Tiene una mano sul petto all’altezza del cuore e, mentre i miei occhi si spostano su quel punto, prendo atto del fatto che Alex stanotte - per qualche astrusa ragione - non dorme con un pigiama.

Se ne sta a petto nudo con un paio di pantaloni a quadrettoni blu e verdi e, cercando di mettermi a fuoco e abituarsi alla luce della stanza, mi chiede nel panico:

“Cosa c’è??”

Non rispondo ma mi concentro a spostare lo sguardo dal suo torso nudo e tornare a cercare quegli occhi che, sono certa, continuano a scrutarmi.

“Cosa cazzo è successo?! Mi hai fatto prendere un infarto!” afferma stizzito ora che i suoi occhi si sono aperti e adattatati al nuovo bagliore. Poi accenna un passo nella mia direzione strofinandosi una mano sui capelli disordinati.

“FERMO! Non muoverti...” gli ordino nervosa. Lui si blocca in quel punto della stanza, guardandomi confuso quando io ricomincio ad analizzare gli angoli della stanza; a quel punto il mio coinquilino mi domanda se mi sono per caso fatta un acido, ma io alzo l’indice verso la bocca per fargli capire di tacere e afferro un canovaccio abbandonato accanto a me sul bancone.

Ce ne sono due. Ottimo. Ho più munizioni.

“Med, mi stai spaventando. Che droga era quella che hai preso?”

“Non ho preso droghe, cretino.” sussurro additando il mobile grigio tortora su cui svetta la televisione del salotto e gesticolando in modo che capisca che voglio che lo tenga d’occhio.

“Perché diavolo mi hai svegliato?!”

Silenzio.

Il mio coinquilino attende ma io resto concentrata sul mio obbiettivo. Poi, dandomi un ridicolo slancio, scaglio il canovaccio verso il mobile: ma, poiché non sono una grande tiratrice, c’è poca forza e lo straccio atterra a mezzo metro dalla meta.

“Ma cosa stai facendo?!”

“Cacchio!” impreco io e tutto ciò non fa che aumentare la sua frustrazione.

“Ok, ora basta. Io torno a letto, tu fai come ti pare... donna... appollaiata sul bancone della cucina.” annuncia lui innervosito, dandomi le spalle e camminando verso la sua stanza.

“No, no, no, Alex aspetta! Mi serve una mano!” strillo mentre gattono da una parte all’altra del mobile e credo di somigliare ad un cane in questo momento, ma più che decisa a non abbandonare la mia postazione strategica.

Lui sbuffa spazientito e lasciando cadere all’indietro la testa in un gesto di stanchezza, si ferma di nuovo; si gira verso di me e, con una contrazione delle sopracciglia, mi invita a spiegare il perché.

Io indico la zona del salotto verso cui ho lanciato lo straccio e dichiaro seria:

“C’è uno scarafaggio.”

Lui assume un’espressione interdetta, spostando alternativamente lo sguardo da me al mobile grigio e io ne approfitto per dare una sbirciatina al suo petto nudo: non è muscoloso, non è scolpito, eppure è piuttosto curato. È scompigliato, asciutto e armonioso, con il suo accenno di addominali  e i suoi pettorali equilibrati.

Sì, ecco, è equilibrato. È indiscutibilmente figo nel suo insieme, ma non è pieno di particolari che gridano alla perfezione e c’è qualcosa di incredibilmente naturale nella sua fisicità. Come se per ottenere quell’aspetto non ci si dovesse sforzare.

Non è bello come i modelli delle pubblicità, è affascinante in modo così “normale” da renderlo ancora più appetitoso.

“Ma tu sei completamente scema!” mi distrae dallo scanner del suo corpo e io mi agito ancora di più, pregando il cielo che lui non si sia accorto della radiografia che gli ho appena fatto.

L'imbarazzante piacere del TuttoTondoWhere stories live. Discover now