DIVINITA' MINORI

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Annabeth era felicissima di tornare al Campo Mezzosangue per svariati motivi. Il primo era Percy, il figlio di Poseidone, per il quale Annabeth aveva una cotta da quando avevano dodici anni. Ovviamente Percy c'era arrivato solo quando lei lo aveva baciato durante la sera del suo sedicesimo compleanno. Naturalmente la figlia di Atena aveva provato a farglielo capire prima di allora ma il ragazzo era una Testa d'Alghe. Il secondo motivo erano i suoi amici: Hazel, Piper, Jason, Calipso, Leo, Frank, Nico e Will. Erano la sua famiglia. Aveva viaggiato con loro dal Campo Mezzosangue alla Grecia e avevano rischiato tutti insieme la pelle per un centinaio di volte. Erano la famiglia che Annabeth non aveva mai avuto. Il terzo era l'allontanarsi da suo padre. I primi giorni erano andati a gonfie vele e sembrava che avessero risolto tutto, ma poi erano incominciati gli attacchi e la matrigna di Annabeth l'aveva sgridata mentre suo padre non aveva fatto nulla per impedirle di andarsene. Annabeth aveva passato la sua infanzia a scappare, quindi era abituata. Questa volta però, si era fermata al Campo Giove per qualche giorno con Piper, Hazel, Frank e Reyna. Aveva passato le migliori settimane della sua vita lí, anchr se avrebbe preferito rimanere a New York. Mentre andava con Percy alla Cabina 3, gli raccontò tutto quello che aveva passato da quando era andata a San Francisco. Lui pendeva dalle sue labbra e di questo lei era contenta.
-Allora Testa d'Alghe, tu che mi racconti?- domandò non appena ebbe finito di parlare.
-Niente di particolare- rispose lui- Qualche attacco qua e là e basta.
Entrarono nella Cabina 3 e Annabeth appoggiò le valigie, poi s'avvicinò al ragazzo e chiese:-Non te ne andrai questa volta, vero?
-Nel caso ti porto via con me- scherzò il figlio di Poseidone, afferrandola per i fianchi- Non mi separerò più da te. Qualunque cosa accada. La distanza tra di noi deve essere minima.
Annabeth non fece in tempo a sorridere che Percy la baciò. Alla figlia di Atena erano mancati i suoi baci, quelli teneri, quelli che le facevano dimenticare il dolore che aveva dentro che le aveva causato il mondo e che dimenticava solo quando era con lui.
-Mi sei mancata- disse Percy fermandosi per riprendere fiato, mentre i loro occhi s'incatravano.
-Anche tu- rispose Annabeth per poi iniziare a disfare le valigie Il pomeriggio sembrava interminabile. Annabeth era passata per la Cabina 6, quella di sua madre, a vedere se andava tutto bene. Nonostante vivesse nella Cabina 3, Annabeth era rimasta comunque la capo-cabina della 6. Malcom, suo fratello, le aveva sempre detto che lì c'era un letto sempre libero per lei, ma la figlia di Atena aveva sempre risposto che nella Cabina 3 stava bene e che magari il letto poteva servire a qualcun altro. Passò alla Casa Grande, per salutare il Signor D, il direttore del Campo Mezzosangue, e Chirone, il dirett Quando ebbe finito, andò al Pino di Talia. Appoggiò una mano alla corteccia dell'albero e pensò a quando Talia era stata trasformata in quel pino. Avava pianto molte volte, incolpandosi di ciò che era successo. Certo, si era risolto tutto: Talia era più viva che mai e scorrazzava per il paese insieme alle Cacciatrici e lei era felice per l'amica, ma sentiva ancora quel senso di responsabilità. Si mise a terra a rimuginare sugli anni passati. Le immagini di Luke Castellan, Roma, il Tartaro e la Grecia, le passarono nella mente. Si mise inconsciamente a piangere. Sentì qualcuno avvicinarsi e lei stava per mandarlo via, chiunque fosse, ma quel qualcuno l'abbracciò tra le sue braccia. Avrebbe riconosciuto quel profumo di brezza marina tra mille altri: era Percy.
-Ti ho cercato dappertutto, Sapientona- la rimproverò Percy- Non uscire mai da sola.
Annabeth affondò il viso nel suo petto, inspirando il profumo di salsedine del ragazzo, ma si staccò quando sentì dei rumori. Probabilmente provenivano dalla base della collina. Proprio là, c'era il Minotauro, il toro- uomo che Percy e Annabeth conoscevano fin troppo bene. Questo stava attaccando un satiro e due ragazzi, probabilmente semidei, che riuscivano appena a difendersi.
-Te la senti di combattere?- domandò Percy. Annabeth annuì e, alzandosi, prese la sua spada di osso di drago; l'aveva ricevuta nel Tartaro da un gigante, figlio di Gea e dello stesso Tartaro. Il suo nome era Damaseno. Quando pensava a lui non poteva fare a meno di rabbuiarsi. Era una cosa più forte di lei. Pensava anche a Bob, o Giapeto, e Bobbino e all'ultima richiesta del Titano, prima che le Porte della Morte si chiudessero: salutare il Sole e le stelle. Così, ogni mattina e ogni sera, Annabeth s'affacciava alla finestra e salutava il Sole e le stelle, tenendo viva la memoria di coloro che li avevano aiutati ad uscire dall'inferno. S'affrettarono a scendere dalla collina e , molto velocemente, colpirono ripetutamente il Minotauro, che, però, era un osso duro. Intanto, il satiro, che Annabeth aveva riconosciuto come Grover Underwood, e i due ragazzi erano arrivati alla barriera e l'avevano oltrepassata. Con un affondo ben piazzato nel costato del mostro, Percy riuscì a distruggere il Minotauro, che diventò polvere d'oro nel vento invernale. Correndo, risalirono la Collina Mezzosangue. Entrambi abbracciarono il loro amico satiro, con il quale avevano affrontato le imprese prima di Gea. Si erano divisi dopo la Guerra contro i Titani, non vedendosi più per molto tempo: Grover era impegnato con il salvare il mondo attraverso l'ecologia, insegnando ai mortali come condurre uno stile di vita più sano, mentre i due semidei erano impegnati a combattere contro i Giganti e Gea. I due che avevano visto prima con Grover, erano una ragazza e un ragazzo della stessa età. La ragazza, però, era quella che incuriosiva di più Annabeth. Aveva si e no tredici anni ma ne dimostrava quindici. Era alta e magra, con gli occhi a mandorla e leggermente allungati azzurri come il ghiaccio e i capelli candidi come la neve, tranne le punte che erano lilla. Aveva un piumino azzurro, macchiato qua e là di terra, dei jeans e degli anfibi neri: era estremamente particolare quella ragazza. Trasmetteva freddezza e calma, ma se la guardavi meglio sembrava pronta a scatenare una tempesta che non avrebbe risparmiato nessuno. Annabeth si chiedeva chi fosse e, soprattutto, da dove venisse. Non sembrava avere tratti americani. Il ragazzo stava accarezzando Peleo. Aveva capelli biondi come il miele e occhi verdi come il prato estivo. Sembrava il figlio di una qualche divinità della natura e con la calma con cui si era avvicinato a Peleo faceva venire i brividi alla figlia di Atena. Ricordava le urla di terrore dei ragazzi arrivati quell'autunno, prima che partisse per San Francisco. Del resto, il comitato di benvenuto toccava sempre a lei. Doveva seriamente prendersi una vacanza.
-Ciao- salutò Percy- Benvenuti al Campo Mezzosangue. Io sono Percy, la ragazza qui accanto a me è Annabeth.
-Io mi chiamo Valentina, Vale per gli amici. Che cos'è il Campo Mezzosangue?
Così, il buon vecchio trio fece fare il giro del campo ai due ragazzi nuovi. Durante il tour improvvisato, entrambi vennero riconosciuti: Vale era la figlia di Chione, l'unica in tutto il campo, mentre il ragazzo, Rick, era un figlio di Eolo. Chione non era una delle dee più favorite al Campo Mezzosangue e al Campo Giove. Era stata dalla parte di Gea durante la battaglia contro i giganti, di conseguenza non era vista esattamente di buon occhio. Vale, però, ammise che non aveva nulla a che fare con la dea della neve. Esisteva una figlia di Borea al campo, che era arrivata ad ottobre e che si era sistemata nella cabina delle divinità del vento. Li lasciarono alla Cabina 21, una delle cabine costruite dopo la battaglia con Crono e si diressero alla mensa, addobbata con festoni natalizi e lucine colorate, che la facevano sembrare una grande lampadina . Al centro come ogni anno c'era l'albero di Natale con le palline di cristallo e plastica appese ai rami e le lucine che lo illuminavano. I bambini del campo l'avevano decorato ed era venuto bellissimo. I loro amici stavano bevendo la cioccolata calda. Si sedettero al tavolo e davanti a loro comparve della cioccolata calda con biscotti appena sfornati. La cioccolata era buona e i biscotti sembravano dalla cucina di Sally Jackson.
-È successo un pasticcio negli Inferi- commentò Hazel. La ragazza non voleva rovinare la giornata, ma dalle loro facce, sembrò che l'avesse appena fatto. Leo sputò la cioccolata calda addosso a Percy che, con un movimento della mano, bloccò il liquido a mezz'aria.
-Per tutti i pesciolini!- esclamò Percy-Che ti è saltato in mente.
-Scusa, momento di panico- si scusò il figlio di Efesto. Il primo si trattenne dall'uccidere l'amico per averlo quasi ustionato con la bevanda bollente.
-Che genere di pasticcio?- domandò Piper mentre addentava un biscotto. Hazel e Nico si lanciarono un'occhiata. La figlia di Plutone espirò e fece cenno al fratello di proseguire lui.
-Non sappiamo esattamente, cosa stia succedendo- spiegò Nico- Sono tutti in subbuglio. Nei Campi delle Pene, le Furie hanno incominciato ad essere più rigide. Papà dice che è tutto okay, che è tutto sotto controllo e che non ci dobbiamo preoccupare, ma nessuno dei due ci crede. -Pensiamo- continuò Hazel mescolando la cioccolata- che papà stia liberando delle persone per dare loro una seconda possibilità nel mondo reale.
-Non è contro la legge?- chiese Jason. Jason adorava la legge, corso a cui si era iscritto al Campo Giove, soprattutto quando veniva rispettata. Non c'era da stupirsi che suo padre fosse Giove, il dio romano della legge e padre degli Dei. Nonostante questo, però, adorava il Campo Mezzosangue e il suo essere libero da alcune costrinzioni.
-Credo che solo nel pericolo massimo si possano riportare in vita persone morte- commentò Annabeth fissando il liquido marrone nella sua tazza, come se improvvisamente fosse diventato interessante.
-Dobbiamo attendere- finì Frank- Aspettare e vedere cosa accade.
Tutti annuirono in consenso. Finirono di mangiare per poi tornare alle rispettive attività, anche se non si poteva fare molto con la neve che copriva il campo. Mentre andavano alla spiaggia, Percy e Annabeth incontrarono tutti i loro amici, da Clarisse La Rue che pestava i nuovi arrivati,a Drew Tanaka, che ispezionava le cabine. E poi c'erano i ragazzi arrivati quell'autunno, provenienti da tutto il continente americano. La spiaggia era deserta. Si sedettero vicino al mare e guardarono il cielo. Quando Percy si voltò per guardare òa ragazza che gli sedeva accanto , dopo aver tenuto lo sguardo fisso sul mare per un'eternità, fu colpito da qualcosa di freddo, che gli fece venire i brividi lungo la schiena. Annabeth rideva. Percy si scrollò la neve di dosso e provò lanciare una palla di neve a sua volta alla ragazza, ma la sua mira non era mai stata una della migliori, perciò il colpo andò a vuoto.
-Come osi lanciarmi una palla di neve?!- urlò la ragazza mentre sorrideva.
-Sei tu che hai incominciato!- ribattè Percy sulla difensiva, sperando che la ragazza non lo uccidesse. Annabeth gli lanciò le braccia al collo e posò le labbra sulle sue. A confronto di quello che pensava, erano calde e sapevano di cioccolato. Erano buone, in poche parole. Percy si spinse in avanti e Annabeth finì per terra con lui sopra. Le accarezzò la guancia con un dito e le vennero i brividi. Perchè finivano sempre in quelle situazioni orribili ma allo stesso tempo fantastiche?
-Perché non vi prendete una camera? Lo sapete che la spiaggia è di tutti?!
Annabeth s'alzò a malincuore, aiutata da Percy. Davanti a loro c'era una ragazza alta con occhi e capelli neri. Il volto era coperto di trucco che solo gli abitanti della Cabina 10 sapevano nominare e applicare. Nonostante fosse inverno, la ragazza aveva la giacca sbottonata, la maglietta corta e una gonna decisamente troppo corta per la figlia di Atena.
-Scusa- disse Annabeth spostandosi una ciocca di capelli dietro le orecchie- Io sono Annabeth, piacere di conoscerti. Mi dispiace per la scena che...
-Non m'interessa chi sei, biondina- ribatté lei- A parte questo, sono Giuly, figlia di Ebe.
-Piacere Giuly!- esclamò Percy impedendo così ad Annabeth di strangolarla- Io sono Percy. Se non ti dispiace, noi ce ne andremo.
Detto ciò riuscì a trascinare Annabeth lontana dalla faccia sorpresa della figlia di Ebe. Percy, sotto i baffi, rideva per il comportamento della sua ragazza. Aveva appena scoperto che era gelosa, nonostante lui con quella ragazza ci avesse rivolto appena la parola. Ovviamente anche lui sarebbe stato geloso se la sua ragazza avesse parlato con un ragazzo che non conosceva. Insomma, la sua ragazza era bellissima, fantastica e mille altre cose e, soprattutto, era l'unica cosa che lo faceva rimanere in mezzo ai vivi. Annabeth lo fermò davanti alla Cabina 3. Era stanca di essere trascinata per il campo senza sapere dove, il suo ragazzo, la stesse portando.
-Cosa hai Percy?- gli domandò avvicinandosi e accarezzandogli il volto.
-Voglio passare ogni minuto di queste vacanze con te- le sussurrò tra i capelli biondi e soffici. Annabeth sorrise, mentre le guance le si tingevano di rosso. Mise il viso nel petto del ragazzo, sperando che non vedesse le sue gote rosse. Tirò una folata di vento. Annabeth, in quel momento, sentì qualcosa che non andava, ma tornò a concentrarsi sul figlio di Poseidone accanto a lei.

EROI DELL'OLIMPO- L'Ultima BattagliaWhere stories live. Discover now