa stai dicendo?! Non ti rendi conto di quanto sei ridicolo?”

Lui ammicca, ignora le mie parole e, prima che me ne accorga, le sue labbra sono sulle mie, e la sua lingua si è fatta forzatamente strada dentro la mia bocca.
I miei occhi si serrano stretti per il disgusto che pervade all’istante tutto il mio corpo, poi si spalancano per lo shock. Maledetto vino, maledetta me per essere ubriaca e per i miei riflessi da geriatria!
Lui lascia andare le mie labbra con il sonoro rumore di un bacio bagnato e piega di lato la testa. Ed è allora che il mio sguardo, ancora incredulo, incrocia quello dell’ultima persona al mondo che avrei voluto vedere ora.

Solo il vetro della porta della cucina ci separa e, guardando dentro quegli occhi blu, vorrei scomparire.

L'imbarazzante piacere del TuttoTondoWhere stories live. Discover now