Mistery

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«Ma sei pazzo! Scatenerai un casino, se racconti tutto ciò che è appena successo! E poi magari non sono nemmeno una minaccia per noi. Finché non siamo sicuri di ciò che abbiamo visto, non scateniamo inutilmente del panico!» Alexis cercava di far ragionare Bellamy, che subito dopo essersi ripreso dallo shock iniziale — dovuto alla scena a cui aveva appena assistito —, iniziò a camminare verso il campo.

Era ovvio che se avrebbero raccontato tutto quello che era successo poco fa, il panico sarebbe piombato tra tutti i cento giovani e il terrore avrebbe preso il controllo di qualsiasi cosa e persona. Insomma, sarebbe stata la fine di tutto: il caos più totale.

«Ma loro meritano di sapere! Non possiamo tenerli all'oscuro di una cosa del genere! Devi capire che non siamo più soli, non lo siamo mai stati, Alexis.» le parole così tanto temute dai due, erano uscite dalle labbra del ragazzo con una facilità disumana. Addirittura anche lui stesso si spaventò dell'estrema semplicità, con cui aveva pronunciato quella così spaventosa frase. Alexis deglutì amaramente: quelle parole incutevano ancora più timore pronunciate in quel modo. Non riuscì a ribattere più nulla e, pensando quindi di averla convinta, Bellamy riprese il suo rapido incedere verso l'accampamento.

Ma non era a conoscenza della grande ostinazione e testardaggine che caratterizzava la ragazza: Alexis non si sarebbe arresa così facilmente, non avrebbe permesso al caos di piombare su di loro, solo perché un imbecille come Bellamy era fin troppo impulsivo. Anche lei lo era, ma non in casi come quelli. Il caos è difficile da controllare e sarebbe stata la fine per tutti loro.

Lo prese istintivamente per il polso, facendolo fermare e voltare verso di sé. I due incrociarono quindi lo sguardo e, anche se solo per una frazione di secondo, Bellamy si perse negli occhi dell'altra. Erano così pieni di tenacia, che brillavano come degli smeraldi, in una grotta segreta. Quasi pensò che quelli fossero gli occhi più belli che avesse mai visto. Scacciò però subito quei pensieri, dicendosi che aveva qualcosa di più importante a cui pensare, come sua sorella, la quale avrebbe protetto a costo della vita; di conseguenza, si autoimponeva di non potersi perdere in certe sciocchezze.

«Ascolta, né tu né io vogliamo che si scateni il panico nell'accampamento dopo neanche un giorno che siamo qua, sbaglio?» lui non rispose, forse intimorito dalla ragazza o forse, più semplicemente, nemmeno lui conosceva la risposta a quella domanda; ma Alexis percepì dal solo sguardo dell'altro di aver ragione, quindi riprese il discorso con sicurezza. «Bene. Quindi, se tu vai a raccontare ciò che abbiamo appena visto, il terrore prenderà il controllo su tutti e lì si che sarebbero guai: si scatenerebbe il caos. Dobbiamo mantenere la calma il maggior tempo possibile, o almeno fino a quando gli altri non saranno tornati. Se ci sono altre persone oltre a noi qua, le avranno di sicuro incontrate anche loro. Dobbiamo solo avere pazienza e stare attenti d'ora in poi, okay?»

Bellamy fu così colpito dal fascino che avvolgeva l'altra, che non seppe far altro se non acconsentire alle sue parole. Alexis aveva la stessa capacità della madre: sapeva farsi ascoltare e anche con grande facilità. Oltretutto, era anche tanto tenace e sicura quanto la madre nelle sue parole, grazie anche a queste caratteristiche riusciva a farsi ascoltare così tranquillamente.

Aveva quindi convinto il ragazzo a non dire nulla, almeno fino a quando non fossero tornati gli altri e, solo dopo essersi confrontati anche con loro, avrebbero deciso cosa fare a riguardo. Tornarono quindi al campo, senza proferire una singola parola. Tra i due era calato un silenzio tanto imbarazzante, quanto abissale.

***

Alexis stava dirigendosi verso la navicella, quando notò la scritta: "primo figlio primo a morere". Le sfuggì una risata, all'evidente errore ortografico di chiunque avesse inciso quelle parole sul freddo metallo della navicella.

Alive || The 100Where stories live. Discover now