~Capitolo 10

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Che stupida, avrei potuto almeno chiedere chi era, ma fa niente, ormai il danno era fatto.
Aprii la porta e mi ritrovai davanti l'ultima persona che potevo immaginare.
Le feci segno di entrare, sembrava sconvolta.
Entrò nel piccolo appartamento, si tolse le scarpe, si sedette su una sedia e iniziò a parlare:
R: Non mi sono presentata, mi chiamo Reachel.
Era la segretaria dell'agenzia di viaggi.
Io: Piacere, Valentina.
Mi strinse la mano, poi continuò a parlare, non riusciva neppure a guardarmi negli occhi. Credo stesse sull'orlo del pianto.
R: Io avrei dovuto immaginarmi ciò che ti stava per fare, però non capita spesso, tutti i miei colleghi sono uomini. Non lo pensavo scusami davvero mi sento così in colpa.
Disse singhiozzando, io per calmarla mi sedetti al suo fianco e la abbracciai, si sentiva in colpa, comunque non avrebbe potuto fare nient'altro.
Io: Stai tranquilla, non è successo niente, io sono scappata e di certo non è colpa tua. È lui che è un porco.
Era una ragazza di circa 19 anni, aveva lunghi capelli biondi e degli occhi verdi ipnotici. Era molto magra e bassa di statura, mi faceva pena.
Continuò a parlarmi, mi disse che i genitori erano morti in un incidente d'auto, lei era rimasta con la sorellina di 7 anni. Per sfamarsi dovette accettare quel lavoro, non riusciva a trovarne un altro, e così si ritrovò a subire abusi da parte del capo.
Scoppiai a piangere anch'io, avrei voluto aiutarla, ma non potevo. Anch'io stavo cercando di nuovo lavoro, mi sentivo così inutile..
Io: Denuncialo, non può continuare.
R: No, mai. Con quali soldi pago il cibo per mia sorella? E i vestiti? E le cose per la scuola?
Io: Io..non so.
Continuammo a parlare tutta la serata, finché lei non mi disse che doveva prendere la sorellina di nome Laura, da scuola.
Ormai mi scoppiava la testa, troppi eventi in un solo giorno.
Chiamai mia mamma e le dissi che avevo perso il lavoro, non mi chiese il perché ma passò almeno una mezz'oretta a consolarmi.
Non potevo raccontargli cosa è successo col capo, ma neanche di Simone o di quella psicopatica di Martina.
Mi preparai un tè caldo e andai a dormire.
La mattina seguente mi svegliai, passai qualche minuto a fissare il soffitto per poi alzarmi.
Non feci colazione, dalla serata di ieri mi passò la fame. Mi preparai ed uscii di casa.
Questa volta non presi l'auto, ma a piedi andai fino in città, per fare un po' di shopping.
Guardai il telefono per cambiare canzone quando vidi un messaggio:

Simone❤️: hai tempo? Dovrei parlarti.

Non risposi, semplicemente lo ignorai. Devo smetterla di correre dietro ad ogni persona.
Entrai in qualche negozio, senza comprar nulla (veramente strano da parte mia).
Poi però mi infilai in un negozio a caso, e lì comprai un paio di pantaloncini veri a vita alta e una maglietta rosa corta.
Continuai a camminare con le cuffiette nelle orecchie, era rilassante.
Andai alla fermata dell'autobus e aspettai circa 6 minuti, quando arrivò salii e pagai il biglietto.
Rimasi seduta fino alla quarta fermata, dove scesi e mi intrufolai in un boschetto, passai per un sentiero fatto di terra in mezzo agli alberi.
Quando mi ritrovai sulla riva del lago, mi sedetti su una panchina.
Faceva davvero freddo, non volevo di certo entrare in acqua per poi ammalarmi.
Spensi la musica e guardai il lago. C'era un silenzio fantastico, non si sentiva altro che il cinguettare degli uccellini, era così calmo.
Non c'era nessuno a parte me, ero da sola, eppure non avevo paura.
Ad interrompere il silenzio fu il mio cellulare, che iniziò a squillare:
Simo: Come mai non hai risposto?
Io: Ero in città.
Simo: E con questo?
Io: Cosa c'è? Di cosa volevi parlarmi?
Simo: Non puoi venire qui? Non posso dirtelo al telefono.
Io: No.
Simo: Dove sei?
Io: Al lago.
Simo: Ti raggiungo, rimani lì ok?
Io: No, non farlo, però puoi andare da Martina.
Chiusi la chiamata e spensi definitivamente il telefono, era inutile ascoltare le sue scuse.
Mi addormentai su quella panchina.
Mi risvegliai qualche ora dopo, dovevo muovermi se volevo prendere il bus.
Corsi fino alla fermata.
Quando arrivai alla fermata più vicina al mio appartamento scesi, camminai un po' e davanti al mio condominio vidi Simone che stava bussando con foga all'entrata del mio condominio, sembrava arrabbiato, ma anche triste.
Non aveva intenzione di fermarsi, così lo raggiunsi e gli dissi:
Io: Guarda che non c'è bisogno di distruggerla.
Presi la chiave e aprii la porta, salimmo le scale ed entrammo nel mio appartamento.
Simo: Perché mi ignori sempre?
Non risposi, appoggiai la borsa sul tavolo e lui continuò.
Simo: Io mi preoccupo per te, e tu cosa fai? Mi dici di andare da Martina.
Io: Spero ti sia divertito.
Simo: Devi smetterla hai capito? Io amo te, non lei, capito?
Non risposi, entrai in bagno ed iniziai a struccarmi e a mettermi il pigiama.
Quando uscii Simone mi chiese:
Simo: Cosa stai facendo?
Io: Non so tu, ma io dormo, questi ultimi giorni mi stanno sconvolgendo.
Mi sdraiai sul letto e lui fece lo stesso.
Si sdraiò e mi abbracciò.
Simo: Comunque la cosa che volevo dirti..
Mi appoggiai un dito sulle labbra.
Io: Sssht ti prego, lasciami dormire.
Non se lo fece ripetere e ci addormentammo.

[ Ehilà, fine capitolo, eh si. Stellinate e commentate come sempre e ciau❤️]

Una storia, Erenblaze e KenoiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora