Capitolo IX

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L'uomo gli si parò davanti. Lo guardò con un ghigno sul volto. Era sempre nell'ombra, non si avvicinava mai troppo, come se Natsu avesse la peste.
    <<Non provi più a scappare ora, eh?>>
Natsu non ribattè, era troppo stanco per farlo. Il continuo tentativo di liberarsi da quelle manette l'aveva sfinito, le catene gli procuravano graffi profondi, e lo stringevano sempre più forte ogni volta che si muoveva. Non mangiava e beveva da quando l'uomo l'aveva preso. Ora lui era magro e pallido, le gambe non lo reggevano, e ormai anche i polsi gli dolevano.
 Quanti giorni erano passati da quando era stato preso? Era notte o giorno? Da quell'unica finestra in alto, nel soffitto, non si intravedeva niente, l'aria non passava, la luce non c'era. Forse era caduto in una notte perenne? Non sapeva più che pensare. Le ferite del combattimento erano ancora sul suo corpo, erano semplicemente bendate, con bende ormai rosse, rosse di sangue. Continuava a perderlo, e sapeva benissimo che non ce l'avrebbe fatta a continuare così.
    A ogni movimento gemeva di dolore, non poteva muoversi, non aveva le forze per farlo. Quindi continuò a guardare il soffitto della sua cella, o meglio, quell'unica finestra che gli dava un senso di libertà. 
     Nessuno parlò per diversi minuti, poi l'uomo si avvicinò. Aveva in mano un bicchiere d'acqua e del pane. <<Mangia>> si limitò a dire, posando le cose a terra. Natsu sapeva benissimo che avrebbe dovuto ubbidire, aveva bisogno di mangiare, ma in quel momento l'orgoglio era più forte. <<Non lo voglio.>> Il suo tono era deciso, era il tono di una persona che non aveva paura.
    L'uomo lo guardò con intensità. Gli occhi sembravano penetrarlo. Natsu si sentiva come se non ci fosse, come se l'uomo stesse guardando la parete dietro di lui, come se fosse trasparente. Dietro quegli occhi calmi e allo stesso tempo severi, Natsu ci vide un velo di pietà. Solo allora si accorse che l'uomo non aveva la maschera: i capelli neri, come i suoi occhi. Alcuni ciuffi gli ricadevano delicatamente sul viso pallido e tirato dalla stanchezza. Una stanchezza strana, però: la stanchezza di chi non ne può più, la stanchezza di chi vuole andare. 
     Natsu lo guardò: quell'uomo lo attirava e lo respingeva allo stesso tempo; gli metteva curiosità ma non voleva avere niente a che fare con lui. Quell'eterna solitudine che si leggeva nei suoi occhi era magnifica, aveva qualcosa di fantastico e di misterioso.
     <<Bene>>. L'uomo prese le cose e se ne andò via, distraendo Natsu dai suoi pensieri. <<Dannazione!>> urlò, dando un pugno al terreno, da cui spuntò una crepa.
     Devo tornare da Lucy, devo tornare da Lucy!
Questa era la sua unica forza, l'unica frase che lo tranquillizzava, il solo sentire il suo nome lo rendeva infinitamente pieno di energia.
Così Natsu si ritrovò per l'ennesima volta a liberarsi da quelle dannate manette. Ma l'energia era poca, non riusciva nemmeno a muoversi. Ci provò lo stesso, pensando che tutto quello era per Lucy, che doveva farcela per Lucy. Sì, perchè lui l'aveva detto, l'aveva promesso. Aveva promesso che sarebbero stati insieme per sempre. E lui le promesse le mantiene sempre.
     Dopo svariati tentativi di liberarsi dalle manette, decise di provare a rompere le catene. Era forte anche senza la sua magia, di solito, ma non si illuse troppo, sapeva perfettamente di essere debolissimo, e probabilmente non ce l'avrebbe fatta, ma non importava. Non poteva starsene con le mani in mano. Allora iniziò a tirare con quelle poche energie che aveva: provò a spezzarle, ma fu tutto inutile. Quelle non potevano essere catene normali, si disse. Erano affilate come lame, solo a sfiorarle ti causavi dei graffi abbastanza profondi e, in più, ad ogni minimo movimento stringevano sempre più forte. Ed era così. Ormai le caviglie di Natsu erano viola, piene di lividi e di graffi, da cui sgorgava sangue come delle piccole cascate. 
     Si arrese.
Si appoggiò alla parete, con lo sguardo rivolto a quella piccola finestra così vicina ma che gli sembrava lontanissima. Respirava affannosamente, si sentiva svenire. Restò conscio il più tempo possibile, non poteva permettersi di fare piacere all'uomo.
     Solo a sentire quella parola gli saliva una rabbia incontrollabile, e il desiderio di ucciderlo più forte. 
Non sapeva nemmeno lui perchè. Non aveva mai voluto il sangue, l'idea di uccidere non l'aveva mai sfiorato, invece... Ora lui sentiva questo bisogno. Sentiva che il sangue di quell'uomo sarebbe stata l'unica cosa a tenerlo in pace con sè stesso. 
L'idea del sangue non gli piaceva ma lo attraeva, proprio come quell'uomo.
     E così si addormentò, appoggiato alla parete.

Natsu si guardava attorno compiaciuto. 
Era questo quello che voleva. La disperazione.
Il terrore. Tutti dovevano temerlo. Tutti dovevano sapere che lui era il migliore.
Scorse fra le macerie. Camminò fra i morti. Gli occhi bianchi lo guardavano. I loro occhi privi di emozioni ma allo stesso tempo pieni di disperazione li adorava. Il sangue sulle loro vesti.
     Continuò a camminare, accertandosi che nessuno fosse vivo. Poi un rumore. Anzi, un pianto. Natsu si avvicinò. Era un ragazzo. <<Eh?>> lo guardò beffardo. <<Ancora vivo tu?>>. 
Il ragazzo tremava come non mai, iniziò a piangere, supplicandolo di risparmiarlo. 
Natsu lo prese per i capelli, e lo alzò.
Sentì un rumore, ma lasciò perdere, la voglia di uccidere quel ragazzino era maggiore.
Poi sentì delle braccia avvolgerlo, e un volto appoggiarsi alla sua schiena.
<<Fermati...>> quelle parole uscirono in un soffio.
Natsu la riconobbe subito. Era Lucy. Anche lei tremava, proprio come quel ragazzino, e Natsu pensò di quanto potesse essere patetica. 
     Poi, in un secondo, Natsu le diede una gomitata, e lei volò, sbattendo contro un palazzo. La vide sputare sangue, ma a lui piaceva... Non del tutto... Era confuso.
Si sentiva impotente. Non era lui quello a colpire, ad uccidere. Lui semplicemente guardava e il suo corpo si muoveva da solo.
     Sentiva le lacrime montargli agli occhi, vedere  Lucy così lo uccideva, e succedeva vedendo tutti, non solo con lei.

Poi apparì Loki, che urlò il suo nome. Ma Natsu non non si fermò: un semplice pugno e lui volò via, come carta.
     Camminò.
Finalmente avanti a Lucy. Lei guardava il ragazzo, voleva che scappasse, ma lui non lo fece, e Natsu lo sapeva benissimo. Era troppo impaurito. In quel momento Natsu capì il punto debole di Lucy. 
Si diresse dal ragazzo, riprese ad alzarlo dai capelli: <<Guarda, Lucy!>> rise come un maniaco. Alzò la gamba e poi la ributtò giù con tutta la forza che aveva in corpo. Il piede trapassò il ragazzo da parte a parte, e il sangue schizzò sulla faccia di Natsu, che si ripulì compiaciuto. 
     Lucy era terrorizzata. Natsu ne ebbe pietà, voleva fermarsi, ma il suo corpo non lo ascoltava. 
<<Natsu... non credi di star esagerando?>> osò Happy. 
Lui per tutta risposta lo scaraventò via.
     Cosa stava facendo? Perchè?
Ora il suo corpo era tornato. Si inginocchiò a terra, si prese la testa fra le mani e iniziò a piangere. Senza singhiozzi. Solo le lacrime scendevano dolcemente, cadendo poi sul terreno.





Natsu si svegliò urlando. 
Cos'era quel sogno? Perchè era un sogno... giusto? Natsu iniziò ad avere paura. Quello che aveva appena visto... si ricordava di averlo già visto...
     Restò così, a pensare. Gli occhi sbarrati. Ora aveva paura. Paura di sè stesso.



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SPAZIO AUTRICE
Salveeeeh c:
Un capitolo tutto su Natsu! *^*
Come vi è sembrato? Vi ricordate il suo sogno? Eheheh, io si xD

Grazie a tutti tutti per avermi seguita fino a qui! ❤Ecco, se scrivete qui sotto i vostri pareri, mi rendete tanto felice ❤Grazie di nuovo! Al prossimo capitolo! ^^



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