PRELUDE TO TRAGEDY

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I giorni si susseguirono tranquilli, senza nessun segno di un potenziale attacco alieno. I Vendicatori si esercitavano costantemente in una zona, fuori portata, all'interno del perimetro. Più di una volta Caterina li vide rientrare a tardo pomeriggio con lividi, graffi e armature ammaccate. A volte le permettevano di osservare le esercitazioni in una zona sicura, fuori dalla loro arena, in modo che non le facessero del male per sbaglio.
Un giorno, emozionata dalle gesta di quegli eroi, che vedeva tutti i giorni combattere, chiese a Clint e Natasha di farle un corso accelerato di tiro con l'arco e autodifesa. Dopotutto era giusto che anche lei sapesse difendersi se gli avvenimenti lo richiedevano; inoltre non poteva rimanere chiusa in quella villa senza fare nulla, sarebbe impazzita. I due, dopo un primo momento di incertezza e di contrarietà, furono felici di darle una mano, sopratutto quando videro con quanta facilità apprendeva le nozioni basilari. Assorbiva tutto come una spugna; era un allieva perfetta tanto che le intensificarono gli addestramenti, passarono da farle fare solo qualche ora a settimana a tre ore la mattina e tre ore il pomeriggio, dopo che la coppia di assassini finiva gli allenamenti con gli altri Avengers, e tutte le volte tornava con qualche livido o graffio in più ma sempre sorridente e felice anche se stremata a tal punto che le prime volte andava a letto senza neppure mangiare.
I suoi giorni, quindi, furono scanditi da mattinate in cui apprendeva tutta la teoria di combattimento, su come si usa, monta e si smonta qualsiasi arma, tecniche e strategia di attacco e da sfiancanti pomeriggi dove tirava cazzotti e calci, sotto la supervisione di Natasha - anche se Clint continuava a ripetere che non aveva bisogno, era già brava - o scoccava frecce sentendosi un po' come Legolas. Fu grazie a quegli allenamenti continui che potette stringere un rapporto di amicizia con Natasha e Clint. Sebbene all'inizio le stesse antipatico, l'agente Barton si rivelò un ottimo insegnate e amico; non era l'antipatico, presuntuoso e arrogante arciere che credeva lei.
Nat e Clint, ormai si lasciavano chiamare così, erano diventati per Cat una sorta di Mary e Jake, che nonostante l'età e le esperienze molto diverse, erano riusciti a instaurare un primitivo rapporto di sincera amicizia.
Trascorreva qualche sera in compagni di Loki e Thor per farsi raccontare di più del loro mondo e dagli altri compagni con cui stava pian piano legando.
La notte, invece, era solo per il Dio e la mortale. Nonostante in pubblico lui rimanesse il solito insopportabile arrogante ingannatore e lei allegra e solare con tutti, qualche componente del gruppo non potette fare a meno di notare un certo affiatamento tra i due, nonostante altri continuassero a sostenerla una cosa impossibile dato le loro nature così diverse. Ma la verità veniva fuori solo nella camera da letto della ragazza: era lì che si nascondevano da occhi indiscreti, maldicenze e da tutto quello che non riguardava loro due. Quello che stava avvenendo ad entrambi e che nessuno dei due voleva dare un nome - lei per inesperienza, lui perché non lo avrebbe ammesso - doveva essere custodito e tenuto segreto, perché nessuno avrebbe capito ed avrebbero fatto di tutto per separarli.

E solo le Norne sapevano quanto ne fosse geloso il Dio del Caos.

Un caldo pomeriggio, dopo un'estenuante allenamento passato a menare calci, pugni, a sparare e scoccare frecce, a saltare e rotolarsi per terra per schivare colpi, Cat prese coraggio fece una richiesta ai suoi maestri.

"La prossima volta mi posso allenare con voi?" disse mettendola sul vago, mentre sistemava la pistola nella fondina.

"E' quello che facciamo quasi tutti i giorni." le rispose l'uomo, guardando di sottecchi Natasha, intuendo dove volesse arrivare la ragazzina.

"Io intendevo con tutti voi." disse spavalda.

"E' fuori discussione." replicò l'uomo all'istante, forse un po' troppo rudemente, sistemando le sue armi.

"Dai, per favore!" disse unendo le mani e facendo il broncio, con l'intenzione di impietosire qualcuno.

"E' troppo pericoloso." parlò senza guardarla, sistemando le ultime frecce rimaste.

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