Capitolo 1

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Per chiunque poteva sembrare l'alba di un nuovo inizio, la ripartenza dopo un periodo di stasi, la ripresa dopo una sconfitta, ma per me ed i miei fratelli era solo una gran rottura.

Imballare tutta la nostra vita depositando oggetti sul fondo di enormi scatole non era più un esercizio piacevole.

Casa Zaccagnini era ormai sede provvisoria di gran parte delle città italiane. Approdavamo negli angoli più disparati della penisola per poi ripartire nello stesso istante in cui la mia vita, o quella di Jacopo, iniziava a colorarsi di magia. Avevo vent'anni e non conoscevo ancora il sapore del vero amore.

Dopo ogni inizio ero sempre la "straniera", la "ragazza nuova", la tipa a cui dover impartire direttive. Mentre mio fratello era sempre stato più brillante di me. Bello, socievole e sportivo, non aveva mai faticato molto ad accaparrarsi simpatie, mentre io ne ero la luce riflessa.

Relegandomi in un angolo, amavo più leggere che tessere legami. Forse era meno compromettente immaginare la vita di qualcun altro piuttosto che vivere la mia.

Cresciuti insieme per caso e non per scelta, io e Jacopo eravamo abituati a condividere ogni tipo di spazio insieme. Quando si ha un gemello, la vita scorre diviso due.

A scuola, in piscina, durante le ripetizioni di italiano e matematica, a casa, in stanza, eravamo sempre i-n-s-i-e-m-e.

Nel corso degli anni anche vivere un piccolo dramma personale era stato difficile. Dovevo ringraziare i bagni di casa, se di rado ero riuscita a versare qualche lacrima in piena solitudine, ma non si sa come, anche a distanza, senza poggiare i suoi occhi su di me, lui percepiva ogni sfaccettatura del mio dolore. Come io d'altronde avvertivo il suo. Era così per le gioie, le ansie, il batticuore.

Strano ed inspiegabile, ma vero.

Vivevo attraverso il mio corpo le emozioni di mio fratello. Era una simbiosi seccante, qualcosa che non avevamo cercato, ma un vestito di cui non riuscivamo più a spogliarci.

Ci odiavamo eppure facevamo parte l'uno dell'altra.

La scienza non era mai riuscita a spiegare alcune anomalie tra gemelli ed io avevo smesso di pormi domande. Semplicemente accettavo e basta la condizione di dover condividere un maggior carico emozionale.

Quella era la mia vita.

Mio fratello si era insediato in me come le radici di un albero secolare.

«Ragazzi, io vado, per qualsiasi cosa chiedete al papà e mi raccomando Emma, controlla i tuoi fratelli».

Un bacio fugace e mia madre era come sempre ufficialmente fuori dalle nostre vite. Quella era la sua voce e la raccomandazione appena mossa l'unica che sapesse fare.

Per me non era mai esistito un «Non fare tardi stasera» oppure un «Non dare confidenza agli estranei». La sua unica e sola preoccupazione era quella di farmi badare ai maschi di casa. Ad ogni modo dovevo ringraziare proprio lei se la mia vita stava andando di nuovo a rotoli.

I documenti per la separazione consegnati un paio di settimane prima a papà non mi avevano scossa quanto la recente notizia di dover preparare di nuovo le valigie. Ancora una volta dovevo subire il peso delle scelte di miei genitori.

Nuova destinazione: Parigi.

Almeno in quell'occasione cambiavo stato... Che fortuna!

Dovevo solo rinunciare ad una sessione di esami, abbandonare la mia migliore amica, cambiare università e ricominciare di nuovo tutto daccapo. Ancora una volta.

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