Capitolo 67

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UN MESE DOPO

"Secondo te sarà un maschio o una femmina?" Mi domanda Jessica mentre usciamo da un negozio per bambini nel centro commerciale dove lavora Kevin.

"Secondo me sarà una bella femminuccia." Affermo sorridendole.

"Io spererei che fosse un maschio, siamo un po' a corto di uomini in casa direi." Alla battuta di Laura ridiamo tutte.

Oggi è domenica 12 dicembre, e tra poco andrò da Andrea che oggi esce dal carcere. Da questo momento vivremo in quattro nell'appartamento, e non ci dispiace affatto. Laura dopo poco che Federico ha commesso quell'orribile fatto, ha deciso di fare un passo indietro e ha parlato con me e Jessica, scusandosi se in questi mesi ha avuto un comportamento abbastanza pessimo e poco amichevole. Ora abbiamo entrambe un buon rapporto con lei, specialmente io che forse l'avevo giudicata un po' troppo in fretta, ma conoscendola ho capito tante cose di lei; ho scoperto che in realtà non è una snob e che quando lo sembra è semplicemente un meccanismo di autodifesa nel momento in cui si sente attaccata da qualcuno con cui non ha un rapporto.

Entriamo in farmacia per andare a salutare Kevin che abbiamo deciso di invitare a cena da noi questa sera. Appena Jessica lo vede, le si illumina il viso e sorride a trentadue denti. Ci mettiamo in coda e quando è il nostro turno, la nostra amica lo saluta con un bacio a stampo. Jessica è al secondo mese di gravidanza, e la pancia le si sta cominciando a formare anche se non si nota ancora quando indossa la maglia. Nonostante tutto, è felice. Dopo quello che è successo un mese fa, abbiamo deciso di buttarci tutto alle spalle e finalmente, la calma e la serenità sono ritornate a fare parte della nostra vita, anche se non del tutto nel mio caso. Sara non ha ancora trovato un donatore, e la sua malattia continua ad avanzare com'è normale che sia. Appena riesco a rilassarmi e a godermi la mia vita da diciannovenne, questo sentimento di felicità viene rotto dall'idea del male che sta risucchiando mia sorella. Devo avere fede, e speranza perché non posso ancora mollare. Nessuno della mia famiglia può mollare, è vietato; se ci arrendiamo noi è finita, dobbiamo continuare a coltivare la speranza e a pregare, con la fiducia che qualcuno ascolti le nostre preghiere e le realizzi. Il mio rapporto con Dio ultimamente è migliorato, anche se le mie richieste sono riferite più ad una mia entità interiore che a quello classico della bibbia.


**

Aspetto con ansia sulle sedie dell'ufficio del carcere. Andrea dovrebbe uscire alle 16.00 e adesso sono le 15.58. Nonostante l'ultima volta che l'abbia visto sia stato solo tre giorni fa, l'idea che questa volta lo vedrò con l'aggiunta del fatto che potrà anche tornare a casa con me, non mi fa più stare nella pelle. Ad un tratto una figura famigliare mi si avvicina. E' la poliziotta con i capelli biondi che ci aveva allontanati mentre ci stavamo baciando, la notte che era successo quel disastro.

"Non dovresti agitarti così tanto, qui dentro l'abbiamo messo in riga." Mi sorride la signora avvicinandosi a me ed io sorrido.

"Ragazzina, non mi credi? Guarda che è vero. Uscirà da qui che potrà dare lezioni di bon ton anche ai più maleducati del Bronx." Scherza ed io rido.

"Scusa Jennifer, non è educato parlare di qualcuno quando non è presente." Afferma una profonda voce inconfondibile, la mia voce preferita. Mi alzo di scatto e mi volto, vedo Andrea, vedo lui, vedo la mia felicità. Appena i nostri sguardi si incontrano, non si vorrebbero più lasciar andare e quando mi fa l'occhiolino alzando un angolo della bocca in un sorriso, nella mia pancia le emozioni vanno tutte in subbuglio; non sono mai stata tanto felice di vedere un ragazzo. Mi avvicino a lui, ma questa volta non correndo, camminando, perché adesso nessuno e niente ci dividerà più. Quando gli sono davanti, a pochi centimetri di distanza dal suo viso, non riesco più a smettere di sorridere.

Non volermi, amami || COMPLETOWhere stories live. Discover now