The beginning of everything

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Tuttavia, si fidava ciecamente di Eric, sapeva che non le avrebbe mai fatto del male, anche se in quel momento mille dubbi le affollavano la mente. In ogni caso, decise di affidarsi al suo istinto e quindi di fidarsi ancora anche questa volta, nonostante tutto le sembrasse così sospetto e insolito.

Gli porse il braccio con un po' di incertezza e chiuse gli occhi, non volendo sapere cosa gli stesse per fare.
Il dottor Jackson le prese il braccio, tastandoglielo in cerca della vena. Non appena la trovò, la sua stretta si fece più forte, e a quel punto Alexis si sentì pungere il polso come da mille sottilissimi aghi.

«Fatto.» Il tono del giovane medico era molto calmo, cercando così di trasmettere anche alla ragazza un po' di serenità e tranquillità. Alexis aprì di scatto gli occhi e il suo sguardo andò subito a posarsi sul suo polso, che era fasciato da un bracciale metallico.

«Che diavoleria è?» chiese, non riuscendo a comprendere il motivo di quello strano oggetto e di tutto quel silenzio che si era creato dopo la "puntura".

«È un transponder di parametri vitali.» finalmente Eric si decise a parlare. «Serve a monitorare la respirazione e la composizione del sangue e a raccogliere tutta una serie di informazioni utili.» aveva un tono discretamente calmo, che riusciva a celare la sua infinita preoccupazione. Alexis non sapeva cos'altro dire, ancora non riusciva a capire il motivo di tutto questo, ma presto sarebbe riuscita a comprenderlo. Vedendo la confusione balenare nei suoi occhi, l'uomo si scambiò qualche parola col medico, che poco dopo uscì dalla stanza, rivolgendo però prima un sorriso alla ragazza, la quale ricambiò gentilmente. Erano mesi che qualcuno non le sorrideva.

Ma quando rimasero da soli lei e l'uomo, si iniziò a respirare un clima di ostilità.

«A chi servono queste informazioni? E perché mi avete messo questo bracciale? Cosa diavolo sta succedendo?» subito Alexis tempestò di domande l'uomo, il quale prese un bel respiro prima di rispondere.

«Potresti intuirlo, dato che hai letto i miei documenti qualche anno fa.»

Lei voltò di scatto lo sguardo: come ne era venuto a conoscenza? Pensava che non se ne fosse mai accorto, pensava di non aver lasciato alcuna traccia in quella stanza, dopo essersene andata; ma a quanto pare si sbagliava, aveva fatto qualche errore e ora l'uomo era al corrente della sua violazione. Odiava però ammettere i suoi sbagli, dal tanto che era orgogliosa e avrebbe negato tutto anche di fronte all'evidenza, cosa che l'uomo sapeva molto bene. Tuttavia stavolta aveva i polsi legati: lui l'aveva colta in flagrante e lei non aveva niente con cui difendersi. La colpa era stata tutta sua e lei ne era consapevole, fin troppo.

Alexis aveva tredici anni quando scoprì l'amara verità, che il Consiglio nascondeva a tutti i cittadini dell'Arca.

«Ci vediamo stasera, Alex.»

Il padre provò a lasciare un dolce bacio sui morbidi e setosi capelli della figlia, ma quella si ritrasse freddamente come ogni volta.

Ormai era sempre così: da quando era morta la madre, la ragazzina aveva attribuito la colpa al padre e a quest'ultimo rivolgeva la parola solamente quando era strettamente necessario. Padre e figlia erano come due calamite uguali, accumunate solamente dal dolore verso la morte di chi amavano.

Si deve dire che erano però passati anni dalla morte della donna e l'uomo aveva sempre provato a spiegare alla figlia il motivo per cui aveva agito in un determinato modo, ma i suoi tentativi di riconciliazione erano ogni volta vani; la figlia si allontanava ogni giorno di più dal padre e non appena avrebbe potuto, si sarebbe allontanata anche fisicamente, e lui non poteva fare ormai nulla per cambiare questo inevitabile evento.

Alive || The 100Where stories live. Discover now