Quando ti deciderai ad ammettere la verità a te stesso sarà troppo tardi.

Il sorriso gli si spense. Poteva dargli ragione? No. Lui non era Søren. Non possedeva quell'equilibrio che lo contraddistingueva. Søren sapeva chi era, l'aveva sempre saputo, come aveva sempre saputo cosa voleva. Marrok l'unica cosa di cui era consapevole era che non voleva essere come suo padre e lottava ogni giorno per non diventarlo. Un altro sorso.

Sospirò e guardò il telefono. Anice l'aveva chiamato quel pomeriggio per invitarlo a cena, ma aveva rifiutato. Sapeva di averla delusa, l'aveva sentito nella sua voce, ma non se la sentiva di rimanere da solo con lei. Non nello stato d'animo in cui si ritrovava in quel momento. Appoggiò il telefono sul tavolo in legno, lo schermo rivolto verso il basso. Si strappò una pellicina sulle labbra e ordinò qualcosa da mangiare. Non sarebbe riuscito ad ubriacarsi con la sola birra e gli altri alcolici lo nauseavano, quindi si rassegnò.

≪Hey, bel marinaio. ≫ Strinse la presa sul boccale quando sentì la sua voce e si irrigidì quando avvertì il suo profumo. Dopo quasi due settimane, si era dimenticato dell'effetto che aveva su di lui. Deglutì e la osservò sedersi di fronte a lui.

Il viso perfettamente ovale era più pallido del solito, le labbra erano tirate leggermente verso l'alto, ma il sorriso non arrivava agli occhi grandi ed espressivi. La chioma rossa le ricadeva sulle spalle come una coperta di velluto e lui provò improvvisamente il desiderio di passarvici in mezzo le dita. Se li immaginò soffici e profumati, poi si maledisse per averci pensato.

≪Te lo ha detto ≫ non era una domanda. La notizia che aveva portato con sé era l'unica motivazione dello stato in cui si trovava la huldra. Gli annuì e si fece portare una birra anche per lei, chiara però ed in bottiglia. Il suo Hamburger arrivò e così anche la birra di lei. Ne bevve un sorso e gli rubò una patatina da sotto il naso. Aggrottò le sopracciglia, ma non le disse nulla. Pareva sull'orlo di una crisi. E lei gliene rubò subito un'altra.

≪Potresti ordinartene una porzione anche tu, non credi? ≫ Si morse la lingua quando si rese conto di aver parlato. Come risposta gliene rubò una terza ed una quarta prima di portarsi di nuovo la bottiglia alla bocca.

≪Ho appena saputo che il padre di mia figlia, nonché stronzo di prima categoria, è qui in Scozia. ≫

Lui sollevò un sopracciglio. ≪Stai cercando di farmi compassione? ≫

≪Ci sto riuscendo? ≫ E appena incontrò il suo sguardo scuro e pieno di panico controllato, si disse che sì, ci stava riuscendo. Spostò il piatto leggermente verso di lei e le lasciò quelle dannate patatine fritte. Poi addentò il suo panino.

≪Perché non me lo hai detto questa mattina? ≫ Deglutì e tornò a guardarla. Dannazione, anche consumata dalla preoccupazione riusciva a mantenere un controllo incredibile. Anice sarebbe riuscita a fare altrettanto? Non ne era così sicuro.

≪Eri con Deirdre e c'era anche Ivie. Se te l'avessi detto con Deirdre presente, Søren mi avrebbe ucciso e piuttosto che farmi sentire da Ivie mi sarei ucciso io. ≫ Un lampo attraversò gli occhi di Reen mentre addolciva la sua espressione controllata.

≪Sei gentile a preoccuparti per mia figlia. ≫ Mandò giù un altro boccone.

≪Ivie è una bambina fantastica. Non voglio che la sua tranquillità venga turbata più del dovuto ≫ ed era la verità, si rese conto. Ivie era una bambina davvero vivace e anche se delle volte aveva pensato che gli sarebbero cadute le orecchie a forza di ascoltarla, era estremamente dolce e allegra. Se un giorno avesse avuto dei figli, avrebbe voluto che assomigliassero a lei, pensò e proprio per questo non avrebbe permesso a nessuno di turbarla.

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